martedì 13 novembre 2012

La Scena Cancellata



Prima le brutte notizie: il capitolo di Due Minuti a Mezzanotte previsto per oggi verrà posticipato di sette giorni (ossia a martedì prossimo), per causa di forza maggiore. In pratica il computer del partecipante chiamato in causa ha avuto un... brutto incidente al computer, e solo da oggi potrà dedicarsi alla stesura del capitolo numero 31.
Pare però brutto lasciare totalmente scoperta questa settimana, dico bene? Abbassare la tensione è deleterio, perciò vediamo di mettere comunque un po' di pepe e di stimolare la vostra fantasia.
Si è già accennato ad alcuni "contenuti speciali" da proporre alla fine della Round Robin, nell'intervallo tra la Stagione Uno e la Stagione Due. Intervallo che corrisponderà più o meno alle vacanze natalizie.
Ecco, oggi vi do un assaggio di come potrebbero essere questi contenuti speciali.
Cominciamo, per esempio, con un microconcorso intitolato...



La scena cancellata

  • Chi può partecipare: Chiunque.
  • Requisiti: Conoscere la storia proposta dalla RR.
  • Cosa bisogna scrivere: Prendete un punto qualsiasi della storia, compreso tra il capitolo 1 e il capitolo 30 (ossia quelli pubblicati finora); un qualsiasi avvenimento/momento/luogo che vi è piaciuto. Fatto? Bene. Ora aggiungete una scena omessa dal capitolo, oppure un passaggio solo accennato ma chi sarebbe piaciuto leggere per esteso. Un combattimento, un dialogo, una descrizione, un retroscena, quel che vi pare. Con "aggiungete" intendo dire che dovete scrivere la suddetta scena, stando soltanto attenti a non cambiare in alcun modo la continuity narrativa finora pubblicata.
  • Quali sono i limiti di parole? Diciamo che la scena cancellata (sì, è un termine tipico dei DVD, e mi piace un sacco) deve essere compresa tra le 200 e le 500 parole al massimo
  • Dove la devo inviare? La vostra scena deve essere inserita come commento di questo post, indicando nell'intestazione il capitolo a cui va idealmente ad aggiungersi. Esempio: "Scena cancellata del capitolo 15". Con tanto di firma in calce. Gli anonimi non verranno presi in considerazione.
  • Quali sono i termini di consegna? Il vostro contributo deve essere pubblicato entro e non oltre la mezzanotte di venerdì 16/11. Solo tre giorni e mezzo? Sì, solo tre giorni e mezzo. Non vi sto chiedendo di riscrivere la Divina Commedia.
  • E poi che succede? Divertimento a parte, il Gran Consiglio dei Dieci Assenti stabilirà in via arbitraria e inoppugnabile la "scena mancante" migliore tra quelle proposte. Il vincitore si porterà a casa un buono Amazon di 5 euro, con cui si potrà comprare un paio di ebook o qualcosa del genere. Inoltre le tre scene cancellate più riuscite verranno raccolte in un unico capitolo bonus, che verrà pubblicato tra gli extra della Stagione Uno. Onore e gloria, insomma.
Questo è quanto, sotto a chi tocca!

9 commenti:

  1. Scena cancellata del capitolo 7.

    Bistecca e patate.
    Creme brulé.
    Mezzo litro di Perrier gelata.
    Doppio whisky.
    Vomita tutto, nel water.
    Poi, con le mani sudate, apre troppo forte il rubinetto, e l'acqua gli spruzza la camicia azzurra, la cravatta.
    Non gli importa.
    Si sciacqua le mani e poi si getta dell'acqua in faccia, gelida, reale.
    Si guarda allo specchio.
    POTUS, pensa.
    Cazzo.
    Li immagina, là fuori, lungo i corridoi e negli uffici, a bisbigliare, a scrollare il capo.
    A dirsi che se avesse vinto il negro tutto questo non sarebbe accaduto.
    Beve un lungo sorso di acqua gelida, che gli fa dolere i denti, e la risputa nel lavabo, tentando di scacciare il sapore acido e orribile dalla bocca.
    Bussano alla porta.
    "Signor presidente," dice uno dei boy scout, la mano pressata sull'orecchio, "L'ala ovest è in sicurezza."
    "L'avete trovato?" gli chiede.
    Trovato e ucciso, si dice.
    L'uomo dei servizi esita appena un battito di ciglia.
    "No, signor presidente. L'intruso ha eluso tutti i sistemi di sorveglianza."
    Lui si guarda allo specchio, e si scopre a impallidire.
    No, si dice, disperatamente - anche se avesse vinto Obama, sarebbe andata allo stesso modo.
    Vuole crederci.
    Deve crederci.
    Lui è un uomo di fede.
    Una risata beffarda risuona da qualche parte nella sua memoria.
    Rebel Yell ha eluso ogni sistema di sorveglianza.
    Ma per Mitt Romney è ancora qui.
    E ci resterà a lungo.

    Davide Mana

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  2. Prima del capitolo 6

    Vuoto.
    Fu il vuoto a svegliare Scarlett.
    L’ assenza dei rumori era molto più ansiogena di qualsiasi rumore.
    Si rialzò dalla branda su cui si era assopita, indossava ancora solo un accappatoio e la biancheria intima. Non aveva avuto il tempo di cambiarsi quando la polizia l’ aveva prelevata in tutta fretta dalla sua suite all’ Hilton di Admiral City subito l’ apparizione di Mezzanotte.
    Le avevano detto che sarebbe stata al sicuro, non avrebbe dovuto temere nulla.
    Era finita nei sotterranei del distretto di Polizia di Hato Rey, in una camera che non differiva molto da una cella.
    Una strana sensazione le perveniva dal pavimento, come un leggero formicolio sulla pianta dei piedi.
    La porta era socchiusa, nessun rumore proveniva dall’ esterno.
    Scarlett si strinse nell’ accappatoio e poggiò la mano sulla maniglia, avvertì nuovamente quello strano formicolio.
    Nel corridoio lampeggiavano spie colorate, ma non vi era anima viva. Percorse il corridoio gettando alcune occhiate alle stanze che vi si affacciavano, deserte.
    Seguendo le indicazioni alle pareti si diresse verso gli spogliatoi, lì avrebbe sicuramente trovato qualcuno.
    I piedi nudi sul pavimento erano sempre percorsi da quello strano formicolio.
    «C’è nessuno?»
    Scarlett cercò di parlare con voce ferma.
    L’ ampia sala che serviva come spogliatoio era completamente deserta.
    Spinse la porta della zona riservata alle donne ed entrò.
    «Agenti?»
    Le rispose solo l’ eco del vuoto; ora iniziava ad essere molto preoccupata.
    Era praticamente nuda, scalza e senza contattati con l’ esterno, doveva fare qualcosa.
    Adesso aveva paura.
    Corse su per le scale, anche l’ atrio della stazione di polizia era deserto.
    Sul banco della reception lampeggiavano spie di ogni genere.
    Scarlett si diresse verso la porta a vetri, spinse con forza il maniglione antipanico e uscì sul piazzale.
    Il sole non era ancora sorto, ma uno strano chiarore azzurrino rischiarava Admiral City.
    Il formicolio si fece più forte, i capelli sulla nuca iniziarono a rizzarsi.
    Cercò con lo sguardo un taxi, un auto o qualcosa che potesse portarla via da lì, quando qualcosa apparse davanti a lei come saltando, apparentemente sfidando tutte le leggi sulla gravità.
    Fece un paio di evoluzioni, continuando ad aggrapparsi ad appigli invisibili, e dopo qualche istante atterrò in mezzo al piazzale senza produrre il minimo rumore.
    Era una forma umanoide, nera come la notte. Si stagliava sul cielo rischiarato dalle prime luci dell’ alba.
    Indossava una tuta lucida, dall'aspetto viscoso e resistente.
    Alzò il braccio, impugnava una specie di scettro con la punta luminosa, un puntino blu che brillava di luce propria.
    «Tu... Teleforce...»
    Scarlett non fece tempo a dire nulla che dallo scettro si sprigionò una nuvola di lampi blu.
    I capelli si tesero come sottoposti ad una scarica elettrica, i muscoli iniziarono a fremere senza nessun controllo; cadde a terra esanime senza emettere nemmeno un suono.

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  3. Scena cancellata dal capitolo 11

    CeSoR di Caguas
    06.00 AM

    I due uomini stavano giocando a scacchi quando la luce accecante invase la stanza.
    Quando Enriquez riaprì gli occhi vide il suo compagno che si teneva la testa fra le mani, come in preda a una violenta emicrania. I monitor di sorveglianza si stavano riaccendendo uno ad uno dopo l’improvviso, momentaneo black-out.
    L’altro uomo nella stanza lanciò un grido.
    “Jack! Si può sapere che ti prende, amigo?!”
    Quello scattò in piedi e si rivolse verso la porta del corridoio che conduceva al Braccio Speciale.
    “Cazzo, Enriquez!”
    La pesante porta di metallo venne divelta e scagliata con forza inaudita contro di loro.
    Jailhouse Jack scansò il gigantesco proiettile gettandosi a terra e riparandosi dietro il bancone. Enriquez non ebbe neanche il tempo di bestemmiare: la porta lo schiacciò contro il muro, dalla parte opposta della stanza.
    Dal buco sulla parete dove una volta c’era la porta uscì una ragazza minuta, la carnagione chiarissima, uno splendido volto da bambina incorniciato da una cascata di ricci castani.
    “Quanto tempo... Ciao, Jail.”
    La sua voce cristallina, fredda e tagliente non smetteva mai di inquietarlo, anche dopo tanti anni. Rimase nascosto dietro il bancone del posto di guardia, cercando di elaborare un piano.
    “Esci fuori, bastardo!”
    Con uno schianto fragoroso il muretto dietro cui si riparava venne smurato e cominciò a sollevarsi in aria, lasciandolo drammaticamente allo scoperto.
    Le braccia della ragazza erano tese, le palme aperte, il viso distorto da un’espressione di rabbia folle.
    Jailhouse Jack agì al momento giusto: schivò con una capriola in avanti il muro che si abbatteva su di lui, balzò in piedi e, con le mani protese in avanti iniziò a creare la prigione che avrebbe rinchiuso Psiblade un’altra volta. I muscoli della ragazza cominciarono a contrarsi, lei lanciò un grido di rabbia e frustrazione.
    La prigione di pura energia psichica si chiudeva sempre più su di lei. Jailhouse Jack continuava a sforzarsi sulla sua creazione anche mentre gli oggetti sparsi nella stanza, mossi dalla telecinesi di Psiblade, cominciarono a colpirlo.
    Prima che gli offrissero quell’impiego al CeSoR di Caguas gli sembrava che il suo potere di “creare prigioni” fosse inutile. Ora, mentre osservava Psiblade ridotta in posizione fetale inveire contro di lui, non lo pensava più.
    Troppo preso dal suo compito, non si era accorto del distributore di merendine che Psiblade aveva strappato via dal muro. Non si era accorto dei cavi elettrici che frustavano l’aria e spargevano scintille in giro. Non si era accorto dei fogli di carta sul pavimento, che avevano preso fuoco. Non si era accorto dei tubi del gas, spaccati in più punti.
    Accadde tutto in pochi istanti.
    Vide le fiamme, sul pavimento.
    Si preparò a contenerle con una delle sue prigioni.
    Scorse Magmarus che entrava nella stanza.
    Il fuoco divampò in un istante.
    Poi il mondo esplose.
    Quando riaprì gli occhi, Jailhouse Jack si accorse di non riuscire a muoversi. Il piede di Magmarus gli premeva lo sterno.
    “Addio, fottuto Yankee.”
    Morì prima ancora di sentire il calore delle fiamme che lo avvolgevano.

    Gherardo Psicopompo

    Questo contest è fighissimo! Spero partecipino in tanti! ^_^

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  4. Prima del capitolo 14

    Blackjack si fermò a valutare la situazione, rigirandosi tra le dita un grosso sigaro ancora spento.
    Tra lui e la Salazar Tower c'era un bel mucchio di Triari dall'aria incazzata, intenti a fare allegramente a pezzi soldati e mezzi dell'esercito degli Stati Uniti. Qualche Super di scarsa importanza dava una mano qua e là, creando ulteriore casino.
    Non gli piaceva lavorare così. Lui era per le missioni sotto copertura. Per il furto d'identità. Blackjack non si sporca le mani facendo a pugni come un qualsiasi rozzo teppista in tuta attillata. Blackjack si infiltra nelle basi militari, nei palazzi dei governi, nelle sedi dei servizi segreti, sempre passando dalla porta principale e ostentando un gran sorriso.
    Ma nessuna delle trenta identità che possedeva avrebbe potuto aiutarlo, in quel momento. Per attraversare un campo di battaglia non basta il corpo giusto e una buona dose di faccia tosta. Avrebbe dovuto menare le mani.
    Che palle.
    Rimise il sigaro nel suo astuccio e lo infilò nella tasca interna della giacca, promettendosi di accenderlo appena avesse avuto un attimo di tranquillità. Scrollò le spalle stirandosi il colletto della giacca, inclinò la testa da una parte all'altra facendo scrocchiare il collo, fece due saltelli sul posto e schizzò in avanti.
    Spinto dalla forza delle gambe di trenta tra uomini e donne si muoveva così rapidamente da sembrare una macchia confusa. Poca cosa rispetto alle velocità spaventose raggiungibili da Libby, ma sufficiente a schivare i punti più “caldi” della guerriglia che infiammava le strade intorno alla torre.
    Girò intorno a un gruppo di soldati intenti a trascinare in salvo un loro commilitone ferito. Superò con un salto un autoblindo e colpì un triario con una gomitata che lo mandò a schiantarsi contro un'auto parcheggiata, facendo esplodere il parabrezza e tutti i finestrini. Un soldato gli sparò contro, ma lui era già avanti di dieci passi. Spiccò un balzo protendendo le mani verso il basso e afferrò per la testa un triario che stava per ammazzare un militare, poi ruotò su se stesso a mezz'aria sollevandolo e ascoltando con piacere il suono del suo collo che si rompeva. Lo scagliò contro un suo simile prima ancora di toccare di nuovo terra. Senza curarsi di controllare se il colpo fosse andato a segno riprese la corsa verso l'ingresso che aveva scelto, una porta antincendio che una precedente esplosione aveva già parzialmente scardinato. Un triario gli si parò davanti cercando di fermarlo e lui lo afferrò fulmineamente per la gola, senza rallentare. Usò la sua testa incappucciata come un ariete per staccare definitivamente la porta dai cardini e gli ruppe definitivamente il collo con un repentino movimento del polso.
    Un attimo prima di lasciarlo andare e dimenticarsene, si voltò a guardarlo. Il cappuccio gli era scivolato via per il colpo contro la porta. Blackjack si bloccò sull'ingresso, osservando stupefatto quel viso familiare.
    Il suo udito potenziato colse i rumori di altri due triari che si avvicinavano alle sue spalle, e un sorriso compiaciuto si aprì sul suo volto mentre pregustava il piacere di pestarli per bene. Magari dopo aver sfilato anche i loro cappucci. Il tizio a cui somigliavano gli era sempre stato decisamente sulle scatole.

    Il Moro

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  5. Scena cancellata del capitolo 24

    22 Aprile 2013
    Periferia di Il Cairo, 13.10 ora locale
    Il vento caldo che le alitava in faccia non rendeva meno scomposto l’incedere eretto, sicuro e calmo del Lieutenant commander dell’USN Melissa J. Laveau. Fendeva lo spazio tra sé e il magazzino scelto per il rendez-vous con la postura che le avevano inculcato in Marina e con il sangue freddo di chi ha portato a termine troppo operazioni bagnate. Era seguita da quattro Seal e da un telepate, gli occhi guizzavano alla ricerca di qualche elemento fuori posto, ma vedeva solo quattro uomini e un sarcofago. In attesa.
    « E’ lì? » disse Laveau in un russo quasi perfetto.
    « Sì », rispose sorpreso l’uomo che il rapporto fornito a Melissa identificava come Ivan Arkadyevich Suvorov, uomo del SVR (Služba Vnešnej Razvedki) russo.
    « Possiamo andare? Non è salutare restare a lungo qui » disse in inglese Ayman Soliman, padrone di casa e agente Cia in Egitto.
    Laveau fece un cenno ai Seal. I militari, aiutati nell’operazione dagli uomini di Soliman, sollevarono il sarcofago in titanio, impreziosito da scritte in arabo e dalla raffigurazione stilizzata di un rapace, e fecero dietrofront verso la sagoma controluce del velocissimo bombardiere stealth di ultima generazione. Melissa, Ivan e Ayman li seguirono.
    « Ma lo sa che somiglia a quell’attrice… » disse Ivan
    « Se si riferisce a Catherine Zeta-Jones si metta in fila, me lo dicono tutti. Anche Anja è molto bella. » Il riferimento alla sua amante abituale fece aggrottare le ciglia a Ivan. La Cia è sempre brava con i segreti si disse.
    « Non è curiosa di sapere come ho fatto a operare lo scambio sotto il naso dei Canopi di Ghaly? »
    Silenzio.
    « Mi sa che Ghaly non potrà godersi appieno la sorpresa. »
    Le ultime parole incuriosirono Laveau.
    « Cosa intende dire? »
    « Che non gli ho sottratto solo l’arma non convenzionale; gli ho lasciato anche un ricordino. » Ivan tirò dalla tasca un panetto. Plastico.
    « Sono un uomo dai molti talenti. »
    Il sarcofago fu inghiottito dal bombardiere, il penultimo a entrare fu Soliman, che si girò un’ultima volta a guardare il suo Egitto.

    Mezz’ora dopo, Laveau si avvicinò al sarcofago. Il telepate era lì, con la fronte imperlata dal sudore.
    « Vuole vederla? »
    « Sì. »
    L’uomo compose un numero sul tastierino, la parte superiore del sarcofago divenne trasparente e Melissa si trovò di fronte a un odio ancestrale.
    « Chiuda. »
    « Faccio fatica a controllarla. »
    « E’ ora di far rapporto. » Non chiamò un superiore, ma un Super
    « Yell, tutto ok. La scarico dove convenuto.»
    « Non avrai rogne? »
    « Mi hanno detto la periferia di Admiral City, senza specificare dove. Isabelle è un po’ cambiata. Yell, fammi un favore: ammazza anche Romney. »
    « Contaci. »
    Se Rebel Yell sapesse il ruolo che ho svolto all’interno dell’imbroglio ordito per scalzare Obama…

    (Postata a nome e per conto di Massimo Bencivenga )

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  6. Scena cancellata del capitolo 21.
    E' ambientata PRIMA dell'incontro fra Rebel Yell e il Jolly ivi descritta.

    Teddy Mercury aveva avuto un compito da Rebel Yell, dopo che lo aveva già portato via dalla casa di quello che un tempo era chiamato l’uomo più potente del mondo. Osserva. Spia. Così gli aveva detto Yell. Teddy capiva che era importante, ma alla fine a decidere era sempre il Jolly. Quello che ride.
    E così si faceva a modo suo, ormai Teddy contava poco.
    Il corpo sgraziato a tal punto da essere buffo e macabro al tempo stesso era seduto su un invisibile sgabello. A un chilometro d’altezza dal suolo. Un altrettanto invisibile tavolino sembrava essere il supporto su cui erano poggiate le carte. Le carte. Il buffone non aveva bisogno di spostarsi per vedere.
    Molte erano le figure importanti, ma solo poche sarebbero state decisive.
    La prima carta era la posta in gioco. La Forza. Tutti sapevano quello che la Forza può fare. Uomini erano stati trasformati in Dei. Eppure, dalle profondità dello spazio… Teddy era spaventato e sorpreso. Ma il Jolly scrollò le spalle e rise, come al solito.
    La seconda e la terza erano l’Imperatore e l’Imperatrice. Insieme, non solo sul tavolino. Lui, autoritario come al solito. Lei, l’unica al mondo che poteva uguagliare il Jolly in potere e pazzia. Ma chi avrebbe vinto, alla fine, il potere o la pazzia? L’enigmista non conosceva la risposta, eppure tutto sarebbe dipeso da quello.
    La Giustizia. Lei ne era sempre stata l’incarnazione e l’emblema, inutile negarlo. Era ancora al sicuro, prigioniera nella Torre. Ma cosa avrebbe fatto, libera e col cuore spezzato, nel momento decisivo? Avrebbe saputo portare equilibrio e punizione, come richiesto dal suo ruolo? Teddy in cuor suo ci sperava. Il Jolly era totalmente indifferente. Ma persino lui era curioso, questo si.
    L’ultima carta era senza numero. Teddy aveva sperato fino all’ultimo che quella carta non sarebbe stata pescata. Il Jolly la aspettava. Il Matto. Avrebbe dovuto fare una scelta. Determinante. E avrebbe scoperto che non sempre settantasette più uno fa settantotto. Teddy avrebbe voluto urlare. Ma l’unico suono emesso fu la solita, lugubre, risata, persa nel vento prima che il corpo del buffone si smaterializzasse. Aveva ancora un paio di cosette da vedere, prima di presentarsi a rapporto dal suo vecchio amico, l’Old Timer.


    Francesco Carelli

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  7. SCENA TAGLIATA DOPO IL CAPITOLO 12 - Massimo Mazzoni

    Admiral City
    Sobborghi
    22 Aprile 2013
    Ore 6.28 AM

    Stakanov si fece superare dal golem di un paio di passi per poterlo tenere d'occhio, coccinelle o non coccinelle.
    L'essere superava con grazia ogni ostacolo, senza mai perdere l'equilibrio. L'uomo, se non fosse stato un super, non sarebbe stato in grado di tenergli testa.
    «Ehi robot, non stai andando troppo spedito?»
    «I miei sensori indicano un basso livello di rischio, se non ce la fa possiamo riposare due minuti.»
    «Oh, ma per chi mi hai preso? Io posso...»
    «Ballare tutta la notte, i miei circuiti mnemonici non sono andati in overrun.»
    «Sai chi mi ricordi?»
    Il robot si accucciò, per passare sotto ad un palo del telefono, caduto di traverso sulla strada umida.
    «Vabbè, te lo dico lo stesso, mi ricordi D-3BO, sai chi è?»
    L'altro affrettò il passo.
    «E' un robot come te!»
    Il golem si fermò e si voltò, con l'unico occhio che lo scrutava.
    «Non sono un robot protocollare, sono un cecchino!»
    «Ma allora lo conosci!» disse Stakanov superandolo.
    Sniper si rimise in marcia.
    «I miei file dicono: D3BO, personaggio di finzione di un film di fantascienza americano di fine anni '70 del secolo scorso, diretto da Steven Spielberg.»
    «L'ho visto al cinema, quando lo hanno ridato a Londra...»
    Il robot percepì un odore dolce, che proveniva dal ragazzo che lo precedeva.
    «Tutto bene, signore?»
    «Amico, non sono il signore di nessuno! E comunque non ti preoccupare, è solo un po' di nostalgia...»
    «Definire nostalgia.»
    «Beh, è quando ti ricordi di qualcosa di bello che è accaduto nel passato e che quando lo rammenti, ti fa provare piacere e dolore nello stesso momento.»
    Sniper si fermò.
    «Che succede?» chiese Stakanov, scandagliando tutte le frequenze da lui udibili.
    Poi captò qualcosa.
    Proveniva dal golem.
    «Che c'è da ridere, testa di latta? E non dirmi che non sei fatto di latta, ma di chissà quale materiale fantascientifico inventato da Angela!»
    «Niente, ho capito cosa è la nostalgia, forse l'ho provata una volta...»
    L'uomo si mise una mano con le nocche sbucciate sulla faccia e poi sussurrò, al limite dell'udibile umano: «Speriamo che la coccinella ci abbia visto giusto...»

    MASSIMO MAZZONI

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  8. Piccolo chiarimento sulla mia scena tagliata. Per non essere verboso o didascalico (almeno non più di quanto lo sia già :D), ho evitato di dare troppe spiegazioni sui poteri del Jolly, pur avendone una mia idea molto precisa. Solo non vorrei che vengano considerati troppo fantasy, visto che violerebbero le regole della round robin, che invece si basa su un contesto fantascientifico. Non c'è niente di magico nei tarocchi, il potere del Jolly di vedere nel futuro è basato su premesse pseudorealistiche, semplicemente i tarocchi sono il modo teatrale che il jolly, nella sua pazzia, usa per manifestare il suo potere (persino quando è solo).

    p.s: pensavo che la gara scadesse ieri, che testa :D

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