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mercoledì 24 luglio 2013

Capitolo 23 - Stagione 2 (di Anonimo Mascherato)



23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 5.45

«Ma tu esattamente che poteri hai?»
Sibir osserva l'uomo in grigio, e inarca un sopracciglio.
Sono fermi sul ciglio del sentiero.
L'alba è solo un'impressione all'orizzonte.
Alle loro spalle, Bannon si concede una risata, breve.
«Non badargli» le dice. 
Si sfila lo zaino, fruga al suo interno.
Si avvicina, le allunga una bottiglia d'acqua.
«A Reb i russi non sono molto simpatici», le dice, mentre lei beve.
Sopra di loro, i picchi del monte Olimpo sono avvolti da una spessa coltre di nubi, e nell'aria c'è odore di pioggia.
«L'Olimpo non era scosso da venti né mai bagnato da pioggia, né la neve vi cadeva, ma l'aria vi si spandeva chiara e senza nubi, e su di esso fluttuava un biancore raggiante.»
Tutti si voltano a guardare Valerie, che fa spallucce. «È Omero,» dice.
«Uno che aveva letto solo le guide turistiche,» sentenzia Reb, riprendendo la marcia.
Sottile, la pioggia riprende a cadere.

* * * 

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 8.49

«E quella cos'è, la Batcaverna?»
Reb si volge verso Libby, ma è Bannon a risponderle.
«La Caverna di Ithakisiou,» le dice.
«La Porta degli Inferi,» sussurra Reb.
«L'ingresso del complesso del controllo del Progetto Pantheon della Hypothetical Inc.» conclude Valerie.
Libby li guarda uno per uno - il vecchio pistolero, la ragazzina pallida, l'uomo in nero dall'aria stanca.
Poi lei e Sibir si scambiano un'occhiata.
La russa annuisce.
«Qual'è il piano?» chiede.
Rebel Yell si volta verso di lei, e la super percepisce i suoi occhi senza vederli, neri nel nero dell'ombra della tesa del cappello grigio, li sente mentre la attraversano portandosi via qualcosa di lei.
Rabbrividisce.
«Il solito,» dice poi lui. «Entriamo, e uccidiamo tutti i cattivi.»
Lei allunga una mano e lo afferra per un braccio, obbligandolo a voltarsi.
«Tu sai come si uccide un dio?»

* * *


9 gennaio 1937
Ore 15.45
Washington DC
Casa Bianca - Ala Est
Sala Proiezione 3

«Come si uccide un dio,» aveva scandito con precisione il professor Andrew Bates, PhD, guardandoli uno per uno.
Il filmato arrivato da Berlino era ancora impresso nelle loro retine, l'uomo volante con la swastika sul petto che volteggiava nel cielo sopra allo stadio olimpionico, per poi scendere come una foglia nel vento, a stringere la mano dell'ometto così simile a Charlie Chaplin.
«Lo colpisci finché non ne può più.»
Risate.
Basso, calvo, con un improbabile paio di baffi, Bates aveva scrutato nel buio della sala, lo aveva trovato, aveva annuito e lo aveva chiamato per nome.
«Mi chiami Reb,» aveva risposto lui.
«Reb,» aveva ripetuto Bates, annuendo. «Lei crede davvero che sia così...» un gesto vago, con le mani. «Semplice?»
«Non ho mai detto che fosse semplice, Doc.»
Altre risate. «E se non fosse sufficiente?»
Reb aveva scrollato le spalle. «Lo si colpisce ancora un po'.»
L'espressione del piccoletto con la cravatta a farfalla si era fatta improvvisamente dura.
«No, signori,» aveva detto Bates, sovrastando il brusio e le risate. «Voi non avete capito nulla.»
Il suo tono era a tal punto glaciale che aveva imposto il silenzio.
«Voi non avete capito che il nazismo non è un sistema politico, è una religione,» aveva detto. «Voi non avete capito che il loro Ubermensch è un dio. E voi non avete capito che l'unico modo per uccidere un dio, è eliminare ogni forma di fede in lui.»
Si era concesso un breve, gelido sorriso sotto i baffi. «A quel punto, Mister Reb, lei potrà colpirlo fino a che non ne potrà più. Solo a quel punto.»


* ** 


23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.12

«La cosa che mi ha sorpreso, in tutta questa faccenda,» osserva Bannon, disarmando le guardie svenute e procedendo a legare loro i polsi coi lacci di nylon, "è che nessuno si sia domandato csa faccia esattamente la Hypothetical Inc."
Libby aggrotta le sopracciglia. «Cosa... faccia?»
«Sì, cosa produca,cosa commercializzi, quale sia il prodotto che viene venduto con sopra il marchio della Hypo.»
La velocista si passa una mano sul collo, «Stabilità economica... servizi amministrativi... «
«Idee,» una voce sussurra nel suo orecchio attraverso l'intercom.
«Eh?»
«La Hypothetical vende idee,» sussurra Valerie, perduta chissà dove nel complesso sotterraneo. 
«Esatto,» sorride Bannon, facendo cenno alla velocista di seguirlo.
«E qui l'idea era di solidificare l'economia attraverso la rinascita di una forte identità nazionale,» prosegue l'uomo, camminando rasente al muro lungo il corridoio.
In lontananza, passi pesanti di scarponi da combattimento.
Lui guarda Libby e annuisce.
«Un po' come fece la Thatcher,» dice Valerie.
«Solo che qui, invece di farela guerra agli argentini, si è pensato di riportare i fasti olimpici all'onore delle cronache.»
La voce di Rebel Yell è un crepitio negli auricolari. «La solita soluzione di sempre: quando i problemi paiono insormontabili, ci si crea un dio da adorare.»
Sibir è glaciale. «Non può funzionare.»
Bannon ride.
Gli uomini in nero bloccano il corridoio, ed una figura che li sovrasta di tutta la testa e le spalle si apre la strada fra di loro, avanzando verso Bannon e Libby.
«Può funzionare eccome,» dice. «Se il progetto non viene dirottato.» 
Bannon posa lo zaino, prende la bottiglia dell'acqua, la offre alla donna e quando lei rifiuta, senza staccare gli occhi di dosso dagli avversari, beve un lungo sorso.
«Che il vostro cuore sanguini, mortali,» intona il colosso, «alla presenza di Polemos di Sparta!»
Bannon sospira.
«Certo, come no.»


* * * 

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.13

Sul grande schermo, il colosso che avanza verso l'uomo in uniforme e la ragazza in tuta sembra sovrastarli di ben più dei quaranta centimetri effettivi.
«La ragazza è la velocista dello Start,» sta dicendo Kedives, aspro. «Ma quell'uomo chi è? Indossa una vostra uniforme, mi pare?»
Grant trattiene uno sbuffo.
Kedives è stato utile, finora, ma è troppo volatile per essere un serio assetto nel portfolio di opzioni del Progetto Pantheon.
Dal tablet evoca una cartella. «È un nostro uomo,» ammette. «Bannon. Era a capo di una sotto-sezione dell'unità che si occupava della crisi a Santorini.»
«Un traditore?»
«Un dipendente infedele,» ammette Grant.
«Polemos si prenderà cura di lui,» sorride kedives.
In quel preciso istante, sullo schermo, Bannon abbatte l'Olimpico.
Poi Libby diventa una scia colorata, e infine il monitor mostra solo più un fastidioso effetto neve.
Poi, la porta alle loro spalle esplode, e il pesante battente blindato si schianta sul pavimento di marmo candido con un tuono, sollevando una nube di schegge e polvere.

* * *

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.14

Sibir odia l'inattività.
L'americano strambo l'ha voluta marginalizzare, affidandole questo stupido incarico.
L'intercom le ha portato i suoni della devastazione che i suoi compagni hanno scatenato nella base segreta della Hypothetical.
E lei è qui a girarsi i pollici.
Davvero Bannon ha ucciso un Olimpico con una bottiglia di plastica?
È questo, il significato di quel "universalmente letale" annotato sulla sua scheda dell'Old Timer?
Poi L'intercom crepita.
«Sibir?»
È Reb.
Finalmente.
«Dà?»
«Fai il buio.»
Sorride, e poi, deliberatamente, estendei propri poteri ai generatori elettrici, e piomba l'intero sistema elettrico dell'Olimpo nel nulla.
«Benvenuti nel neolitico, stronzi,» sussurra.
E poi, come da istruzioni, si mette in cerca di bersagli d'opportunità.

* * *

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.17

Reb lascia a Kedives e a Grant un minuto pieno per apprezzare le tenebre.
Per capire che i sistemi di aerazione forzata sono morti.
Che sono morti i monitor della sicurezza.
I computer.
L'uplink satellitare.
Persino gli accendisigari elettrici.
Li lascia lì, al buio, per sessanta secondi interminabili.
«I generatori d'emergenza,» comincia Grant, cercando di mascherare il tremore nella voce.
E Reb, senza bisogno di vedere, gli polverizza un ginocchio con una pistolettata.
Il lampo d'uscita illumina Valerie, che sobbalza.
Poi l'uomo in grigio accende una coppia di flare e li getta sul pavimento, illuminando la sala di marmo candido con una sinistra luce verde.
«Signor presidente,» dice, con un cenno del capo.
Kedives vede la propria vita scorrere davanti ai propri occhi come in un film.
Come dicono che succeda prima di morire.


* * *


23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.21

«L'hai ammazzato con una bottiglia di plastica!»
Libby è esterrefatta.
Bannon è seduto a terra, le spalle contro la parete.
Ha l'aria molto stanca.
Alla luce del flare, le rughe sul suo volto lo fanno sembrare scolpito nella pietra.
«Non era duro come credeva!»
Le sorride.
«Vai,» le dice.
Lei è indecisa.
Il corridoio è ingombro di corpi, ma ci sono certamente altri uomini armati, nel complesso.
«Ma...»
«Atteniamoci al piano.»
Lei ride. «Il piano,» dice.
Lui fa una smorfia. «Fin qui ha funzionato.»
Lei annuisce.
«Qui dentro, tu...»
Lui fa un cenno col capo.
«Tranquilla. Da qui dentro non uscirà nulla.»


* * *


23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.23

Spencer Grant è occupato a morire dissanguato sul pavimento.
Rebel Yell lo disprezza.
Una pressione opportuna, esercitata con calma, potrebbe rallentare l'emorragia e permettere all'uomo di sopravvivere abbastanza a lungo da rivere soccorsi.
Grant lo sa, ma è troppo terrorizzato e accecato dal dolore per applicare quella semplice nozione.
Non sarà la ferita alla gamba ad ucciderlo, ma la sua mancanza di disciplina.
Kedives, dal canto suo, sembra una larva uscita dall'Ade.
Reb si volta verso Valerie, stranamente aliena nella luce verde.
«È ora, bambina,» le dice.
Lei lo guarda.
«Fai il tuo numero, e poi andiamo a casa,» le dice.
Lei fa un passo avanti, stende le braccia lungo i fianchi.
Kedives trova da qualche parte nella propria anima l'energia per parlare.
«Ma chi diavolo sei, ragazzina?»
Lei lo guarda, con una espressione di infinita compassione.
«Mirate!» sussurra, «O Alala, figlia di Polemos! Preludio alle lance! Alla quale soldati si immolano per il bene della città nel sacro rito della morte.»
Dietro di lei, Reb annuisce.
Può apprezzare la citazione.
«Benvenuto al crepuscolo degli dei, presidente.»

- - -

Capitolo scritto da Anonimo Mascherato








mercoledì 3 luglio 2013

Capitolo 20 - Stagione 2 (di Gianluca Santini)


22 Ottobre 2013, 05:20
Nei pressi di Vathy, Grecia

I loro passi erano interrotti di tanto in tanto dall’incessabile entusiasmo di Mercury.
«Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta! Mai trasportata tanta gente tutta insieme.»
«E dacci un taglio, l’abbiamo capito» lo rimproverò Blackjack.
Scanner lo guardò, il ragazzo sembrava preoccupato. Nella sua mente vedeva di nuovo le immagini trasmesse nel televisore.
"Per cosa stiamo combattendo? Cosa ci facciamo qui?"
L’aria era carica di tensione. La voce amplificata di Ross spezzò di nuovo il silenzio.
«Dovrebbe essere tra poco.»
«Cosa?» domandò Uranium.
«Il punto di incontro con i Super inviati da Fortress Europe. Dovrebbero essere due uomini, a quanto so.»
La sua voce non fece in tempo a spegnersi che due corpi caddero davanti a loro. Due cadaveri, carbonizzati e puzzolenti. I volti anneriti erano irriconoscibili, fermi in un’espressione di dolore e sofferenza. Le mani ritorte in posizioni innaturali. Sulle tute che indossavano erano ancora visibili le lettere F.E.
«Merda» commentò Blackjack.
Sollevarono lo sguardo, ritrovandosi di fronte a qualcosa che spezzò loro il fiato.
L’uomo che indossava il mantello rosso era accompagnato da una bambina. Il suo sguardo era diverso da tutti quelli che avevano mai visto in vita loro. Era uno sguardo che andava oltre.
Non riuscirono a pensare, a guardare, a tentare una difesa. Non erano preparati. Loxias scomparve in ipervelocità, per riapparire di fronte a Mercury. La mano del Dio si posò sulla fronte dell’uomo, e l’uomo si sciolse.
Scanner guardò inorridito mentre il suo compagno diventava un’informe pozza di liquido rossastro. Sentì nella mente degli altri – e nella sua – la paura, il ribrezzo, l’orrore. Vide con la coda dell’occhio che Blackjack si chinava a vomitare.
Loxias alzò l’altra mano e un’ondata di luce si generò a partire da quelle dita.
Scanner aveva sentito qualcosa nella mente della bambina e quel qualcosa lo aveva portato a lanciarsi verso sinistra. Sentì le urla di dolore di Blackjack e Ross. Il bagliore non si era ancora attenuato, ma quelle urla non sembravano smettere mai. Erano grida terribili, che Scanner non avrebbe mai pensato di ricondurre alle corde vocali umane. Dietro di sé sentì che anche Uranium era scampato al pericoloso attacco.
Il Dio mosse il braccio verso di loro e il bagliore si spostò.
Scanner vide il compagno alzarsi in volo e mentre sentiva che il bagliore stava per investirlo guardò intensamente nella direzione dell’Uomo Atomico.

Uranium sfrecciò nel cielo, allontanandosi il più velocemente possibile da quel luogo. Era impressionato da quello che aveva visto. Admiral City, in confronto, era un parco giochi.
«Come si uccide un Dio?»
"Un modo deve esistere, per quanto forte non è un Dio."
Il pensiero era apparso nella sua mente, non gli apparteneva. Rabbrividì, poi pensò al suo compagno.
«Scanner?»
"Sì, sono io."
«Sei ancora vivo allora?»
"Sì, ma anche questa volta per sopravvivere mi sono dovuto trasferire in un altro corpo."
«Quale? Dove sei? Dobbiamo incontrarci.»
La voce nella sua mente non rispose subito. Uranium quasi temette per la vita dell’amico, poteva essere stato individuato da Loxias.
"Loxias non mi può individuare. Io sono dentro di te, Eric."

* * *

22 Ottobre 2013, 05:40
Korinthos - Sede centrale della Hypotetical Inc.

Sibir ripensava allo scontro avuto con Hestia, ai morti tra i soldati che la stavano accompagnando in quella missione. E sperava di ritrovarsi di fronte all’orientale, per sistemarla una volta per tutte. La ragazza era battuta in ritirata appena si era accorta che Sibir stava caricando il plasma a un livello tale da poterla ferire. Al primo segno di cedimento aveva abbandonato il terreno dello scontro, per Sibir questo era un segno di debolezza troppo evidente.
Il silenzio dell’edificio era innaturale, nessuno si aggirava per i corridoi, a parte lei e i superstiti tra i militari russi.
Sibir fece scivolare un piccolo quantitativo di plasma nell’incavo della mano, pronta a lanciarlo appena la situazione l’avrebbe richiesto. Lo sentiva nell’aria, qualcosa stava per accadere.
Giunsero davanti a una porta, l’ennesima, e la oltrepassarono seguendo lo stesso ordine di cammino. A metà del nuovo corridoio Sibir vide delle sbarre metalliche sulla parete di destra.
Qualcosa accadde. I soldati della Hypotetical Inc. apparvero alle loro spalle, oltre la porta che gli ultimi militari russi stavano superando in quel momento. Gli spari ruppero il silenzio, l’imboscata andò a buon fine. Sibir vide cadere in pozze di sangue i suoi compagni.
Senza pensarci, distese il braccio verso gli assalitori e lanciò il plasma che aveva caricato. Un sorriso gelido si formò sul suo volto, mentre i soldati morivano di fronte a lei.
Rimasta sola avanzò verso le sbarre e guardò all’interno. Riconobbe la prigioniera.
«Buffo, Lady Liberty non è libera.»
Dentro la gabbia vide Libby avanzare verso di lei. Negli occhi dell’americana c’era solamente il desiderio di uscire, di fare qualcosa.
«Non è il tempo per vecchi rancori, Sibir. Qui la situazione si aggrava ogni momento di più. Dobbiamo aiutarci a vicenda.»
Sibir non rispose, annuendo impercettibilmente con la testa. Fece colare una piccola goccia di plasma sulla serratura delle sbarre. Qualche secondo dopo Lady Liberty era di nuovo libera.
«Grazie, Sibir, a buon rendere. Andiamo, non c’è più tempo da perdere.»
«Non così in fretta, ragazze!»
L’urlo proveniva dalla fine del corridoio. Hestia sorrideva verso di loro, alcune fiammelle crepitavano sulle dita delle mani.
«Be’, gli effetti del siero dovrebbero essere passati da un pezzo.»
La russa sentì appena la voce di Libby, poi vide solo una scia di colore attraversare tutto il corridoio. Infine un rumore secco, di ossa spezzate. Sibir raggiunse Libby mentre il corpo di Hestia scivolava a terra privo di vita.
«Lei era mia.»
Libby le sorrise in modo strano.
«Vorrà dire che la prossima la lascio a te.»
«Dobbiamo trovare Kedives.»
Le due Super si guardarono, poi avanzarono oltre il cadavere.

* * *

22 Ottobre 2013, 05:13
Korinthos, Grecia

Erano sbarcati a metà mattina. L’uomo l’aveva accompagnata in un piccolo albergo, accogliente, ma non molto arredato. Nella camera in cui si trovavano ora, e in cui avevano trascorso la giornata e la notte in un silenzio imbarazzante, Valerie poteva ammirare solamente il letto, due anonimi comodini, un armadio e una pianta ornamentale. Il giusto indispensabile per non far sentire a disagio gli ospiti.
Vide che Bannon la stava osservando, stava per aprire bocca e parlare. Lei lo anticipò. La sua voce appariva dura, arrabbiata, ma dentro di sé era un caos di emozioni. Con le dita delle mani torceva le maniche della felpa, scaricando lo stress di quei giorni.
«No, adesso basta. Adesso mi ascolti tu. Mi hai presa con te, ma non so nemmeno chi sei o per chi lavori, anche se visto in che città mi hai portata posso ben immaginarlo. Sei un uomo di Kedives?»
«Lo ero. Avevo degli ordini dalla Hypotetical Security, in effetti, ma ora sto seguendo altre direttive.»
«Altre direttive che guarda caso ci portano nella stessa città in cui ha sede la Hypotetical Inc.?»
L’uomo non rispose. Valerie inspirò profondamente.
«Non sono così scema come tu pensi. Ho ascoltato dentro la villa, anche se stavo giocando con il cane. E ho ascoltato sulla barca. E se ora mi stai cercando di fregare, be’, sappi che non so se ho voglia di trattenermi dall’eruttare.»
«Non ti sto fregando, Valerie.»
«Voglio rivelare tutto sulla Hypotetical, sui loro esperimenti, sui loro piani. Se possibile, fermarla di persona.»
«Perché?»
Valerie tentò di rispondere, ma dovette fare ordine nella sua mente. Le mani andarono al volto, coprirono gli occhi per qualche secondo. Poi affondarono nella massa di capelli rossi. Si sistemò qualche ciocca, infine fissò Bannon.
«Sono un esperimento di Grant. Uno dei primi, i più imperfetti. Sapevo che avrei manifestato dei poteri, ma non sapevo quando o quali. Nel mio DNA oltre all’eredità biologica dei miei genitori ci sono corredi genetici appartenenti a diversi Super, tra cui Ammit e altri Super europei. Era questo che intendeva quell’Aran quando stavate parlando nella villa.»
Fece un pausa, chinò la testa ed espirò.
«Sono un cocktail uscito male» disse amaramente.
Poteva sentire la voglia di Bannon di rispondere, ma l’uomo non ce la faceva. Valerie lasciò che una lacrima le corresse attraverso la guancia, poi risollevò lo sguardo.
«Allora, mi aiuti o stai dalla loro parte?»

* * *

22 Ottobre 2013, 05:25
Nei pressi di Vathy, Grecia

Uranium non riuscì a replicare subito, stupito e disorientato.
"Eric, tu sei il solo tra noi che può avere una possibilità contro Loxias. Hai visto con quanta facilità ha annientato gli altri."
«Io dubito.»
"Dopo il Flare sei più potente. E ora ci sono anche io. Formiamo una bella squadra."
«Riesci a leggere la mente di quel Dio?»
"No, purtroppo. Ma riesco a percepire qualcosa nella mente della bambina, lei vede quello che Loxias farà."
«E come facciamo a sapere che quelle immagini sono affidabili? Potrebbe essere un trucco.»
La voce di Scanner fece un pausa.
"Non possiamo saperlo. Ma dobbiamo tentare. Almeno per la nostra vita ha senso combattere."
Uranium rallentò, poi si fermò a mezz’aria.
«Va bene. Cosa facciamo quindi?»

* * *

22 Ottobre 2013, 05:16
Korinthos, Grecia

Bannon tirò un sospiro, sorrise, poi annuì.
«Va bene, puoi contare su di me. Chiamo un vecchio amico, ci aiuterà anche lui. È uno che sa come risolvere le questioni.»
Così dicendo si voltò ed estrasse il telefono satellitare. Compose a memoria il numero e attese la risposta.
«Sì?»
«Rebel, sono io. Dove sei?»
«In volo. Ero in Egitto, ma qualcuno ha risolto la situazione prima di me.»
«Uh, non sapevo che tu potessi volare.»
«Sto ridendo, Bannon. Cosa c’è?»
«Sono a Korinthos, dobbiamo risolvere una volta per tutte la questione greca.»
«Il mio volo è per la Grecia. Atterrerò fra poco. Non ci metterò molto a raggiungerti.»
«Efficiente come al solito, Rebel.»
Dall’altra parte non giunse alcuna risposta, solo il silenzio che segnalava la chiusura della comunicazione. Dietro di sé Bannon sentì, flebile, la voce di Valerie.
«Grazie.»

- - -

Capitolo scritto da Gianluca Santini (Nella mente di Redrum blog) 

 
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Impaginazione a cura di eBookAndBook
Grafica a cura di Giordano Efrodini

mercoledì 12 giugno 2013

Capitolo 18 - Stagione 2 (di Valerio Villa)


5 Novembre 1982
Friburgo, Germania

'Exorcizamus te, omnis immundus spiritus,
omnis satanica potestas, omnis incursio infernalis adversarii,
omnis legio, omnis congregatio et secta diabolica,
in nomine et virtute Domini Nostri Jesu Christi,
eradicare et effugare a Dei Ecclesia,
ab animabus ad imaginem Dei conditis ac pretioso
divini Agni sanguine redemptis'

Quando il giovane prete finì di recitare la litania, il corpo delle ragazza legato sul letto smise di tremare convulsamante.
«Ci sei riuscito Christian» la voce del vecchio Klaus, suo mentore e aiutante in quell'esorcismo, gli giungeva lontana.
«Grazie amico mio. Quando la posseduta mi ha distrutto il crocefisso credevo fosse finita.» Parlare gli risultava sempre più difficile. « Mi sento, stanco...»
«O mio Signore, Christian! La tua gamba!»

* * *

22 Ottobre 2013
Atene, Grecia

La suoneria del cellulare fece riemergere Rosenkreutz da quei lontani ricordi.
«Pronto.»
«Kedives ha commesso un errore. Si è fidato delle persone sbagliate. La ragazza sarà consegnata in un piccolo molo a sud di Atene. Rendez-vous con la tua squadra fra due ore. Ti giro le coordinate.»
«Perfetto.» Una leggera vibrazione del cellulare notificò l'arrivo della mail.
«Eh, Christian...non è stata colpa tua.»
Erano passati quasi due giorni.
«Lo so Klaus. Mi stavo quasi affezionando a quel teleporta.»
Chiusero insieme la comunicazione.
L'odore di disinfettante impregnava tutta la camera.
Rosenkreutz si alzò dal divano, saltellò fino al tavolo posto al centro della stanza e si sedette alla sedia più vicina. Appoggiata allo schienale c'era una stampella.
Dannate aberrazioni - pensò – Me la pagherete. Angelo non meritava quella fine.
Prese quel pezzo di metallo, si alzò, spostando il peso da una parte all'altra per saggiare l'equilibrio.
«Bene. Sono pronto a prendere a calci nel culo qualche super.»
Uscì dalla stanza, un appartamento sicuro usato dai servizi vaticani, dopo aver preso le armi.
L'Entità si era messa in moto, e se sapeva come agivano, avrebbe trovato ad attenderlo una berlina nera fuori dall'albergo.
Uscì dalla hall e vide una Audi Q7, con il motore acceso, proprio davanti all'ingresso. Nera.
Vi salì con qualche difficoltà vista la mancanza dell'arto destro. I sedili emanavano odore di pelle.
«Mi aspettavo la classica Mercedes. Non mancate mai di stupirmi.» disse rivolto all'autista.
«Spero sia di suo gradimento anche il regalo che le abbiamo portato.»
Rosenkreutz vide una valigetta sul sedile al suo fianco.
La aprì, trovandoci una nuova protesi per la sua gamba.
«Titanio,» disse soppesandola, « mi dovrò abituare. Quelle che ho messo  negli ultimi trent'anni erano molto più pesanti.»

* * *

22 ottobre 2013, ore 6.45
Al largo di Glifada

L'imbarcazione su cui viaggiavano Bannon e Valerie stava per attraccare.
Il molo era quasi deserto, usato per lo più da pescatori locali. Alcuni peschereggi stavano rientrando dopo una notte in mare.
Era l'alba, la ragazza si era da poco svegliata e cercava di capire dove si trovassero.
«Siamo a Glifada, mia cara,» Bannon rispose ai suoi pensieri, «tu non lo sai piccola, ma si può dire che da qui si è messo in moto tutto.»
«Dieci minuti all'attracco.» gridò il pescatore al timone.
«Molto bene.» sussurrò Bannon.

* * *

22 ottobre 2013,ore 6.50
Glifada, Molo dei Pescatori

«Stanno arrivando signore»
«Silenzio radio, quel super potrebbe intercettarci» rispose Rosenkreutz.
«Non siamo a conoscenze di questo suo potere, signore.»
«Non sappiamo molte cose su di lui, diacono Mischi.»
«Agli ordini, signore.»
Sul molo c'erano solo un paio di pescatori di ritorno da una magra pesca. Nell'aria c'era un puzzo di pesce che sembrava attaccarsi ai vestiti. Degli uomini della Hypotetical nessuna traccia.
Che il loro infiltrato abbia fatto il doppiogioco? Odiava quei patetici super.
La barca stava attraccando non molto lontano, il mare calmo consentì una manovra sicura e veloce. Solo una leggera brezza proveniente dal mare. Il Signore li aiutava tenendoli sottovento.
Un uomo e una donna scesero dall'imbarcazione. Bannon e il bersaglio, Valerie Broussard.
Duecento metri.
Dovevano attendere il più possibile.
Centocinquanta metri.
Quasi a tiro.
Cento metri.
Fece un cenno al diacono Mischi, che lo rigirò al fratello Nereo.
Il rumore soppresso del fucile fu coperto dal beccheggio di un peschereggio li vicino.

Valerie si accasciò a terra.
Bannon si chinò. Uno sguardo veloce alla ragazza gli fece notare un proiettile tranquillizzante spuntare dal collo.
«Dannazione», si girò verso l'inizio del pontile. «Abbiamo ospiti indesiderati.»
Cinque uomini in tenuta da combattimento, guidati da un uomo sulla cinquantina.


*  *  *

22 ottobre 2013, ore 6.55
Korinthos
Sede Centrale della Hypotetical Inc., ufficio del presidente

Sullo schermo, la ripresa in diretta di quello che sembra uno scontro su un molo.
«Ottimo direi,» Kedives sorseggiò dal bicchiere, «ora vediamo di far capire anche al Vaticano, che la Grecia non vuole intromissioni. Terrestri o divine che siano.»
Uno degli uomini sul molo, alzò le mani verso Bannon.
«Cosa sta facendo?» chiese Pavel.
«Credo stia cercando di compiere un esorcismo.»
«Ah ah ah, credono ancora a quelle fandonie?»
«Non solo ci credono. Ma ne hanno fatta un'arma.»
«Mi scusi?»
«Osserva, mio caro Pavel. Osserva.»

* * *

22 ottobre 2013,ore 7.00
Glifada, Molo dei Pescatori

«...in nomine et virtute Domini Nostri Jesu Christi, eradicare et effugare a Dei Ecclesia,...»
«Cosa credi di fare con questo sproloquio in latino?»
Rosenkreutz continuò nella litania.
«...ab animabus ad imaginem Dei conditis ac pretioso...»
A Bannon cedettero le gambe. Il suo corpo di fece pesante.
«Non vorrai farmi credere..che..»
«...divini Agni sanguine redemptis
Il super era a terra, svuotato di ogni forza. Anche il solo respirare risultava difficile.
Rosenhreutz gli si avvicinò. «La parola di nostro Signore. Da secoli capace di inibire il potere di voi demoni, voi posseduti, voi aberrazioni. Per tua fortuna non ti ucciderà. Per tua sfortuna sarai senza forze per qualche giorno.»
Il comandante dell' Entità si rivolse al suo secondo.
«Diacono, impacchetti questi due.»
Non ebbe risposta.
«Diacono...» si girò verso la sua squadra. Erano tutti a terra. Il sangue che si spandeva da sotto i loro corpi non lasciava dubbi.
«Aberrazioni doppiogiochiste. La razza peggiore.»
Qualcosa lo colpì, la vista iniziò a vacillare.
Cercò di resistere ma era inutile, cadde a terra, mentre una decina di uomini armati usciva dal vicino peschereccio.
Che sciocco a non controllare – pensò Rosenkreutz
Gli uomini della Hypotetical, avvicinarono.
«Ehi svizzero, grazie per il doppio regalo. Ti devo un Banana Daiqiri»
«Tu..tu sei...»
«Morto? In effetti la visione creata dal mio amico era molto efficace. Cavoli, vedermi sbudellato in quel bar mi ha scosso.»
«No...tu...sei...morto.»
«Amico sono qui, davanti a te. Credici.»
«Credimi tu. Se dico...che sei...morto.» Rosenkreutz svenne.

* * *

22 ottobre 2013, ore 7.05
Korinthos
Sede Centrale della Hypotetical Inc., ufficio del presidente

Sugli schermi Kedives poteva vedere il frutto dei suoi piani.
In America la popolazione iniziava a rivoltarsi contro un governo di falsi patrioti.
A Glifada, i suoi uomini stavano prelevando altri due personaggi chiave per la sua lotta.
E nei sotterranei, l'algida eroina russa stava per cadere in trappola.
«Pavel, mio caro, è ora che i greci sappiano.»
«Avviso i giornali, signore.» disse l'aiutante del presidente uscendo dall'ufficio
Kedives si alzò dalla sua poltrona e prese il telefono; premette un tasto di chiamata rapida e attese.
Dopo pochi secondi una voce dal forte accento tedesco rispose all'altro capo dell'apparecchio.
«Tutto finito?»
«Tutto secondo i piani.» rispose Kedives
«Si ricordi il nostro patto.»
«Non si preoccupi. Sono un uomo di parola.»
«A presto.» Un click chiuse la conversazione.
«A presto, Klaus.» sussurrò Kedives.
- - -

Capitolo scritto da Valerio Villa (LaPonga Edizioni)

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Grafica a cura di Giordano Efrodini

mercoledì 15 maggio 2013

Capitolo 14 - Stagione 2 (di Miss Marvel)



21 ottobre
Island Stone - Admiral City
Portorico

Le dita guantate del tenente colonnello Alex Ross tambureggiavano sempre più nervosamente sulla scrivania del suo ufficio. La sua interlocutrice lo osservava di rimando dallo schermo ultrapiatto del computer, ignorando l'irritazione dell'ufficiale START.
Christina Cielo era una bella ma austera donna di mezza età. Aveva i capelli orgogliosamente grigi, perfettamente pettinati, e dei freddi, impenetrabili occhi azzurri. Tutto in lei suggeriva eleganza e autocontrollo.
La verità però era ben diversa.
«Ross, non me ne frega assolutamente nulla se lei reputa inopportuno l'intervento del team di superumani dello START in territorio greco. Quello che le sto dando è un ordine. Se le faccio il favore di discutere la faccenda è solo per motivi di ordine pratico.»
Alex pensò a una caterva di insulti da rivolgere al vicesegretario alla Difesa, ma si trattenne. «Stiamo già ricevendo accuse di aver violato la sovranità territoriale greca e...»
«Non me ne importa un cazzo delle accuse di quei fotticapre! Inoltre lo staff del presidente sta lavorando per rendere sacrosanto l'intervento del nostro team superumano in loco.»
«E come, di grazia?», replicò Ross, spazientito.
«Oh, andiamo... Siamo da tempo in contatto coi partiti ellenici dell'opposizione, specialmente con quelli che Kedives ha dichiarato illegali. Abbiamo tutto ciò che serve per avanzare la necessità di esportare un po' di democrazia.»
«La nostra sarà comunque un'azione grave e senza precedenti.»
«Cazzate. Con gli imbecilli del Ram Dao che stanno combinando casini su casini nell'area mediterranea, noi siamo ragionevolmente certi di poter accusare Kedives e i suoi di supporto attivo al terrorismo internazionale metaumano.»
«Ma non c'è uno straccio di prova a sostegno di questa teoria bizantina.» Ross si morse il labbro subito dopo aver parlato. Sapeva benissimo che i falchi del governo Romney se ne fregavano di certi dettagli.
«La posta in gioco è molto alta», gli spiegò la Cielo. Sospirò e si passò una mano sugli occhi. Lo stress doveva essere parecchio anche per una donna di ferro come lei. «La Hypothetical di Kedives ha sviluppato una tecnologia per creare, clonare o comunque per produrre superumani. Loxias ne è l'esempio più eccelso, ma non è il solo. Nemmeno quello stronzo di Salazar era mai arrivato a tanto. In fondo, pur essendo un antico e astuto figlio di puttana, non aveva a disposizione una fonte di Teleforce antica e naturale come quella che la Hypo ha trovato a Delfi.»
«Vuole forse farmi credere che...»
«Zitto e ascolti. Ora che gli ingranaggi si sono messi in moto possiamo fare soltanto due cose: lasciare a quel bastardo di Kedives e a chi si schiererà con lui l'esclusiva sullo sviluppo di applicazioni a base di Teleforce, oppure intervenire e sottrarre alla Hypo i risultati di anni di esperimenti.»
«Per il bene del paese», interloquì l'ufficiale dello START, non senza ironia.
«Per il bene del paese, del mondo, degli uomini di buona volontà. La veda come vuole. L'importante è che che le ricerche di Spencer Grant e di Kedives non diventino di proprietà di nostri... diretti concorrenti.»
«A tal proposito mi sono giunte segnalazioni di attività dell'Unità S russa in terra ellenica.»
Christina Cielo annuì. «Come vede è proprio l'urgenza a spingerci all'azione.»
«Il mio team è ridotto all'osso.»
«Se quella troietta mestruata non avesse agito di testa sua, coinvolgendo anche il signor Stakanov nella sua assurda ricerca di vendetta, la situazione sarebbe diversa.»
Alex fu ferito da quelle parole. Nonostante tutto continuava a considerarsi un grande amico di Libby. Però la vicesegretario non aveva tutti i torti. «Fortress Europe interverrà?»
«Un loro agente ad Atene, nome in codice Clark, li ha già traditi. A quanto pare questo Super ha delle informazioni importanti in suo possesso. Fortress Europe unirà un paio di suoi elementi al suo team, colonnello. Cercare Clark sarà però il loro focus primario.»
«Qualche suggerimento sulla composizione del nostro gruppo?», le chiese, esausto da quel colloquio.
«Ci sarà senz'altro Uranium, forse l'unico che può tenere testa a Loxias.»
«Sarà come spostare un'arma nucleare in territorio non belligerante.»
«E sia.»
«Vada avanti.»
«Blackjack. Scanner. Teddy Mercury.»
Oh Cristo...
«E infine lei», conclude la Cielo.
«Io? E che potrei fare tra questi fenomeni?»
«Manca un leader. Uranium non lo è, e nemmeno Scanner, non con quel casino che ha in testa dopo l'Evento Mezzanotte. Ross, questa sarà la sua occasione per testare l'esoscheletro Drakkar 1 progettato da Rushmore. Dovrebbe metterla alla pari di un Super di medio livello.»
«Rassicurante.»
«Prepari tutto e non si preoccupi del come arriverete a destinazione. Mercury penserà al viaggio.»
«Non vedo l'ora», mugugnò l'ufficiale, quindi si prese la soddisfazione di scollegare il computer. Come aveva detto quella strega della Cielo c'era molto da fare, e pochissimo tempo per farlo.

- - -

21 ottobre 2013 ore 03:20
Canale di Korinthos  - profondità – 12 mt

Sibir non poteva usare i suoi poteri sotto acqua e si stava facendo trascinare verso la costa da un mini propulsore subacqueo. Il funzionamento elettrico non produceva nessun rumore, lei e gli altri commandos erano solo ombre nel mare nero.
Il sistema di navigazione li avrebbe portati direttamente al punto di inserzione primario, uno sbocco dei condotti di refrigerazione dal quale penetrare direttamente ai laboratori, questo secondo i piani di costruzione del centro di comando della Hypotetical Inc. fornitegli da Clark.
Nessuno aveva verificato le informazioni, non c'era tempo sopratutto dopo che aveva saputo di Libby.
Cosa ci faceva lì quella smorfiosa, questo era un lavoro da soldati.
Davanti agli occhi passò veloce l'immagine di American  Dream.
Si concentrò sul display del sistema inerziale, mancavano pochi metri al target.

- - -

21 ottobre 2013 ore 04:20
Mar Egeo

Bannon decise che fosse giunto il momento di vedere le carte che aveva in mano.
Estrasse dalla tasca un compatto telefono satellitare e compose un numero dalla rubrica.
«Bannon, fatemi parlare con il capo.»
«Attenda» la voce all'altro lato era completamente inespressiva forse solo una nota di tedio poteva far trapelare la sua origine umana.
«Dove cazzo sei?» Kedives aveva urlato così forte da costringere Bannon a scostare l'apparecchio dal viso.
«In mare» la risposta rimase nei normali toni della conversazione
«Hai la ragazza?» la voce del Premier Greco era ancora incrinata da una nota di apprensione
«È qui con me, ma noi dobbiamo parlare.»
Bannon cercò un altra sigaretta
«Parliamo quanto cazzo vuoi, se è un problema di soldi dimmelo subito. Ma adesso vieni subito qui, siamo in un grandissimo casino»
«Tu sei in un casino, non io»
Bannon rimise il telefono in tasca, coprì la sigaretta con le mani per cercare di accenderla contrastando il vento gelido della notte.
Valerie continuava a dormire come se nulla fosse.

- - -



21 ottobre 2013 ore 04:29
Canale di Korinthos  - Punto di Inserzione Primaria

Il sistema inerziale di navigazione aveva portato Sibir e gli altri nel posto indicato dalle mappe. La bocca metallica del canale di scarico dei flussi di raffreddamento alla base della sede della Hypothetical Inc.
Avevano 15 minuti prima che il sistema si resettasse e cambiasse il movimento di flusso. Due spetsnaz si misero al lavoro con la fiamma ossidrica sui bulloni che mantenevano la grata di protezione in posizione.

30 secondi all'inversione del flusso

I bulloni cedettero trascinando la grata nelle profondità. Sibir controllò il cronometro e si infilò nel tubo oscuro come le viscere dell' inferno. Pinneggiò velocemente, le mani guantate trovarono una scaletta di metallo dopo pochi secondi, afferrò il gradino, tolse le pinne ed iniziò a salire.
Il condotto aveva una luce sulla verticale, secondo le informazioni avrebbe dovuto sbucare in una cisterna di servizio.
Sibir aprì la copertura e si sporse con la testa fuori dal bordo metallico.
Una scarica di proiettili si schiantò sulla paratia, facendo volare scintille ovunque.
«Merda!» Sibir ritrasse la testa un attimo prima di essere colpita.
Mise mano alla cintura e staccò due granate a frammentazione, un lancio a parabola per coprire il locale.
Si abbassò e strinse la testa tra le braccia.
Il tubo di metallo vibrò con violenza scosso dall'esplosione, senza aspettare lanciò altri due fumogeni.
Fece forza sul bordo e si proiettò fuori con una capriola.
Fanculo all'effetto sorpresa.
Il locale era ancora invaso dal fumo chimico, tracce di mirini laser attraversavano la nebbia bianca e spessa.
Sibir lanciò brevi scariche di plasma incandescente dove vedeva le luci dei laser.
Cercava di risparmiare le forze, di conservare energia.
Le urla le confermavano di aver fatto centro; nel frattempo gli altri componenti del team erano usciti dal tubo e si erano disposti a coprire il perimetro.
Gli spari silenziati si facevano sempre più radi.
Il primo passo era fatto.
- - -

Capitolo scritto da Miss Marvel

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Grafica a cura di Giordano Efrodini

mercoledì 8 maggio 2013

Capitolo 13 - Stagione 2 (di Cristiano Pugno)


21 ottobre 2013 ore 00:52
Cielo sopra Atene

Loxias galleggiava nell’aria, circondato da una bolla di luce.
Libby era aggrappata al suo torace, le braccia non riuscivano ad avvolgerlo completamente, sotto le mani ancora protette dai guanti sentiva la muscolatura. Definita e rigida come quella di una statua di marmo.
Nella bolla che l’avvolgeva non sentiva il fruscio dell’aria, la gamba continuava a farle terribilmente male ma non voleva distrarsi, aveva una fottuta paura di cadere.
La mano di Loxias si poggiò sulla ferita sprigionando un'onda di gelo che quasi la stordì.
Il viso del Super non aveva mostrato nessuna espressione, gli occhi ardevano in maniera innaturale, quasi ipnotica.

- - -

21 ottobre 2013 ore 00:54
Mare Egeo

Bannon era sdraiato a poppa, la sigaretta ormai ridotta ad un mozzicone pendeva dalle sue labbra.
Il rumore sommesso del diesel gli faceva compagnia insieme al dolce movimento della barca.
«Ο Θεός μας!!»*
L’urlo del pescatore al timone lo fece trasalire. Alzò lo sguardo al cielo, un globo rossastro si muoveva sopra l’acqua increspando le onde sotto si sé.
Anche Valerie si destò, sorpresa da quel trambusto.
«Cos’è quello?» disse, indicando la sfera con un dito.
«Quello potrebbe essere la soluzione dei nostri problemi, piccola» rispose Bannon sfiorandole i capelli intrisi del salmastro notturno.
L’oscurità del battello, rischiarata solo dalle deboli luci degli strumenti gli impediva di vedere l’espressione della ragazza
«…oppure il più grande dei problemi!»
Ma Valerie non udì l’ultima parte, si era già rimessa a dormire rannicchiata nella coperta.
- - -

21 ottobre 2013 ore 01:18
Korinthos – Sede Centrale della Hypotetical Inc.

Kedives si rilassò sulla poltrona di pelle nera. Aveva voglia di fumare un sigaro e di bere qualcosa di forte, finalmente dopo tanti problemi le cose iniziavano a girare per il verso giusto.
Ovvero quello che lui aveva previsto.
Loxias stava arrivando portando con sé lamericana. La notizia del Centro Ricerche distrutto dopo un'incursione non autorizzata di alcuni super era già stata battuta dalla principali agenzie. Tra qualche ora avrebbero aggiunto i dettagli, magari con un bel video di Lady Liberty che confessava.
Anche Bannon aveva chiamato, era con Valerie, probabilmente sarebbero rientrati tra poco.
Sfiorò un tasto sulla scrivania per attivare i monitor dell’ufficio, le pareti sino ad un momento prima nere come l’inchiostro si riempirono di schermate colorate, immagini video, canali tv sat.
Alzò il volume della CNN che trasmetteva in diretta da il Cairo, le periferie continuavano a bruciare in un immenso rogo che nessuno pareva in grado di spegnere.
Non si accorse del suo ingresso, i tacchi da 12 centimetri affondavano nella spessa moquette, nera come il resto dell’ufficio.
Il rumore della borsetta di coccodrillo sulla scrivania in cristallo fece voltare Kedives.
«Continui ad entrare senza bussare» disse ritornando al controller dei monitor.
«Tu continui ad agire completamente di testa tua » la voce della donna era poco più di un sussurro.
«Ricordati che c’è un Consiglio di Amminitrazione e anche un Governo, a cui devi rispondere» pronunciò la parola Governo con un fare di scherno e si accomodò sul divanetto a due posti.
Le sue mosse erano aggraziate, fluide, le gambe fasciate da impalpabili autoreggenti si disposero perfettamente accavallate.
Kedives parve non fare caso al bordo di pizzo che sporgeva di qualche millimetro dall’orlo della gonna della nuova arrivata.
«Di quella banda di pagliacci me sbatto altamente!» replicò alzando il tono della voce.
«Tra poco arriverà Loxias con Lady Liberty, Bannon è in viaggio con Valerie, arriveranno forse domani. Nulla ci potrà impedire di dare seguito al nostro piano.»
«Dicono che Lady Liberty sia la Super più bella» disse la donna levandosi un immaginario pelucco dalla camicetta sotto la quale faceva capolino un piccolo bordo in pizzo.
«Mai quanto te» rispose Kedives sfiorandole la mano con un perfetto baciamano.
«Gino, Gino, è inutile che fai il galante, sai cosa mi aspetto da te.» La sconosciuta proruppe in una risata cristallina rovesciando indietro la testa.
Nessuno lo chiamava Gino, per tutti era il Presidente o al massimo Mister Kedives. Ma quella donna era una delle poche persone a cui non poteva dire di no.


- - -

21 ottobre 2013 ore 02:50
Korinthos – Sede Centrale della della Hypotetical Inc.

Loxias si poggiò sulla terrazza del palazzo senza nessun rumore, la luminosità che emanava rendeva inutili le lampade predisposte per l’atterraggio degli elicotteri, allentò l'abbraccio e depose Libby a terra.
La Super mosse qualche passo sulla superficie antisdrucciolo della terrazza, ancora stordita per il volo.
Osservò con stupore la gamba.  Non aveva nulla ed anche la tuta era perfettamente integra come se non fosse stata toccata dalla folgore.
«Donna, ogni resistenza è inutile» le parole si stamparono nella mente di Libby mentre sulla piattaforma accorreva il personale di sicurezza della Hypotetical Inc.
Un soffio di aria calda spazzò la terrazza, ed accanto a lei si materializzò la bambina che aveva visto alcune ora prima.
«Hai fatto bene a chiedere aiuto alla tua amica dagli occhi di ghiaccio» disse con la sua vocina infantile mentre faceva volteggiare la macchinina come fosse un piccolo aeroplano.
La prese per mano e la condusse verso quello che poteva essere un ascensore, Libby la seguì docilmente.
I guardiani della Hypotetical abbassarono le armi.

- - -

21 ottobre 2013 ore 02:50
Canale di Korinthos – Peschereccio Луна

Il rumore del vecchio diesel accompagnava il movimento della nave, il motore ansimava ed ogni tanto pareva perdere qualche colpo.
Ma era tutto un trucco, la ruggine era in realtà solo una pasta sintetica ed il rumore del motore una registrazione trasmessa da altoparlanti disposti sulla finta sovrastruttura.
Sotto l’aspetto di una carretta dei mari si nascondeva uno dei vascelli più moderni della marina russa, la nave per operazioni speciali Luna.
«Compagna, è pronta?» Il comandante della squadra di spetznaz si affacciò nel quadrato Ufficiali dove Sibir stava indossando il suo costume nella versione modificata per le operazioni subacquee.
«Io sono pronta Colonello, i suoi uomini?» rispose la super sistemando una ciocca bionda all’ interno del cappuccio di latex.
«Tutti pronti, il minisub è già nel moon-pool.»
Sibir scese le scalette seguendo l’ufficiale, vista la sua altezza doveva stare attenta a non impigliarsi negli stretti passaggi della nave, sino ad arrivare nella parte più bassa direttamente a contatto con l’acqua.
Mentre sedeva sul bordo della piscina ripassò mentalmente le piante che aveva avuto da Clark solo due giorni prima, non c’era stato modo di verificare le informazioni, avrebbe dovuto fidarsi della sua parola.
Gli altri spetznaz avevano già indossato le mute e si preparavano ad entrare nel sommergibile.
«Compagna...» Il comandante si chinò per sussurrare a Sibir che stava per immergersi.
«Cosa c’è, Comandante?»
«Devo trasmetterle un messaggio da parte del compagno Generale Kisurin.»
«Dica!»
«La tua amica ti aspetta ed ha bisogno di aiuto».
Sibir rispose con un cenno del capo e strinse la maschera facciale prima di scomparire nelle acque del canale.

- - -

21 ottobre 2013 ore 03:07
Korinthos – Sede Centrale della della Hypotetical Inc.- Ufficio del Presidente

Kedives accolse con piacere il soffio di aria bollente che riempì il suo ufficio, conosceva il suo significato.
Loxias entrò senza toccare la porta, la sua aura segnò la moquette bruciandola.
Si alzò dalla poltrona, per andare a ricevere il suo ospite.
«Hai onorato i patti, per questo sarai ricompensato, anche se non dovevi cercare di colpire la donna con gli occhi di ghiaccio!» La voce della bambina aveva una calma raggelante.
«Quale donna?» urlò Kedives
L’ unica traccia del passaggio del Super era un leggero alone carbonizzato sulla moquette.
- - -
* Dal greco - "E' il nostro Dio".

Capitolo scritto da Cristiano Pugno (Il Blog di Beppe)


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Grafica a cura di Giordano Efrodini

mercoledì 1 maggio 2013

Capitolo 12 - Stagione 2 (di Germano M.)


20 Ottobre 2013
Santorini, Grecia

Bannon fissò a lungo il suo ospite. Era lo stesso sguardo che aveva rivolto a Tesla, quando il serbo aveva fatto, a lui e al gruppo, la grande rivelazione...
L'afa di Santorini gli si incollò addosso, il laccio della fondina gli pizzicava la pelle, il cuore perse un battito.
Aran s'accigliò, sbuffando. Flender, in fondo alla stanza, mugugnava a Valerie.
Osservò l'acquario incassato nel muro, accanto alla scrivania, Si piegò, sfiorando il vetro col naso. Due pesci blu spandevano le code, tra coralli rosa e bianchi. Il cuore accelerò.
«Non hai proprio niente da dire?» lo incalzò Aran.
Bannon sollevò l'angolo della bocca. Parlò rivolto ai pesci: «E così, Ammit s'è fatta una sveltina...» L'ospite mise da parte il sorriso di circostanza e indurì i muscoli del viso.
Lui continuò: «Zeus lo faceva di continuo, e nessuno s'è mai messo a fare il teatro che fai tu.» S'interruppe, mosse le dita assecondando la musica in sottofondo, «Metà dei Greci erano figli suoi: semidei!»
Sentì le braccia pesanti...
«Ma no! Non capisci! Tu non hai idea di cosa comporti...» protestò Aran.
«Mentre l'altra metà... Sono figli di puttana qualunque.» Allargò un sorriso, scosse la testa, mentre l'ambiente perdeva i contorni e si faceva grigio. «Solo schizzi di teleforce: niente di più...» aggiunse, quasi senza fiato.
Arrivò mentre si accasciava, la fitta al petto. Violentissima.

Il grigio sfumò, la camera riassunse la forma e i colori di Flender, che lo fissava roteando il capo, a un centimetro dal viso.
Allungò una mano per accarezzarlo. Il cane abbassò le orecchie, mostrò le zanne ed emise un ringhio basso. Figlio di puttana...
Flender arretrò, ebbe un sussulto. Bannon si alzò, vide se stesso pancia a terra, una mano al petto, il braccio allungato.
Aran in ginocchio lì accanto, lo chiamava, scuotendolo da una spalla.
«Non so, cosa sia successo, Valerie... credo abbia avuto un infarto.»
«Spostati» ordinò. Aran apparve, se possibile, ancora più sorpreso dal tono. Era stato troppo brusco.
Si piegò sul proprio corpo, guardò le rughe profonde che segnavano le guance, i capelli grigi e corti, la cima della cicatrice a stella che spuntava dal colletto della camicia. Si vide invecchiato, si sentì incazzato e stanco, il cervello incasinato dai pensieri chiassosi di Valerie.
Rovesciò il corpo, schiena a terra. Fece la recita: posò la mano all'altezza della giugulare. «Non c'è battito» affermò.
Aran scattò alla scrivania.
Bannon spostò sotto il risvolto della giacca. Sfiorò il cane della Beretta.
«D-Devo chiamare subito qualcuno! Non riesco a concentrarmi... Stanno tentando di entrare...»
Slacciò la linguetta, estrasse l'arma e tirò il carrello con pollice e indice. Puntò, schiacciò il grilletto. Non più di due secondi.
Il primo colpo spalancò gli occhi di Aran, lo fece accasciare sulla poltrona di pelle marrone. Sulla camicia si allargò una rosa.
La scarica che seguì, veloce e precisa, lo centrò ancora al petto.
Alzò il tiro, e sparò altre tre volte alla testa, che si sgonfiò come un pallone bucato, riducendosi a poltiglia color carne mista a capelli. Del liquido pastoso colò dal bordo del cuscino.
L'ultimo colpo a Flender, che correva verso di lui.
Sputò. Si rannicchiò in posizione fetale accanto al suo corpo.
Riaprì gli occhi, divorando l'aria. Poi vomitò. Si rimise in piedi a fatica.
Valerie si mosse appena, gemette. Il tagliacarte sulla scrivania vibrò.
«Sta' calma, ragazza...» disse, con tono calmo, ma deciso. «La spossatezza che senti passerà tra poco...»
«Tu... tu hai ammazzato... Perché!?»
«Aggiungili alla cinquantina di turisti che hai spappolato in piazzetta.»
«N-Non è stata colpa mia! T-Tu sei... un bastardo!»
«Forse. Ma ora che ci siamo conosciuti un po' di più, sai anche che non sono così bastardo, e che non sono qui per fotterti. In un senso, o nell'altro...»
«E-E adesso?»
«Tirati su, ce ne andiamo, ci troviamo un posto tranquillo e parliamo un po', solo noi due. Poi deciderai se vale la pena seguirmi, o sputtanare la Hypo. Le cose che hai scoperto, be'... non sono come sembrano.»
Bannon avvertì l'aria sul viso, poi la vide smuovere la pelliccia di Flender, per terra. Il minuscolo vortice si accentrò, misto a scintille, dal lato opposto della stanza.
Mise una mano in tasca e estrasse una moneta. La strofinò e la lanciò verso il vortice, mentre comparivano due figure.
La moneta deflagrò, il vortice si dissolse portandosi dietro un urlo. La metà inferiore di una gamba, mocassino di cuoio nero, si schiantò contro la parete insieme a una strisciata di sangue.

* * *

21 Ottobre 2013, ore 00:41
A largo di Santorini, Grecia

Il cabinato fendeva l'acqua scura come il petrolio. Valerie dormiva rannicchiata sul sedile a poppa, sotto una coperta. Bannon tirò una boccata dalla sigaretta regalatagli dal pescatore. Espirò, il fumo si dissolse nella notte.

* * *


20 Ottobre 2013
Centro Ricerche della Hypotetical Inc.
Agia Paraskevi - Atene

Le pareti del corridoio s'allungarono.
Libby svoltò, sul lato sinistro una lunga fila di finestre. Davano su un cortile interno, al centro un olivo maestoso illuminato da faretti.
Le gote avvamparono, il sudore colò all'interno del visore notturno. Rallentò. La tuta bruciava. No, era l'aria...
Si fermò del tutto, arrivata quasi al cartello in plexiglas che indicava il Centro Analisi. I suoni scorsero di nuovo naturali: passi attutiti.
La prima cosa che notò spuntare da dietro l'angolo fu un piede.
Era una ragazzina bionda, avvolta in una tunica rossa che le ricadeva sul capo. Stringeva, portandola al mento, un modellino di cadillac rossa col tettuccio bianco. Nell'altra mano un ramoscello d'ulivo.
Stakanov arrivò di corsa. «Che caldo che fa qui! Ehi, che diav...»
«Loxias vi ha conosciuto. È deluso» dichiarò la bambina. Una voce neutra, vuota.
Libby ne esaminò meglio i lineamenti, gli occhi grigi...
«Yobanji
Capì che anche Stakanov aveva notato la somiglianza...
«Loxias? Ti sbagli, a meno che non ti riferisci a Mister Scintille Viola. Tu chi sei?» chiese Libby, nel modo più amichevole possibile. Allo stesso tempo portò una mano dietro la schiena, sperando che l'ucraino notasse il suo cenno di fuggire. L'avrebbe coperto.
«Sì, il mio DNA si è già incontrato con entrambi» rispose. Quel tono distaccato le mise i brividi, oltre a comunicarle certezza.
«Dov'è Matt?!» urlò.
I vetri vibrarono.
La luce entrò dalle finestre, s'allungò in fasci sul corridoio, scivolò sulla parete.
Libby guardò il cortile illuminato a giorno, fu costretta a togliersi il visore e a ripararsi con le mani, quasi stesse guardando il sole.
Il globo di luce atterrò dolcemente sotto l'ulivo, sfumò facendosi arancione e poi rossastro lasciando, intorno alla figura imponente di un uomo, solo un baluginio di brace.
Si sentì prendere la mano. Era la ragazzina, che proseguì, quasi guidandola.
«Libby, io credo che dovremmo...»
Lo ignorò. Inspirò e lasciò accelerare il battito.

Ciò che rimase della velocista fu uno sbuffo d'aria che mosse il mantello rosso della ragazzina, che si volse a guardare Stakanov. «Ti sei abbassato, sei stato bravo.» Sorrise, aveva i denti grandi.
L'ucraino si affrettò, tentando invano di mettersi in contatto, attraverso i comunicatori del cappuccio, con il ponte mobile dello START.
Aveva quasi raggiunto l'ingresso al cortile, quando ripensò alle parole della bambina. Imprecò, e decise di gettarsi in avanti, compiendo una capriola. Rimase accucciato, ginocchio piantato a terra. E si sentì stupido.
Un raggio di luce tagliò l'aria sopra la sua testa, lasciando sulla parete opposta un foro bruciacchiato.
Stakanov slacciò il cappuccio della tuta e respirò. Fu un attimo, ricompose il teschio rosso e proseguì.
Li trovò che si fronteggiavano. L'uomo, cinto di tessuto rosso intorno al bacino, stava con l'indice fumante puntato verso di lui. Libby era immobile, al centro di un cerchio irregolare, che pareva bruciato.
La voce della bambina, alle spalle, lo fece trasalire: «Il Centro Ricerche della Hypotetical Inc. di Atene è stato distrutto. La cattura di Lady Liberty, membro dello START, da parte di Loxias è stata la prova di un attacco deliberato portato alla Sovranità Nazionale della Grecia.»
«Prima deve prendermi, ragazzina. Sono molto più veloce di così!» ringhiò Libby.
Stakanov allungò una mano per fermarla, e tutto ciò che vide, in quella sfumatura di grigio nero e oro che si mosse davanti a lui, fu un nuovo raggio scagliato dall'essere. Poi venne raggiunto dall'odore di carne bruciata.
Vide Libby a terra, si stringeva la coscia, la bocca una smorfia di dolore. Il cortile avvampò, inondato di luce.

Loxias la strinse al petto. Si sollevarono a una velocità che la stordì. Si fermarono dopo un istante.
Fluttuavano. Ora poteva vedere le luci della città.
L'essere mostrò l'indice. Sulla punta s'addensò una goccia di luce, che s'ingrossò fino a staccarsi e precipitare.
Dopo diversi secondi, dal basso provenne un fragore. L'onda d'urto sollevò polvere e schegge, allargandosi in una circonferenza di esplosioni e crolli di edifici: un fiore di energia e morte che abbatté l'intera struttura del Centro Ricerche e diversi isolati di tessuto urbano.
Loxias l'accarezzò. Poi partirono.

Qualcosa si mosse intorno a Stakanov. Colpi di tosse. Il buio era totale, il viso bruciava. Le orecchie fischiavano ancora per l'esplosione.
«Ti ho preso e ho aperto un varco appena in tempo.»
«Chi... chi c'è?» domandò l'ucraino, poi la riconobbe: «A-Angela, sei tu?»
«E chi altri? Il seminterrato ci è cascato addosso... Aspetta, faccio un po' di luce.»
Udì un click.
«Ecco fatto. Ora pensiamo alla direzione che conviene prendere.»
«Dove sei?»
«Come sarebbe, sono qui, davanti a te! Oddio...»
«Non ci vedo. Non ci vedo più...»
«...»
- - -

Capitolo scritto da Germano M. (Book and Negative blog)



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Impaginazione a cura di eBookAndBook
Grafica a cura di Giordano Efrodini