Washington DC
22 Aprile 2013
Ore 5.22
Dalle finestre del'Uffico Ovale, Mitt Romney guarda le luci delle auto sulla Ellipse Roadway, vaghe, oltre gli alberi, nella luce grigia.
Un'ora all'alba.
L'ora delle decisioni ineluttabili.
Si passa le mani sul viso, sospira, si volta.
Sulla scrivania, c'è la sua Bibbia aperta.
La superficie della scrivania è nera come il monolito di 2001.
la sfiora.
Il feed della NRO gli dischiude la vista satellitare su Admiral City,
con le griglie di scala, gli hot spot, i metadati. Niente audio.
Alla sua destra, si spalancano le sottofinestre dei newsfeed - CNN, FOXNews, AlJazeera, RT.
Su RT c'è Thom Hartmann.
Mitt lo odia, Hartmann.
Sposta la Bibbia e copre la faccia di quel nerd comunista.
I due generali con le giacche tappezzate di patacchine e il Segretario di Stato, in piedi al centro dell'Ovale, lo guardano e spostano il peso da un piede all'altro, impazienti, nervosi.
Stanchi.
Pronti per ciò che verrà.
Mitt chiude gli occhi solo un attimo.
A volte basta un attimo.
Entrare non è stato difficile.
Non è mai stato difficile.
Conosce bene i corridoi.
I tappeti rossi attutiscono i suoi passi, è sincronizzato con le telecamere della sicurezza e passa invisibile, giù, verso l'ala ovest, evitando segretarie che ronzano come calabroni per la troppa caffeina e passacarte assonnati persi a studiare i propri tablet.
In fondo al lungo il corridoio bianco i due uomini in nero non lo vedono arrivare.
Accelera.
Il primo gli dà le spalle, pessima idea, grave infrazione alle procedure.
Gli piazza un calcio alla piega del ginocchio, le cartilagini si spezzano, l'articolazione si disassa, il suono è forte, orribile, e quello si genuflette con un gemito.
Una mano sulla sua spalla, un volteggio, e, slam!, a piedi uniti sul petto dell'altro prima che possa metter mano al pezzo.
Lo sbatte indietro, contro la porta, oltre la porta sfondata, e atterra con lui nello Studio Ovale, ma in piedi, e lucido, e armato.
Puntando le due 1911A1 in fronte ai due generali, «Fossi in voi non farei un solo movimento,» dice, «gentiluomini.»
Due minuti.
E quaranta secondi.
Poi cominceranno a suonare gli allarmi.
«Buonasera, signor presidente,» dice.
Mitt apre gli occhi.
La porta del suo ufficio è sfondata.
Uno dei ragazzi del Servizio Segreto è a terra, rantola, fatica a respirare.
A centro stanza, un forsennato con un vecchio cappotto grigio e un cappellone floscio sta puntando due pistoloni cromati alla fronte di Anderson e van Houten.
«Buonasera, signor presidente,»" gli dice, con voce roca.
Il volto lungo e smagrito è mal rasato, le labbra sottili piegate in un sorriso storto. L'ombra della tesa del cappello gli nasconde completamente gli occhi.
«Di' al tuo staff che è un errore,» gli dice.
Mitt aggrotta la fronte. «Cosa...?»
Intercom. «Signore, abbiamo ricevuto un segnale...»
L'uomo in grigio annuisce, senza smettere di sorridere, senza abbassare le armi.
«È un errore,» dice Mitt.
«È tutto sotto controllo e non vuoi essere disturbato,» dice lo sconosciuto. Mitt lo ripete.
Lo sconosciuto fa un cenno al Segretario di Stato.
«Hickman, giusto?»
Quello annuisce e si siede come indicato.
Lui spinge sul divano i due generali.
E poi si avvicina alla scrivania.
Rinfodera la pistola sinistra e fa scorrere le dita sulla superficie nera del touch-screen.
Scrolla il capo.
«Mi ci hanno accoltellato, una volta, qui sopra.»
E Romney improvvisamente ricorda.
«Tu sei...» Ha la gola secca. «Tu sei Rebel Yell?!»
Cos'era, il 1939?
Un lampo di denti candidi. «Yee-haa, ragazzo!»
E senza voltarsi gambizza il generale van Houten.
«Generale Anderson,» dice, «dimostri ai marines che l'aeronautica è meglio, e dia un calcio all'arma del suo amico.»
«Noi non siamo amici,» dice Anderson.
Ride. «Le dia un calcio ugualmente.»
Il segretario di stato è rigido come una tavola.
«Cosa leggi di bello, Mitt? Posso chiamarti Mitt, vero? Ho sempre chiamato per nome i tuoi predecessori.»
Solleva la Bibbia. «Tessalonicesi 5, 2-3, pure sottolineato» dice, e fa una smorfia. «Prevedibile.»
Chiude la Bibbia.
La sbatte sulla scrivania.
Immagini e finestre dati tremolano.
«È proprio di questo che volevo parlarti, Mitt.»
«Tu dovresti essere morto,» dice Romney.
Rebel Yell ride. «L'erba cattiva... Un anno ogni quattro, ricordi? Non hai letto l'informativa Kirby-McNab? Sono solo più vecchio, più stanco e maledettamente più incazzato.»
Picchia con l'indice sul feed satellitare.
«Salazar Tower,» dice.
«È una questione di sicurezza nazionale,» mormora Hickman alle sue spalle.
L'uomo in grigio ride, e Mitt Romney sente un artiglio di ghiaccio scorrergli lungo la schiena.
Non ha mai visto una tale espressione di terrore sul volto di van Houten.
«È una questione di prospettive,» replica l'uomo in grigio. «Io nella Salazar Tower ci vedo il più grande bordello degli ultimi settant'anni, roba che al confronto gli Ubermensch di Hitler erano scout.»
Romney ancora non riesce a vedere i suoi occhi ma li sente su di se, roventi.
«Tu invece ci vedi un'opportunità, vero?»
Allarga le braccia, si appoggia alla scrivania.
Vicino.
Sotto al cappotto con la pellegrina indossa una casacca grigia, coi bottoni d'argento, e pantaloni blu. Ha una bandoliera che gli attraversa il petto, e due fondine con le Colt 1911 in posizione rovesciata.
«Tu ci vedi un buon modo,» dice, in un sussurro tagliente come un rasoio, «per avere tutti i potenziati nello stesso posto, sul territorio nazionale, e abbastanza distratti da poterli eliminare tutti in un solo colpo, vero, Mitt? Liberarti di quei piccoli dei, e poi dire che è stata una misura d'emergenza, per contenere Midnight.»
Romney ha un guizzo, prova ad alzarsi ma Rebel Yell lo risbatte indietro, sulla sedia presidenziale.
«Ve la siete pensata bene, tu ed i tuoi amichetti, eh, Mitt?»
Fa scorrere lo sguardo sui due generali, quello ferito e quello immobile come una statua, sul segretario di stato, che suda copiosamente, e poi torna a inchiodare il presidente con quei suoi occhi nascosti nell'ombra.
«Chiudete i silos, richiamate le unità orbitali, e lasciate che questa faccenda la gestiscano i ragazzi,» dice. «Che imparino, che non è reality show, non è propaganda, che non sono dei. Noi ci limiteremo a osservare, ad assicurarci che non ci siano,» sorride, «interferenze.»
«Voi?»
«L'erba cattiva, Mitt, ricordi? Teleforce, Wardenclyffe, New Jersey, nel 26? Pensi davvero che sia da solo?»
Cala il silenzio.
Rebel Yell si avvia verso la porta, portando la mano al cappello in un antiquato segno di saluto.
«Ultimo avviso: siamo là fuori e osserviamo,» dice, e si ferma, si volta. «E se solo ti provi a schiacciare quel bottone rosso, Mitt,» dice, «ti strappo l'anima e me la mangio.»
Un sorriso.
«Ma prima ti faccio male da impazzire,» aggiunge.
E se ne va.
Tutti cominciano a parlare troppo forte e troppo rapidamente.
«Silenzio,» strilla ciò che resta del Presidente degli Stati Uniti. Silenzio.
«Anderson, dia una mano al ragazzo,» dice, indicando l'uomo della sicurezza. «E lei, Hickman, chiami qualcuno per tamponare la gamba di Jesse, qui. E poi richiamate la Direttiva Wildfire.»
Van Houten prova a protestare, ma Hickman lo tira in piedi strappandogli uno strillo.
«Niente discussioni, signori. La situazione a Puerto Rico è stata momentaneamente sottratta al nostro controllo.»
Ha bisogno di un whisky.
Doppio.
22 Aprile 2013
Ore 5.22
Dalle finestre del'Uffico Ovale, Mitt Romney guarda le luci delle auto sulla Ellipse Roadway, vaghe, oltre gli alberi, nella luce grigia.
Un'ora all'alba.
L'ora delle decisioni ineluttabili.
Si passa le mani sul viso, sospira, si volta.
Sulla scrivania, c'è la sua Bibbia aperta.
La superficie della scrivania è nera come il monolito di 2001.
la sfiora.
Il feed della NRO gli dischiude la vista satellitare su Admiral City,
con le griglie di scala, gli hot spot, i metadati. Niente audio.
Alla sua destra, si spalancano le sottofinestre dei newsfeed - CNN, FOXNews, AlJazeera, RT.
Su RT c'è Thom Hartmann.
Mitt lo odia, Hartmann.
Sposta la Bibbia e copre la faccia di quel nerd comunista.
I due generali con le giacche tappezzate di patacchine e il Segretario di Stato, in piedi al centro dell'Ovale, lo guardano e spostano il peso da un piede all'altro, impazienti, nervosi.
Stanchi.
Pronti per ciò che verrà.
Mitt chiude gli occhi solo un attimo.
A volte basta un attimo.
Entrare non è stato difficile.
Non è mai stato difficile.
Conosce bene i corridoi.
I tappeti rossi attutiscono i suoi passi, è sincronizzato con le telecamere della sicurezza e passa invisibile, giù, verso l'ala ovest, evitando segretarie che ronzano come calabroni per la troppa caffeina e passacarte assonnati persi a studiare i propri tablet.
In fondo al lungo il corridoio bianco i due uomini in nero non lo vedono arrivare.
Accelera.
Il primo gli dà le spalle, pessima idea, grave infrazione alle procedure.
Gli piazza un calcio alla piega del ginocchio, le cartilagini si spezzano, l'articolazione si disassa, il suono è forte, orribile, e quello si genuflette con un gemito.
Una mano sulla sua spalla, un volteggio, e, slam!, a piedi uniti sul petto dell'altro prima che possa metter mano al pezzo.
Lo sbatte indietro, contro la porta, oltre la porta sfondata, e atterra con lui nello Studio Ovale, ma in piedi, e lucido, e armato.
Puntando le due 1911A1 in fronte ai due generali, «Fossi in voi non farei un solo movimento,» dice, «gentiluomini.»
Due minuti.
E quaranta secondi.
Poi cominceranno a suonare gli allarmi.
«Buonasera, signor presidente,» dice.
Mitt apre gli occhi.
La porta del suo ufficio è sfondata.
Uno dei ragazzi del Servizio Segreto è a terra, rantola, fatica a respirare.
A centro stanza, un forsennato con un vecchio cappotto grigio e un cappellone floscio sta puntando due pistoloni cromati alla fronte di Anderson e van Houten.
«Buonasera, signor presidente,»" gli dice, con voce roca.
Il volto lungo e smagrito è mal rasato, le labbra sottili piegate in un sorriso storto. L'ombra della tesa del cappello gli nasconde completamente gli occhi.
«Di' al tuo staff che è un errore,» gli dice.
Mitt aggrotta la fronte. «Cosa...?»
Intercom. «Signore, abbiamo ricevuto un segnale...»
L'uomo in grigio annuisce, senza smettere di sorridere, senza abbassare le armi.
«È un errore,» dice Mitt.
«È tutto sotto controllo e non vuoi essere disturbato,» dice lo sconosciuto. Mitt lo ripete.
Lo sconosciuto fa un cenno al Segretario di Stato.
«Hickman, giusto?»
Quello annuisce e si siede come indicato.
Lui spinge sul divano i due generali.
E poi si avvicina alla scrivania.
Rinfodera la pistola sinistra e fa scorrere le dita sulla superficie nera del touch-screen.
Scrolla il capo.
«Mi ci hanno accoltellato, una volta, qui sopra.»
E Romney improvvisamente ricorda.
«Tu sei...» Ha la gola secca. «Tu sei Rebel Yell?!»
Cos'era, il 1939?
Un lampo di denti candidi. «Yee-haa, ragazzo!»
E senza voltarsi gambizza il generale van Houten.
«Generale Anderson,» dice, «dimostri ai marines che l'aeronautica è meglio, e dia un calcio all'arma del suo amico.»
«Noi non siamo amici,» dice Anderson.
Ride. «Le dia un calcio ugualmente.»
Il segretario di stato è rigido come una tavola.
«Cosa leggi di bello, Mitt? Posso chiamarti Mitt, vero? Ho sempre chiamato per nome i tuoi predecessori.»
Solleva la Bibbia. «Tessalonicesi 5, 2-3, pure sottolineato» dice, e fa una smorfia. «Prevedibile.»
Chiude la Bibbia.
La sbatte sulla scrivania.
Immagini e finestre dati tremolano.
«È proprio di questo che volevo parlarti, Mitt.»
«Tu dovresti essere morto,» dice Romney.
Rebel Yell ride. «L'erba cattiva... Un anno ogni quattro, ricordi? Non hai letto l'informativa Kirby-McNab? Sono solo più vecchio, più stanco e maledettamente più incazzato.»
Picchia con l'indice sul feed satellitare.
«Salazar Tower,» dice.
«È una questione di sicurezza nazionale,» mormora Hickman alle sue spalle.
L'uomo in grigio ride, e Mitt Romney sente un artiglio di ghiaccio scorrergli lungo la schiena.
Non ha mai visto una tale espressione di terrore sul volto di van Houten.
«È una questione di prospettive,» replica l'uomo in grigio. «Io nella Salazar Tower ci vedo il più grande bordello degli ultimi settant'anni, roba che al confronto gli Ubermensch di Hitler erano scout.»
Romney ancora non riesce a vedere i suoi occhi ma li sente su di se, roventi.
«Tu invece ci vedi un'opportunità, vero?»
Allarga le braccia, si appoggia alla scrivania.
Vicino.
Sotto al cappotto con la pellegrina indossa una casacca grigia, coi bottoni d'argento, e pantaloni blu. Ha una bandoliera che gli attraversa il petto, e due fondine con le Colt 1911 in posizione rovesciata.
«Tu ci vedi un buon modo,» dice, in un sussurro tagliente come un rasoio, «per avere tutti i potenziati nello stesso posto, sul territorio nazionale, e abbastanza distratti da poterli eliminare tutti in un solo colpo, vero, Mitt? Liberarti di quei piccoli dei, e poi dire che è stata una misura d'emergenza, per contenere Midnight.»
Romney ha un guizzo, prova ad alzarsi ma Rebel Yell lo risbatte indietro, sulla sedia presidenziale.
«Ve la siete pensata bene, tu ed i tuoi amichetti, eh, Mitt?»
Fa scorrere lo sguardo sui due generali, quello ferito e quello immobile come una statua, sul segretario di stato, che suda copiosamente, e poi torna a inchiodare il presidente con quei suoi occhi nascosti nell'ombra.
«Chiudete i silos, richiamate le unità orbitali, e lasciate che questa faccenda la gestiscano i ragazzi,» dice. «Che imparino, che non è reality show, non è propaganda, che non sono dei. Noi ci limiteremo a osservare, ad assicurarci che non ci siano,» sorride, «interferenze.»
«Voi?»
«L'erba cattiva, Mitt, ricordi? Teleforce, Wardenclyffe, New Jersey, nel 26? Pensi davvero che sia da solo?»
Cala il silenzio.
Rebel Yell si avvia verso la porta, portando la mano al cappello in un antiquato segno di saluto.
«Ultimo avviso: siamo là fuori e osserviamo,» dice, e si ferma, si volta. «E se solo ti provi a schiacciare quel bottone rosso, Mitt,» dice, «ti strappo l'anima e me la mangio.»
Un sorriso.
«Ma prima ti faccio male da impazzire,» aggiunge.
E se ne va.
Tutti cominciano a parlare troppo forte e troppo rapidamente.
«Silenzio,» strilla ciò che resta del Presidente degli Stati Uniti. Silenzio.
«Anderson, dia una mano al ragazzo,» dice, indicando l'uomo della sicurezza. «E lei, Hickman, chiami qualcuno per tamponare la gamba di Jesse, qui. E poi richiamate la Direttiva Wildfire.»
Van Houten prova a protestare, ma Hickman lo tira in piedi strappandogli uno strillo.
«Niente discussioni, signori. La situazione a Puerto Rico è stata momentaneamente sottratta al nostro controllo.»
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posso dire solo : WOW!
RispondiEliminaE io posso solo aggiungere:STRAWOW!
RispondiEliminaAh, finalmente la risposta all'agglomerato di Super!
RispondiEliminaEpic win del dottor Mana.
RispondiEliminaEpic win per il Rebel Yell "intimidatorio" come nella sua vera accezione storica.
Cavolo. Senza fiato. Asciutto, essenziale, diritto al punto. E che si vuole di più dalla vita? (chi dice un lucano, è morto ^^)
RispondiEliminaUn Bayles?
Elimina- scusate, sono stato tentato dal commento idiota -
Scusato, tranquillo ^^
EliminaUn Montenegro, liscio ^^
EliminaStupendo capitolo. :o
RispondiEliminaGrazie a tutti.
RispondiEliminaIl setting è ottimo, l'atmosfera della storia funziona - diventa facile scrivere qualcosa di decente.
Beh, grazie per i complimenti sul setting :) Mi unisco al coro di apprezzamenti per Rebel Yell!
EliminaOttimo capitolo d'intermezzo, che spezza l'azione sottolineando il fatto che i Super non sono nati con gli esperimenti sulla Teleforce.
RispondiEliminaIl fatto che "tutti" i Super si ritrovino alla Salazar Tower è forse eccessivo, ma sicuramente i "principali" ci sono.
Bene, bene, bene!
Fantastico! Di più non si può dire. Da la giusta dose di informazioni e apre uno scenario interessante, dando una visione di quello che vuol fare il caro Romney. E Rebel Yell, mi ricorda il Santo degli Assassini del fumetto Preacher. Fantastico!
RispondiEliminaRebel Yell è un fico! Bel capitolo!! :)
RispondiEliminaBella mossa! In un solo colpo hai sistemato questioni che gravano sulla trama, come il perché della concentrazione di Super a Admiral City al di là dell’influenza dei Salazar, visto che comunque sono il Gruppo USA e non il loro manipolo privato, insieme a un bello stop all’interventismo statunitense per chiudere la faccenda tra Super. Ci sono anche spunti interessanti sulla politica dietro i super umani, l’atteggiamento internazionale e le posizioni – autentiche o dichiarate – dei singoli governi. Ci voleva, aumenta lo spessore invitando a ragionare in modo più globale e un tantino paranoico – che non guasta – sul quadro generale. Mi piace. Rebel Yell poi è un figo.
RispondiEliminaOttimo lavoro, molti fili tirati e la storia generale riportata su un binario dopo molta dispersione. Chapeau, doktor Mana. E ora sotto a chi tocca! Ricordatevi che dovete scongiurare il meteorite…
RispondiEliminaAggiungerei i pubblici ringraziamenti a Giordano Efrodini per aver disegnato Rebel Yell così come lo vedete nell'immagine di questo capitolo ;)
RispondiEliminaGrazie, è stato un piacere come al solito. :)
EliminaGrandissimo, Davide.
RispondiEliminaE non solo per Rebel Yell che mi sembra un gran personaggio, ma anche per aver dato una spiegazione alla questione dell'accumulo dei Super. Ottimo.
Ciao,
Gianluca
Grandissimo capitolo!
RispondiEliminaImmagino già le statistiche google che evidenziano una deviazione dalla media statistica delle ricerche con oggetto "tessalonicesi 5"! Ottima trovata!
Un incrocio tra Spirit e Rorschach, cattivo come il Comico... Molto interessante :-)
RispondiEliminaBravissimo.
Barney
Sono senza parole... forse il miglior capitolo fino a questo momento!
RispondiEliminaBravo Davide, in poco hai sistemato un sacco di cose che andavano riviste e, mi auguro, da adesso in poi tutto prende una piega davvero diversa.
Rebel Yell è un fico da paura!
Ci sono due refusi. C'è scritto "Romnei" con la i invece che la y e poi c'è una virgola al posto di un punto qualche riga sotto
RispondiEliminaGrande capitolo Davide!
RispondiEliminaIl migliore finora.:)
Questo è un pezzaccio! E' il miglior capitolo scritto fino ad ora! Bello Rebel Yell e bella la storia in sè e la visione dei fatti che ha il presidente degli Stati Uniti. Tecnicamente non ho nulla da dire. Solo non mi piace quel "E se ne va" che glissa paurosamente sull'uscita di scena di Rebel Yell. Io avrei voluto vederla!
RispondiEliminaNessuno l'ha vista.
EliminaMolti l'hanno immaginata. ;-)
(e poi, c'è un limite di lunghezza, in questa corsa)
Io voglio lo spin off soft erotico con Libby e Rebel Yell, qualcosa dal titolo "The rebel side of the moon". Non so perché, ma lo voglio :)
RispondiEliminaGrande Davide! Dall'autore della Faina non potevo aspettarmi di meno:) L'intimidazione al Presidente Usa mi ha ricordato Obi wan Kenobi che convince gli stormtrooper che "questi non sono i droidi che stiamo cercando".
RispondiEliminaPremio per il miglior capitolo e il miglior personaggio... e come potersi aspettare diversamente?
RispondiEliminaChissà se Rebel sarà solo un intermezzo, o ritornerà in gioco nel capitolo di qualcun altro. Certo che i fili da intrecciare iniziano a essere parecchi, spero che poi gli autori successivi saranno in grado di farlo...
Capitolo divertente e scritto al solito con un ottimo stile...(stile che ti invidio ogni volta che leggo quello che scrivi!maledetto!)
RispondiEliminaEppoi uso pieno e perfetto del numero delle parole consentite...altra cosa su cui ho sempre dei problemi...
Grande Davide!
Tanta roba Davide, complimenti.
RispondiEliminaNotevole. L'apertura ai poteri forti è molto apprezzata, compresa la loro caratterizzazione. In quanto a dettagli, è il miglior capitolo letto!
RispondiEliminaE siamo solo a sette...
Aspettavo con ansia quetso capitolo, bellissimo!
RispondiEliminaPeccato che poi Rebel Yell non sia per Billy Idol, ma in ogni caso: BRAVO!!!
Salve a tutti.
RispondiEliminaScrivo per farvi i miei più sentiti complimenti per il progetto.
All'inizio ammetto che ero un po' scettico, visto il numero dei partecipanti e la conseguente (ed inevitabile) difficoltà di coordinare il tutto per rendere plausibile la storia.
Invece ho divorato tutti i capitoli, uno più bello dell'altro.
La storia assume una certa complessità fin dall'inizio, quindi non oso pensare a cosa succederà in futuro...
Uno degli innegabili vantaggi della scrittura collettiva (forse il più rilevante) è infatti la fantasia sfrenata che si puo' disporre. In questo caso più di 30 brillanti menti faranno di tutto per essere al livello dei precedenti capitoli.
Mi complimento ancora per l'iniziativa, sperando che in futuro ne seguiranno altre di questo genere.
Sto pensando di cimentarmi in uno spin off della serie, usando il vostro background e creando nuovi personaggi. Purtroppo non possiedo il vostro talento nella scrittura, ma alla fine quello che conta è il divertimento nello scrivere la storia, sperando che questo piacere arrivi anche ai lettori.
Ottimo lavoro, nell'attesa dei prossimi capitoli mi fiondo a leggere gli spin off già usciti!