mercoledì 11 settembre 2013

Capitolo 26 - Stagione 2 (di Angelo Benuzzi)


23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:31

Voci. Soltanto voci, dentro e fuori la sua testa.  Gaia, Rebel Yell, Kedives, le poche sillabe incoerenti dell'agonia di Grant. Persino il respiro affettato di Libby ha una voce per lei. Attraverso una lente azzurra di Teleforce sente tutto quello che accade all'interno della montagna.  Solo una lacrima segna il trapasso sereno di Bannon, un guerriero fedele vissuto molto oltre il suo tempo.
Mentre attorno a lei tutti discutono della fine del mondo, lei ascolta. 
Le lente vibrazioni di esseri in animazione sospesa, che una volta erano uomini e donne prima di mutare per la Teleforce. Le loro forme-pensiero, lente come il movimento dei ghiacciai, che confluiscono verso il loro mentore. E la SUA voce. Un brontolio magmatico al limite della sua percezione. La vuole con sé. La vuole ora. 

* * *

23 Ottobre 2013
Profondità del Monte Olimpo
Ore 10.31

E' stato facile. Ogni volta diventa più facile per lui. Il lento sorriso, i gesti cesellati nei decenni precedenti come Blackjack e familiari a tutti i super “buoni” del mondo. Anche Sibir si era fidata, aveva accettato la sua mano tesa, dopo che gli aveva visto disperdere il nuovo American Dream come un pugno di polvere. Come Uranium. Come quel pazzo di Ross. 
Appoggia con cura i resti dell'esoscheletro del suo ex comandante, giusto sotto il massiccio contenitore al centro della sala.  Livellamento quantico. Qualsiasi cosa volesse dire, le immagini che aveva preso dalla mente di Ross erano più che sufficienti per toglierli i dubbi sulla sua efficacia.
L'essere conosciuto come Blackjack era talmente saturo di potere da essere ai limiti dell'esistenza fisica, gli era necessario uno sforzo continuo per non trasformarsi in luce e calore.

* * *

23 Ottobre 2013
Profondità del Monte Olimpo, dentro la capsula
Ore 10.31

La creatura dentro la capsula percepisce l'universo come manifestazione di energia. Concetti come tempo o spazio-tempo non hanno significato, esistono solo le manifestazioni e le distorsioni delle forze che tengono insieme questo universo. Attorno a sé sente le manifestazioni ultime di questo angolo di continuum, due strutture talmente sature di potere da piegare l'intero piano della realtà. Sta chiamando a sé la prima, il secondo stenta a mantenere la percezione della propria esistenza. Un semplice pensiero disabilita il congegno lasciato dalla cosa-Blackjack, un altro inizia l'apertura della  capsula. Questo pianeta ha esaurito il suo compito.

* * *

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:32

Rebel Yell ricarica con calma una delle sue pistole, uno dei tanti rituali che contribuiscono a mantenere la sua sanità mentale in momenti difficili. La follia di Gaia è tale da togliergli il respiro. Pur avendo visto il futuro, i possibili futuri, ha voluto fare tutto questo. Quanti morti? Migliaia? Milioni? Quanti ancora prima della fine di quella maledetta giornata? 
Lo stesso orrore è nell'espressione di Libby. Ha ascoltato ogni parola di Gaia e per la prima volta nella sua vita non sa più cosa fare. La sua stessa vita le pare inutile, vuota.  Che senso ha avuto battersi, soffrire, vivere come ha fatto?
Un rumore. Secco. Improvviso.
All'ingresso della sala è apparsa una figura dai contorni incerti, sembra irradiare potere ad ogni passo. A un livello profondo, totalmente istintivo, sia Rebel Yell che Lady Liberty percepiscono la minaccia. E reagiscono.
Quattro pallottole calibro .45” sono già in viaggio quando Libby scatta verso il nuovo venuto.
Poi tutto finisce.
Una solida parete ha preso il posto dell'ingresso.
Le quattro ogive sono sospese in aria, a pochi centimetri da essa.
Lady Liberty è svanita.

* * *

23 Ottobre 2013
Salonicco – Residenza privata
Ore 10:32

Gaia fissa il monitor del computer, la mente cristallizzata nei pensieri vissuti e rivissuti innumerevoli volte negli anni passati. Vorrebbe dire qualcosa, congedarsi dall'esistenza con un ultima battuta. Valerie la guarda attraverso la lente della telecamera.
La borsa di coccodrillo cade sul tappeto.

* * *

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:32

Rebel Yell è ancora in posizione di fuoco, lenti riccioli di fumo azzurrino che escono dai fori di volata. Per la prima volta in tutta la sua vita sente il vuoto allo stomaco che preannuncia il panico.
Lentamente abbassa le braccia e si gira. 
Nella stanza ci sono solo lui e Valerie. 
Tutto il resto è svanito.
«E ora che succede ragazzina? A chi tocca?»
Lei lo guarda, è talmente disperata da toccare il cuore di una statua.
«Reb, io ricordo cosa è successo a Kobe. Alla fine. Ricordo i suoi occhi.»
Un tremito attraversa l'intera montagna, l'essere che una volta si chiamava Blackjack sta cercando entrare.
Valerie si distrae per un momento, guarda nella direzione dov'era la porta. La vibrazione cessa di colpo.
«Ho paura Reb. Di quella cosa che c'è la sotto. Vuole portarmi con sé e portare via dalla Terra la Teleforce.»
Lui rinfodera le pistole e le si avvicina. Si toglie il cappello e si accovaccia davanti a lei, offrendole la vista dei suoi occhi e di un viso segnato da un'esistenza oltre i limiti umani.
«Ti ricordi di Kobe. Vuoi davvero che succeda di nuovo?»
Lei annuisce. Comincia a tremare.
«Bene. Allora andiamo ad Edimburgo. Puoi portarci lag...»
Non finisce la frase. La sala ora è vuota.

* * *

23 Ottobre 2013
Profondità del Monte Olimpo, dentro la capsula
Ore 10.32

La capsula è aperta ma la creatura non esce. Qualcosa non va. Ha percepito lo spostamento del suo obiettivo e la scomparsa dall'esistenza dell'altra struttura vivente. Il reflusso di Teleforce è stato tale da scuoterlo. Attorno a sé sente come l'intera fabbrica della realtà stia vibrando. Tende i suoi sensi sull'intera superficie del pianeta e ritrova il suo obiettivo. Che sta facendo?

* * * 

23 Ottobre 2013
Edimburgo, Royal Mile. Cafè Central.
Ore 08.32

Eyes without a face riesce a mantenere il tradizionale aplomb britannico in quasi tutte le situazioni, è una delle sue capacità distintive. Vedersi apparire Reb e Valerie sulle due sedie libere al suo tavolo  ne ferma solo per un istante l'azione. Sorride ad entrambi e continua a sorbire il succo d'arancia mattutino.
«Volete fare colazione?»
Nessuno dei due risponde. In sottofondo il televisore del locale continua a diffondere le notizie del mattino della BBC.
Reb fa un cenno e Valerie cerca di fissare i suoi occhi con grande insistenza. Non ci vuole molto a capire.
«Cosa devi dimenticare bambina? Se dovessi ripetere quello che ho fatto potrebbe essere davvero troppo da sopportare per te.»
Non c'è risposta. La supplica è così grande da passare le barriere dell'empatia.
Eyes la fissa. Di solito gli basta un secondo o due per fare un lavoro profondo. Questa volta continua. Come a Kobe. Come prima di Kobe.

* * *

23 Ottobre 2013
Edimburgo, Royal Mile. Cafè Central.
Ore 08.32

Valerie si tuffa negli occhi di Eyes. Di che colore sono? Grigi? Neri? Verdi? Non ricorda più, non sa neppure più dove si trova. Sente da un lato la tremenda pressione della cosa in Grecia, dall'altro quello che costituisce la sua identità che viene disperso nelle ombre del suo cervello.
Per l'ultima volta si tende,sfiora le pieghe dello spazio-tempo e le strattona. Uno strappo secco.

* * *

10 Settembre 2013
Edimburgo, Royal Mile. Cafè Central.
Ore 08.32

Reb fissa incredulo la tazza di tè che ha in mano. Leva gli occhi per incontrare quelli di Eyes, vi ritrova la stessa espressione stupita. Il locale attorno a loro è lo stesso che ricorda, persino il mormorio in sottofondo dello speaker del telegiornale. Nessun segno di Valerie.
Per abitudine si concentra sulla voce del giornalista.
«E ora il consueto spazio dedicato alle gesta dei super eroi. Questa mattina il presidente Obama ha incontrato alla Casa Bianca i responsabili del team START per il consueto briefing settimanale. L'argomento è sempre la difficile situazione siriana e la presenza accertata della russa Sibir a Damasco...»
Sullo schermo un viso. Quello di American Dream. Quel tizio proprio non voleva saperne di rimanere morto.


FINE


[un sentito ringraziamento ad Alessandro Girola per aver creato tutto questo, a chi mi ha preceduto in questa round robin e a chi ha seguito questa avventura collettiva.]
[n.b. Ringrazio per il fattivo supporto il Sig. Ibuprofene, il Sig. Sale di arginina, la Sig.ra Amoxicillina e il Sig. Acido clavulanico; senza di voi non ce l'avrei fatta.]

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Capitolo scritto da Angelo Benuzzi


mercoledì 4 settembre 2013

Capitolo 25 - Stagione 2 (di Angelo Sommobuta Cavallaro)


22 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:29

Il presidente Kedives non riusciva a smettere di ridere, e la sua risata convulsa riecheggiava tra le pareti della stanza. 
Solo adesso si rendeva conto del quadro generale. 
Solo adesso si rendeva conto di come sarebbero andate le cose. 
Solo adesso si rendeva conto di come tutti erano stati giocati.
Compreso lui.
«Non avete capito niente», sogghignò ai suoi ospiti. «Non avevo capito niente…»
I neon tornarono ad accendersi con un ronzio metallico, i generatori d’emergenza infusero nuova energia elettrica all’intero impianto.
«Che cosa significa?», gli domandò di nuovo Yell, la pistola sempre puntata alla sua testa. 
Kedives esplose in una nuova risata.
Yell esplose il colpo.
Kedives avvertì un dolore atroce all’altezza del ginocchio sinistro, un attimo dopo aver udito lo sparo. Gemette. Poi il rantolo di dolore si tramutò nell’ennesima sghignazzata nervosa.
«Per l’ultima volta», disse Yell, tornando a mirare all’altezza della fronte, il tono di voce glaciale, «Che cosa significa?»
Kedives non rispose. Indicò il grande schermo, che si era acceso da solo.
Dopo lo sfarfallio iniziale, l’immagine era divenne nitida.
Una donna bionda, sulla trentina, se ne stava seduta su di una poltrona in pelle nera. Le gambe accavallate erano coperte da autoreggenti a righe. Il tailleur rosso, ben abbinato con una borsa di coccodrillo appoggiata alla sua destra, disegnava i contorni di un corpo sensualissimo. 
Kedives chiuse un istante gli occhi. 
Era finita. 
«Bel lavoro, Gino», disse la donna, sfoggiando un sorriso ampio e luminoso. «Non potevo aspettarmi di meglio, da te.»
Yell sgranò gli occhi. Sembrava incredulo. «Tu?»
«Anche per me è un piacere rivederti, mio caro. Quanti anni sono passati dall’ultima volta?»

***

1 Gennaio 1975
Da qualche parte a San Juan – Porto Rico

Il Ribelle fu l’ultimo ad arrivare. 
Prese posto, e senza perdersi in saluti e convenevoli, tirò fuori un plico dalla bisaccia che portava a tracolla e lo sbatté sul tavolo. 
L’uomo che avevano cominciato a chiamare “Sogno Americano” inarcò un sopracciglio. «Che roba è?»
Il Buffone ghignò. «Già, che roba è?»
«Un vecchio giocattolino di Moore. Un satellite che, dalla fascia di Clarke, invia continuamente segnali a ripetitori localizzati qui sulla terra.»
«E quindi?», domandò American Dream.
«E quindi date un’occhiata ai ripetitori.»
American Dream aprì il plico. Si ritrovò tra le mani diversi fogli e numerose fotografie.
Il Jolly ridacchiò.
«Che scherzo è questo, Yell?», chiese American Dream. Indicò una delle foto che aveva davanti. «Che cosa dovremo farci con Clark Gable?»
Yell sospirò. «Quello non è Clark Gable. Quello è un androide. O meglio, uno dei ripetitori.»
American Dream corrugò la fronte. «Come, scusa?»
Una voce femminile risuonò dal nulla. «Io te l’avevo detto che non dovevamo fidarci di quel pazzo…»
Yell voltò la testa alla sua destra. «Incredibile. Ti sei degnata anche tu. Bentrovata.»
La donna bionda col tailleur rosso si fece avanti. «È sempre un piacere venire a questi piccoli randes vouz, mio caro. D’altronde il Protocollo non ha mai funzionato a dovere.»
«Ecco perché abbiamo formato la Cabala!», esclamò Jolly. «Matt è il Braccio, Yell la Mente, tu il Controllore, e io…»
«E tu sei il Buffone, lo sappiamo», sospirò la donna. «È stato un errore affidare a Moore il progetto Devanagari del dottor Gupta. E questo è stato il risultato. Abbiamo abbattuto il superuomo tedesco, abbiamo vinto la guerra. E abbiamo permesso a un mostro pazzoide di attentare alla nostra sicurezza nazionale. Il satellite di Moore è una sorta di supercomputer. Invia segnali continui ai suoi ripetitori, a queste specie di automi. E in cambio riceve e accumula informazioni.»
«Che genere di informazioni?», chiese American Dream.
«Di quelle che piacciono a Salazar», disse Yell. «Il nostro amico ha messo le mani sul satellite di Moore, ha decriptato le informazioni dei ripetitori e ha tracciato una mappa di alcune delle più importanti fonti di Teleforce del mondo. D’altronde Moore ha utilizzato nuclei di Teleforce per costruire i suoi ripetitori, quindi sapeva dove trovare l’energia che gli serviva. E gli esperimenti di due anni fa di Salazar sono figli di queste informazioni. Gli è bastato utilizzare solamente la formula di Tesla per maneggiare la Teleforce al meglio. E il risultato, purtroppo, lo conosciamo tutti.» 
«E c’è di più», disse la donna. «Gli esperimenti di Salazar con la Teleforce sono solo l’inizio. Io ho visto tutto, Yell. Ho visto i piani degli scienziati di Salazar e ho visto i progetti della divisione del dottor Grant. Se riuscissero a realizzare sul serio quello che hanno teorizzato…»
«Tu puoi vederlo, Gaia», fece Yell. «Puoi vedere di persona se ci riusciranno. Puoi vedere quello che sarà.»
«Te l’ho detto, mio caro», disse Gaia. «Io ho già visto tutto.»

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22 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:30

«Pensavo fossi morta nell'esplosione della centrale di Kobe dopo quell’ultimo incontro, Gaia», disse Yell. «Invece ti sei salvata. Hai infranto la tua regola e hai visto il tuo stesso futuro. È così che andata, non è vero?» 
Gaia annuì. «Già.»
«Non pensavo che ti avrei mai più rivista.»
«Nessuno conosce il proprio futuro, mio caro.»
«Nessuno tranne te», replicò il Ribelle. 
«Ed è una maledizione. Nel corso dei miei viaggi ho conosciuto solo una persona con un potere simile al mio. Anzi, un potere superiore, che lo consumava ad ogni utilizzo. Ma evidentemente è il prezzo che si paga per avere il controllo sul multiuniverso, oltre che sullo spazio-tempo.»  
«Tu invece sei sempre uguale», puntualizzò Yell.
«Come te, mio caro.»
«Non riesco a capire come tu abbia a che fare con tutto questo, Gaia.»
«Invece lo sai già, mio caro», disse lei sorridendo. «Te l’avevo detto. Io avevo già visto tutto. Avevo visto cosa sarebbe stato. E purtroppo avevo visto cosa avrei fatto, perché l’avevo già fatto. Avevo visto questo momento che stiamo vivendo ora. Avevo visto quello che sarà. In questi anni ho cercato di impedirlo con tutte le mie forze, ma come mi è stato detto, come mi è stato insegnato, non si può modificare una linea temporale. E la nostra era già segnata.»



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3 Febbraio 2013
Santorini, Grecia

Aran si rilassò sulla poltrona. «Sono contento di averti incontrata finalmente di persona, ma ho deciso di rifiutare la tua offerta. Quindi no, non sarò dei vostri.»
Gaia scrollò la testa. «Perché? Se tu ti unissi a noi eviteremmo la catastrofe. Tu stesso l’hai detto. Tu stesso l’hai visto in uno dei tuoi viaggi. Se tu sarai con me, il piano della Hypotethical andrà a buon fine, le divinità di Grant polverizzeranno gli eserciti di tutto il mondo. E a fronte di una giornata di sangue garantiremo al nostro mondo pace, stabilità e sicurezza. E un futuro. Un futuro che tu stai precludendo per un tuo capriccio.»
Aran socchiuse gli occhi. «Dimmi, Gaia: è così che andranno le cose? Questo piano divino andrà a buon fine? Oppure hai visto qualcosa di diverso?»
Gaia non rispose.
Aran sorrise. «Tu hai visto la fine del mondo, vero?»
Gaia annuì.
«Raccontamela», disse Aran.
E Gaia raccontò. 
Aran la ascoltò con interesse, e quando la donna ebbe finito, si strinse nelle spalle. «Lo vedi? Non c’è nulla che possiamo fare. Questo è l’universo dove io muoio. Perché ho deciso di non uccidere migliaia di persone. Non mi interessa se da qualche parte, in un altro universo, un altro me abbia appena deciso il contrario e si sia unito a te. Tu hai visto un futuro preciso. Ed è così che le cose devono andare qui. Io posso navigare tra le infinite pieghe create dalle variabili dello spazio e del tempo. Ma ognuna di quelle infinite variabili rappresenta un punto fisso di un universo ben preciso.»
«Allora creiamo una nuova variabile e cambiamo il futuro!», urlò Gaia.
Aran scrollò la testa. «Purtroppo non funziona così. Nel momento in cui tu hai visto quel futuro, nel momento esatto in cui hai visto come andranno le cose, hai già creato una variabile nella linea temporale del tuo mondo. Hai creato un punto fisso nella storia di questo universo, modellando un futuro incontrovertibile. Non c’è più nulla che tu possa fare. Puoi solo traghettare il mondo verso la fine.»  
  
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22 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:31

«Non ci è voluto molto tempo ad accumulare ricchezze ingenti con le mie conoscenze», disse Gaia. «La Hypothetical, che io ho fondato e messo nella mani di Gino, aveva come scopo quello di creare un’ulteriore variabile, per tentare di modificare gli eventi futuri. E fino a prima che apparisse di nuovo quella ragazza, pensavo di esserci riuscita.» 
Yell lanciò un’occhiata a Valerie, che da qualche minuto si è seduta sul pavimento, le braccia penzoloni, gli occhi vacui.
«Dimmi, mio caro. Quando hai visto cos’era in grado di fare quella ragazza, non hai pensato che fosse troppo potente?  Non hai pensato che ci fosse in lei un qualcosa che non andava? Probabilmente quella ragazza vi avrà raccontato di essere una specie di aborto scientifico, un esperimento andato a male. Ma non è così. È tutto l’opposto. Lei è il più grande successo di Grant, il vero motivo della rottura tra lui e Salazar, poiché racchiude in sé tutti i codici genetici dei più potenti super mai creati a questo mondo. Lei è il motivo dell’incidente alla centrale di Kobe. Lei ha fatto saltare tutto in aria, e poi è scomparsa chissà dove per tutti questi anni. Fino a qualche giorno fa. La sua mente è un macello, i suoi pensieri, i suoi ricordi, sono sconvolti. Si è creata un mondo tutto suo, una vita che non le appartiene, una qualcosa che non esiste. Con un solo pensiero può alterare, modificare, distruggere e ricreare la realtà che ci circonda. Ed è quello che farà tra pochi minuti, Yell. Non se ne renderà nemmeno conto. Un battito di ciglia, e cancellerà l’esistenza stessa di questo universo.» 

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Capitolo scritto da Angelo Sommobuta Cavallaro (Il Viagra della Mente blog)