mercoledì 29 maggio 2013

Capitolo 16 - Stagione 2 (di Fra Moretta)


Capitolo 16
Mattina del 22 Ottobre
Da qualche parte lungo i confini dell’Egitto.

La fuga era qualcosa che non gli si addiceva questo pensava Wael ormai al sicuro in un rifugio di cui solo lui conosceva l’ubicazione.
Eppure doveva ammettere con se stesso che era stata l’unica scelta possibile, nonostante il “regalo” di Romney l’avesse rimesso in piedi non si sentiva completamento ristabilito e l’assorbimento dei suoi canopi aveva contribuito a spossarlo. Sparpagliare il suo potere in quel modo era stato folle, l’aveva reso debole e quasi pazzo esponendolo all’attacco di un nemico e se non fosse stato per l’insperato aiuto del suo vecchio alleato sarebbe stata la fine. (Quello e un mezzo di trasporto preparato per situazioni d'emergenza pronto alla fuga).
Ora si sarebbe riposato e avrebbe riorganizzato le forze contando sugli uomini ancora fedeli a lui nella regione, non soltanto si sarebbe ripreso il suo regno ma avrebbe trovato i miserabili che avevano osato attaccarlo e li avrebbe sterminati come cani.  Nonostante simili propositi Wael non si sentiva molto sicuro perché da qualche ora durante il viaggio verso il suo nascondiglio aveva iniziato a provare delle fitte lungo braccia e gambe simili ai sintomi della febbre. Sul momento aveva solo pensato che il viaggio e il riassorbimento delle menti dei Canopi lo avessero spossato più del previsto ma ora non era più cosi sicuro.
Mentre rifletteva Wael senti improvvisamente una voce deriderlo alle sue spalle.
«Allora grand’uomo come stai? Non bene vedo» lo scherniva.
Wael fece per alzarsi e girarsi ma venne rapidamente colpito da un pugno in faccia e poi da un altro allo stomaco che lo fece barcollare. Istintivamente cerco di reagire sferrando a sua volta un pugno al misterioso aggressore ma nella sua precaria posizione si rivelò un errore. Perse l’equilibrio e il suo colpo non andò a segno mentre l’aggressore ne approfittò per colpirlo di nuovo facendolo definitivamente cadere in ginocchio.
«Per terra come i cani, ecco dove meriti di stare Wael!» lo derise nuovamente lo sconosciuto.
Wael alzo la testa per vedere chi lo insultava cosi beffardamente e che con tale facilità lo aveva strapazzato trovandosi di fronte un uomo dalla pelle scura (forse indiano) vestito molto semplicemente. Furioso per l’umiliazione subita Toth decise di farlo parlare per prendere tempo.
«Chi sei?» gli chiese cercando di sembrare calmo.
«Il mio nome non deve interessare a chi è già morto», rispose lo straniero con una punta di derisione.
«Ti sbagli sconosciuto» rispose Wael. «Se c’è qualcuno che morirà qui dentro sei tu».
E dopo aver pronunciato quelle parole si amputò due dita con un coltello che portava addosso pronto a generare dei Canopi, ma con sua sorpresa le dita iniziarono a decomporsi. Sorpreso e con la mano dolorante guardò il suo aggressore che si limito a ridergli in faccia.
«Credevi veramente che non sapessimo che c’era un infedele tra le nostre fila? Ti fidi troppo di te stesso e non sei un ottimo consigliere Wael», lo scherni nuovamente . Poi proseguendo: «Abbiamo intercettato il regalino di Romney e lo abbiamo sostituito con qualcos’altro un veleno che ha agito lentamente intossicando il tuo corpo».
«Stai mentendo!» gli gridò Toth ormai incapace di mascherare il panico nella sua voce «Come potevate sapere di Romney? E perché usare un piano cosi contorto?».
«Guardati la mano che ti sei ferito e dimmi se ti sto mentendo».
Wael guardo la propria mano e vide che la pelle dove si era tagliato le dita era violacea come in una cancrena e che anche il resto della mano stava assumendo lo stesso colore.
«Abbiamo informatori dappertutto Wael proprio come ce li avevi tu» riprese a parlare lo sconosciuto «Questo rifugio? Scoperto un mese fa mentre deliravi dentro quella specie di vasca per pesci. Ne abbiamo hackerato i sistemi di sicurezza et voilà eccomi qua!».
«In quanto al piano che tu definisci contorto abbiamo pensato fosse meglio illuderti di essere salvo per poi strapparti questa speranza e lasciarti nella disperazione,lei lo avrebbe gradito», concluse.
«Lei?» sbotto Wael. «Quella cagna di Ammit!».
A quelle parole l’espressione dell’uomo mutò da beffarda a seria e con rapidità colpi con un calcio il febbricitante Wael facendolo crollare a terra. Poi gli si avvicinò e continuò ad infierire  colpendolo al volto con altri calci. Il dolore rendeva Toth incapace di difendersi e quando vide il suo aggressore avvicinarsi tremò.
«Non osare più chiamarla cagna piccolo uomo», gli disse con tono minaccioso. Poi appoggio la mano destra sul petto di Wael e iniziò a spingere con forza.
Wael senti le costole incrinarsi e spezzarsi e la mano del suo nemico sfondargli lentamente il petto. Prima di perdere i sensi per sempre senti queste ultime parole: «Volevi il mio nome pezzo di merda? I miei fratelli mi chiamano Yama».

* * *

22 ottobre  ore 8:00
Korinthos - Sede Centrale della Hypotetical Inc.

Libby aveva da poco ripreso i sensi e le ultime cose che ricordava erano la strana bambina e l’uomo vestito di rosso che aveva attaccato lei e Stakanov al centro ricerche. Da quel che poteva vedere si trovava in una cella dall’aspetto asettico e completamente spoglia a parte la branda su cui era seduta.  All’improvviso la porta si apri e un uomo ben vestito dai capelli grigi entrò accompagnato da due guardie.
«Bene, vedo che è rinvenuta Lady Liberty. Sono Kedives e, prima che lei tenti qualcosa di stupido, sappia che i miei uomini non esiteranno a spararle.» disse il visitatore con un tono in apparenza cortese.
Ma Libby non lo ascoltava ,se veramente quell’uomo era Kedives aveva di fronte a lei il responsabile del furto dei campioni di DNA dallo START. Furiosa al ricordo di quello che era successo cerco di aggredire l’uomo muovendosi la supervelocità ma non ci riuscì, i suoi poteri erano scomparsi.
«Non sia sorpresa signorina credeva veramente che avrei corso il rischio di parlarle senza precauzioni?» disse sardonicamente Kedives. «Mentre era svenuta le abbiamo iniettato un siero che inibisce i suoi poteri. Non si preoccupi l’effetto non va oltre un'oretta presto sarà di nuovo come prima».
«Cosa diavolo vuole?».
«Farle un'offerta, può collaborare con noi e le garantisco che non le sarà fatto alcun male. Non siamo i mostri che lei crede stiamo solo facendo quel che è necessario per il mondo».
«Creare quella specie di mostro che mi ha portato qui? Come può essere utile al mondo? Me lo spieghi. Per quanto riguarda la  sua proposta lavorerò con voi quando l’inferno gelerà».
Il viso di Kedives cambio espressione diventando più duro, poi si girò e seguito dalle guardie fece per uscire dalla cella. Prima di andarsene si girò e rivolto a Libby disse: «Allora mia cara credo che le toccherà rimanere qui ancora per molto».

* * *

22 Ottobre  8:00
Rifugio segreto di Toth,Egitto

Yama era deluso. Il grande Toth non era durato molto, era collassato quasi subito dopo che aveva iniziato a lavorarselo. Il suo cadavere giaceva a terra con il petto squarciato e consumato dal veleno, il volto talmente violaceo da essere irriconoscibile. Se non avesse ucciso con le sue mani Agni per averli traditi al palazzo di Toth avrebbe potuto fargli bruciare quel corpo invece avrebbe dovuto ingegnarsi diversamente. Forse lo avrebbe gettato nel Nilo lasciando ai coccodrilli. 
Avrebbe tanto voluto che Kareema mandasse lui e gli altri Lokapāla in Grecia; smaniava dalla voglia di confrontarsi con Loxias.  Purtroppo gli ordini erano diversi la Grecia era un'incognita e pertanto non se ne sarebbero occupati, almeno per il momento.
Yama si accese una sigaretta si caricò in spalla il cadavere di Toth e uscì.
- - -

Capitolo scritto da Fra Moretta (The Tralfamadore Connection blog)

Scarica l'ebook in formato (coming soon):

- Epub
- Mobi

Impaginazione a cura di eBookAndBook
Grafica a cura di Giordano Efrodini

mercoledì 22 maggio 2013

Capitolo 15 - Stagione 2 (di Masca Micilina)


New York 
21 ottobre 2013 ore 22.01

«Times cronaca, buona sera come posso esserle utile? »
«Daily News, buonasera.»
«Buonasera New York Post, con chi desidera parlare? »
….
«Al Garden stasera sorgerà il fuoco di Loxias.» Click.
….
«Come? Ma chi parla?»
«Cos’è uno scherzo?»
«Pronto, pronto?»

***

Alba del 21 Ottobre 2013.
Egitto, Il Cairo.
Palazzo del Grande Toth.

Arrivare al Sarcofago fu facile. I Canopi e i pochi girini che aveva incontrato giacevano a terra, carbonizzati. Non avevano opposto resistenza, anzi pareva che il loro sguardo avvolto dalle fiamme fosse pervaso da una sorta di estasi mistica.
Sembrava fossero contenti di morire.
Wael guardò Agni da sotto la maschera.
Sorrise. Un sorriso vestito di rassegnazione.
«Ciao campione! Non fa bene alla pelle stare sempre a mollo, sai?»
Toth sbuffò.
«Mi spiace, non ti capisco. Sai, non parlo la lingua delle bolle»
«Dipendesse da me, ti ridurrei un crostino, ma sei fortunato. Scommetto che non sai di avere un amico. Un grande amico, perché solo un amico del cuore potrebbe farti un regalo come questo.»
Con teatralità estrasse dalla cintura ignifuga una fialetta. La ruppe e la versò nel sarcofago in cui giaceva il grande Toth.
«Una piccola cura ricostituente.»
Lo sguardo di Wael tradì la sua sorpresa e le domande che si stavano facendo largo nella sua mente.
«Quando uscirai dal bagnetto, ricordati del tuo caro amico Mitt che ti ha inviato questo piccolo dono per farsi perdonare.»
E con la teatralità che lo caratterizzava Agni se ne andò.
Fuori dal palazzo respirò a pieni polmoni l’aria satura di monossido di carbonio. Gli sembrò aria di montagna.
Lo sguardo di Toth gli aveva gelato il sangue nelle vene.
Non aveva mai provato una paura simile in tutta la sua vita.
Ormai il più era fatto. Ora bastava sparire e al diavolo Toth,  Ram Dao e tutti quei pazzi scatenati. D’ora in poi si sarebbe goduto i soldi, tanti soldi, che il big boss aveva versato sul suo conto svizzero.
Gli girava la testa, doveva essersi stancato parecchio perché non si sentiva molto bene.

***

Washington D.C.
Casa Bianca
21 ottobre 2013 Ore 22.00

Christina Cielo odiava viaggiare, soprattutto quando era costretta a farlo senza preavviso e in fretta. Il trasferimento da Island Stone a Washington era stato veloce ma dannatamente scomodo. Si massaggiò lentamente le tempie. Odiava quei giorni. La facevano sentire debole e non le piaceva quella sensazione: la debolezza è dei perdenti. Lei era abituata a vincere e quel dannato mal di testa le faceva ricordare che era sempre e solo un essere umano. E come tale avrebbe potuto anche fallire. Ma non questa volta.
Si alzò, uscì dall’ufficio e scese nella sala operativa.
«Aggiornatemi sulla situazione.»
«Il colonnello Ross e la sua squadra sono in partenza, Signore.»
«Bene, confermi loro che all’arrivo devono attendere il nostro segnale prima di posare i loro dannati piedi sul territorio greco.»
«Sissignore.»
Il soldato diede la conferma alla squadra in partenza.
Il vice segretario sospirò: «Diamo il via all’operazione Settembre .»
«Sissignore.»
L’operatore prese un cellulare usa e getta e compose un breve numero. Attese qualche istante e poi disse: «Le sere di settembre di solito sono miti.» Attese la risposta e aggiunse «Speriamo che non piova.». Chiuse la comunicazione e gettò a terra il telefono. Un soldato si fece avanti e con due precisi colpi di stivale fracassò l’apparecchio.
«Io vado ad avvisare il segretario e il presidente. Tenetemi costantemente informata sugli sviluppi.»
Christina uscì dalla sala riunioni smozzicando parole veloci.
Il piantone scattò sugli attenti ma la donna lo ignorò. Il soldato giurò di averla sentita mormorare  …doni e abbia pietà di noi.

***



New York City
Madison Square Garden
21 ottobre 2013 Ore 22.15

Il Madison Square Garden è imballato. Pieno in ogni ordine di posto. Ventimila persone stanno cantando insieme ai Coldplay nell’encore di quello che Rolling Stone ha definito lo show più bello degli ultimi dieci anni.
In the night, the stormy night,
She closed her eyes.
In the night, the stormy night,
Away she flied.
And dreamed of para-para-paradise,
Para-para-paradise,
Para-para-paradise,
Whoa-oh-oh oh-oooh oh-oh-oh.

I braccialetti luminosi che ogni spettatore ha ricevuto all’ingresso si accendono e si spengono all’unisono seguendo il ritmo della canzone. Il pubblico canta, salta e balla. L’aria è satura di divertimento e di adrenalina.
Paradise sta per finire e i braccialetti si accendono e si spengono sempre più velocemente.
Al colpo finale del rullante si accendono per l’ultima volta.
Poi non si spengono più.
E iniziano a prendere fuoco.

***

Washington D.C.
Casa Bianca
21 ottobre 2013 Ore 22.15

«Settembre? »
«E iniziato Signore»
«Qualcuno accenda la tv. Il pacco è stato consegnato? »
«Sì Signor Presidente.»
«E il corriere?»
«Tra qualche ora non esisterà più nessun corriere.»
«Bene, speriamo solo di aver fatto la scelta giusta. Altrimenti siamo tutti morti.»
Nessuno osò ribattere.
«E quando dico tutti, non parlo solo di noi, ma dell’intero popolo Americano se non riusciremo a convincere Toth a stare dalla nostra parte. Siamo nuovamente costretti a farci carico di un pesante fardello, confidiamo in nostro Signore che ci aiuti a sopportarlo e ci sia vicino in questo difficile momento. E che soprattutto ci perdoni per le vite innocenti che siamo costretti a sacrificare.»
«Signore, ci siamo.»
«Alzi il volume.»

***

Alba del 21 Ottobre 2013.
Egitto, Il Cairo.
Palazzo del Grande Toth.

Wael Ghaly se ne stava seduto sul bordo del sarcofago e rideva.
Fino a pochi minuti prima era sicuro di morire. Quando aveva visto quell’idiota entrare aveva pensato che tutto fosse finito. Invece il liquido ambrato che aveva buttato nell’arca si era lentamente mescolato sprigionando una debole luce che aveva invaso tutto il sarcofago. Pochi secondi e il suo corpo aveva prosciugato tutto il liquido ridandogli un’energia che non sentiva da tempo immemore.
Forse non era stata la scelta giusta quella di ritirarsi in esilio mentre il suo popolo stava lentamente decadendo. Decadimento che stava intaccando lo stesso Toth che, ormai vinto dal tedio, era diventato l’ombra di se stesso. La felicità che induceva attraverso il suo potere non era altro che una droga. Un re non si comporta così con il suo popolo e nemmeno un Dio. Aveva sbagliato. Di nuovo.
E di nuovo si trovava tra i piedi quel bastardo di Romney che aveva trovato il modo di rimetterlo in gioco pur sapendo di rischiare la sua stessa vita.
Perché?
Non era ancora al massimo, ma poteva reggersi in piedi e concentrarsi come non gli capitava da molto tempo. Aveva l’occasione di tornare, non come prima, ma più forte e più potente. Bastava richiamare a sé le parti che aveva sparpagliato in giro per il mondo: doveva richiamare i canopi. Il loro potere, il SUO potere, insieme alla parte di Ammit che ora albergava in lui lo avrebbe fatto risorgere. Lo avrebbero reso simile a un Dio. Un Dio che avrebbe fatto rinascere il suo popolo e lo avrebbe portato alla conquista del mondo.
Prima però doveva fare una visita al suo nuovo amico.
Intanto, nel mondo, i Wael Ghaly stavano iniziando a morire.
A ogni morte anche il vero Wael o quello che rimaneva della sua parte umana moriva.
Mentre il Grande Toth nasceva a nuova vita.

***

Washington D.C.
Sala Ovale della Casa Bianca
21 ottobre 2013 Ore 22.35

Il televisore led appeso alla parete emanava una flebile luce rossastra.
I pochi astanti, in piedi, ascoltavano il giornalista che concitatamente leggeva notizie su notizie quasi mangiandosi le parole. Era visibilmente scosso.
«…l’accesso al Garden è impossibile. Le fiamme, come potete vedere alle mie spalle, sono altissime…I vigili del fuoco non possono fare nulla se non cercare di circoscrivere l’incendio. E’ stato richiesto l’intervento dei Canadair. E’ ancora troppo presto per capire quali possano essere state le cause. Non ci sono state esplosioni, quindi si esclude per il momento l’ipotesi di una o più bombe. Inquietanti voci, non confermate, parlano di persone che prendevano fuoco spontaneamente. Qualcun altro parla di un difetto nei braccialetti elettronici che sono stati dati agli spettatori e che erano parte integrante dello show. Al momento non si può ancora quantificare il numero delle vittime, che però sembra altissimo. Ricordiamo che si stava svolgendo il concerto del gruppo pop britannico dei Coldplay e che il Madison Square Garden era esaurito con quasi ventimila presenze.»
Nessuno parlava.
Romney si diresse verso il bar e si versò una dose abbondante di Wild Turkey. Fece per chiudere la bottiglia ma si fermò. Prese altri bicchieri e disse: «Non penso di sbagliare se dico che ne avete bisogno anche voi.»
Intanto sullo schermo il giornalista continuava a ricevere agenzie su agenzie. Le leggeva pedissequamente intercalando la lettura con sembra, pare e da confermare.
A un certo punto si bloccò e mise una mano sull’auricolare per capire meglio che cosa gli stavano dicendo.
Sbiancò visibilmente e quando ricominciò a parlare gli uscì un balbettio
«M-m-m- mi è arrivata una notizia che è data per confermata. Questa sera alle 21 circa, quindi poco prima dello scoppio dell’incendio allo stadio, il New York Times, il Daily News e il New York Post hanno ricevuto contemporaneamente, ripeto contemporaneamente una telefonata che avvisava dell’imminente tragedia. Le autorità sono ancora caute ma pare proprio che ci troviamo di fronte ad un attentato. E sperando di essere smentito si tratta di un attentato dalle dimensioni apocalittiche per quanto riguarda il numero di vittime. »

«Ripeto: è confermata la notizia di una telefonata fatta contemporaneamente alle tre principali testate della nostra città. Telefonata che avrebbe previsto l’incendio.»
Il ministro della difesa prese il telecomando e cambiò canale. Stessa scena, stesse parole.
Il Presidente degli Stati Uniti ingoiò un generoso sorso di whisky.
Posò il bicchiere e disse:
«Signori, date l’ordine. Abbiamo il pretesto per invadere la Grecia.»
- - -

Capitolo scritto da Masca Micilina (Silverfish Imperetrix blog)

Scarica l'ebook in formato (coming soon):

- Epub
- Mobi

Impaginazione a cura di eBookAndBook
Grafica a cura di Giordano Efrodini

giovedì 16 maggio 2013

Making of del capitolo 14



Miss Marvel, autrice del capitolo 14 di 2MM Nativity (e del capitolo 30 della prima stagione) mi ha chiesto di ospitare il suo breve making of sul blog ufficiale del progetto.
Visto che la nostra cara amica non ha un suo blog personale ho accettato volentieri questa proposta, anche per mantenere viva l'interessante tradizione del "dietro le quinte" dei vari capitoli, nata in questa season 2 della Round Robin.
Tra l'altro credo siano ottimi contributi per aiutare i futuri scrittori coinvolti nella RR. Un punto di raccordo tra i vari autori, ottimi per potenziare la continuity narrativa.
Sperando che il making off di Carol alias "Miss Marvel" vi piaccia, vi auguro buona lettura.

mercoledì 15 maggio 2013

Capitolo 14 - Stagione 2 (di Miss Marvel)



21 ottobre
Island Stone - Admiral City
Portorico

Le dita guantate del tenente colonnello Alex Ross tambureggiavano sempre più nervosamente sulla scrivania del suo ufficio. La sua interlocutrice lo osservava di rimando dallo schermo ultrapiatto del computer, ignorando l'irritazione dell'ufficiale START.
Christina Cielo era una bella ma austera donna di mezza età. Aveva i capelli orgogliosamente grigi, perfettamente pettinati, e dei freddi, impenetrabili occhi azzurri. Tutto in lei suggeriva eleganza e autocontrollo.
La verità però era ben diversa.
«Ross, non me ne frega assolutamente nulla se lei reputa inopportuno l'intervento del team di superumani dello START in territorio greco. Quello che le sto dando è un ordine. Se le faccio il favore di discutere la faccenda è solo per motivi di ordine pratico.»
Alex pensò a una caterva di insulti da rivolgere al vicesegretario alla Difesa, ma si trattenne. «Stiamo già ricevendo accuse di aver violato la sovranità territoriale greca e...»
«Non me ne importa un cazzo delle accuse di quei fotticapre! Inoltre lo staff del presidente sta lavorando per rendere sacrosanto l'intervento del nostro team superumano in loco.»
«E come, di grazia?», replicò Ross, spazientito.
«Oh, andiamo... Siamo da tempo in contatto coi partiti ellenici dell'opposizione, specialmente con quelli che Kedives ha dichiarato illegali. Abbiamo tutto ciò che serve per avanzare la necessità di esportare un po' di democrazia.»
«La nostra sarà comunque un'azione grave e senza precedenti.»
«Cazzate. Con gli imbecilli del Ram Dao che stanno combinando casini su casini nell'area mediterranea, noi siamo ragionevolmente certi di poter accusare Kedives e i suoi di supporto attivo al terrorismo internazionale metaumano.»
«Ma non c'è uno straccio di prova a sostegno di questa teoria bizantina.» Ross si morse il labbro subito dopo aver parlato. Sapeva benissimo che i falchi del governo Romney se ne fregavano di certi dettagli.
«La posta in gioco è molto alta», gli spiegò la Cielo. Sospirò e si passò una mano sugli occhi. Lo stress doveva essere parecchio anche per una donna di ferro come lei. «La Hypothetical di Kedives ha sviluppato una tecnologia per creare, clonare o comunque per produrre superumani. Loxias ne è l'esempio più eccelso, ma non è il solo. Nemmeno quello stronzo di Salazar era mai arrivato a tanto. In fondo, pur essendo un antico e astuto figlio di puttana, non aveva a disposizione una fonte di Teleforce antica e naturale come quella che la Hypo ha trovato a Delfi.»
«Vuole forse farmi credere che...»
«Zitto e ascolti. Ora che gli ingranaggi si sono messi in moto possiamo fare soltanto due cose: lasciare a quel bastardo di Kedives e a chi si schiererà con lui l'esclusiva sullo sviluppo di applicazioni a base di Teleforce, oppure intervenire e sottrarre alla Hypo i risultati di anni di esperimenti.»
«Per il bene del paese», interloquì l'ufficiale dello START, non senza ironia.
«Per il bene del paese, del mondo, degli uomini di buona volontà. La veda come vuole. L'importante è che che le ricerche di Spencer Grant e di Kedives non diventino di proprietà di nostri... diretti concorrenti.»
«A tal proposito mi sono giunte segnalazioni di attività dell'Unità S russa in terra ellenica.»
Christina Cielo annuì. «Come vede è proprio l'urgenza a spingerci all'azione.»
«Il mio team è ridotto all'osso.»
«Se quella troietta mestruata non avesse agito di testa sua, coinvolgendo anche il signor Stakanov nella sua assurda ricerca di vendetta, la situazione sarebbe diversa.»
Alex fu ferito da quelle parole. Nonostante tutto continuava a considerarsi un grande amico di Libby. Però la vicesegretario non aveva tutti i torti. «Fortress Europe interverrà?»
«Un loro agente ad Atene, nome in codice Clark, li ha già traditi. A quanto pare questo Super ha delle informazioni importanti in suo possesso. Fortress Europe unirà un paio di suoi elementi al suo team, colonnello. Cercare Clark sarà però il loro focus primario.»
«Qualche suggerimento sulla composizione del nostro gruppo?», le chiese, esausto da quel colloquio.
«Ci sarà senz'altro Uranium, forse l'unico che può tenere testa a Loxias.»
«Sarà come spostare un'arma nucleare in territorio non belligerante.»
«E sia.»
«Vada avanti.»
«Blackjack. Scanner. Teddy Mercury.»
Oh Cristo...
«E infine lei», conclude la Cielo.
«Io? E che potrei fare tra questi fenomeni?»
«Manca un leader. Uranium non lo è, e nemmeno Scanner, non con quel casino che ha in testa dopo l'Evento Mezzanotte. Ross, questa sarà la sua occasione per testare l'esoscheletro Drakkar 1 progettato da Rushmore. Dovrebbe metterla alla pari di un Super di medio livello.»
«Rassicurante.»
«Prepari tutto e non si preoccupi del come arriverete a destinazione. Mercury penserà al viaggio.»
«Non vedo l'ora», mugugnò l'ufficiale, quindi si prese la soddisfazione di scollegare il computer. Come aveva detto quella strega della Cielo c'era molto da fare, e pochissimo tempo per farlo.

- - -

21 ottobre 2013 ore 03:20
Canale di Korinthos  - profondità – 12 mt

Sibir non poteva usare i suoi poteri sotto acqua e si stava facendo trascinare verso la costa da un mini propulsore subacqueo. Il funzionamento elettrico non produceva nessun rumore, lei e gli altri commandos erano solo ombre nel mare nero.
Il sistema di navigazione li avrebbe portati direttamente al punto di inserzione primario, uno sbocco dei condotti di refrigerazione dal quale penetrare direttamente ai laboratori, questo secondo i piani di costruzione del centro di comando della Hypotetical Inc. fornitegli da Clark.
Nessuno aveva verificato le informazioni, non c'era tempo sopratutto dopo che aveva saputo di Libby.
Cosa ci faceva lì quella smorfiosa, questo era un lavoro da soldati.
Davanti agli occhi passò veloce l'immagine di American  Dream.
Si concentrò sul display del sistema inerziale, mancavano pochi metri al target.

- - -

21 ottobre 2013 ore 04:20
Mar Egeo

Bannon decise che fosse giunto il momento di vedere le carte che aveva in mano.
Estrasse dalla tasca un compatto telefono satellitare e compose un numero dalla rubrica.
«Bannon, fatemi parlare con il capo.»
«Attenda» la voce all'altro lato era completamente inespressiva forse solo una nota di tedio poteva far trapelare la sua origine umana.
«Dove cazzo sei?» Kedives aveva urlato così forte da costringere Bannon a scostare l'apparecchio dal viso.
«In mare» la risposta rimase nei normali toni della conversazione
«Hai la ragazza?» la voce del Premier Greco era ancora incrinata da una nota di apprensione
«È qui con me, ma noi dobbiamo parlare.»
Bannon cercò un altra sigaretta
«Parliamo quanto cazzo vuoi, se è un problema di soldi dimmelo subito. Ma adesso vieni subito qui, siamo in un grandissimo casino»
«Tu sei in un casino, non io»
Bannon rimise il telefono in tasca, coprì la sigaretta con le mani per cercare di accenderla contrastando il vento gelido della notte.
Valerie continuava a dormire come se nulla fosse.

- - -



21 ottobre 2013 ore 04:29
Canale di Korinthos  - Punto di Inserzione Primaria

Il sistema inerziale di navigazione aveva portato Sibir e gli altri nel posto indicato dalle mappe. La bocca metallica del canale di scarico dei flussi di raffreddamento alla base della sede della Hypothetical Inc.
Avevano 15 minuti prima che il sistema si resettasse e cambiasse il movimento di flusso. Due spetsnaz si misero al lavoro con la fiamma ossidrica sui bulloni che mantenevano la grata di protezione in posizione.

30 secondi all'inversione del flusso

I bulloni cedettero trascinando la grata nelle profondità. Sibir controllò il cronometro e si infilò nel tubo oscuro come le viscere dell' inferno. Pinneggiò velocemente, le mani guantate trovarono una scaletta di metallo dopo pochi secondi, afferrò il gradino, tolse le pinne ed iniziò a salire.
Il condotto aveva una luce sulla verticale, secondo le informazioni avrebbe dovuto sbucare in una cisterna di servizio.
Sibir aprì la copertura e si sporse con la testa fuori dal bordo metallico.
Una scarica di proiettili si schiantò sulla paratia, facendo volare scintille ovunque.
«Merda!» Sibir ritrasse la testa un attimo prima di essere colpita.
Mise mano alla cintura e staccò due granate a frammentazione, un lancio a parabola per coprire il locale.
Si abbassò e strinse la testa tra le braccia.
Il tubo di metallo vibrò con violenza scosso dall'esplosione, senza aspettare lanciò altri due fumogeni.
Fece forza sul bordo e si proiettò fuori con una capriola.
Fanculo all'effetto sorpresa.
Il locale era ancora invaso dal fumo chimico, tracce di mirini laser attraversavano la nebbia bianca e spessa.
Sibir lanciò brevi scariche di plasma incandescente dove vedeva le luci dei laser.
Cercava di risparmiare le forze, di conservare energia.
Le urla le confermavano di aver fatto centro; nel frattempo gli altri componenti del team erano usciti dal tubo e si erano disposti a coprire il perimetro.
Gli spari silenziati si facevano sempre più radi.
Il primo passo era fatto.
- - -

Capitolo scritto da Miss Marvel

Scarica l'ebook in formato (coming soon):

- Epub
- Mobi

Impaginazione a cura di eBookAndBook
Grafica a cura di Giordano Efrodini

mercoledì 8 maggio 2013

Capitolo 13 - Stagione 2 (di Cristiano Pugno)


21 ottobre 2013 ore 00:52
Cielo sopra Atene

Loxias galleggiava nell’aria, circondato da una bolla di luce.
Libby era aggrappata al suo torace, le braccia non riuscivano ad avvolgerlo completamente, sotto le mani ancora protette dai guanti sentiva la muscolatura. Definita e rigida come quella di una statua di marmo.
Nella bolla che l’avvolgeva non sentiva il fruscio dell’aria, la gamba continuava a farle terribilmente male ma non voleva distrarsi, aveva una fottuta paura di cadere.
La mano di Loxias si poggiò sulla ferita sprigionando un'onda di gelo che quasi la stordì.
Il viso del Super non aveva mostrato nessuna espressione, gli occhi ardevano in maniera innaturale, quasi ipnotica.

- - -

21 ottobre 2013 ore 00:54
Mare Egeo

Bannon era sdraiato a poppa, la sigaretta ormai ridotta ad un mozzicone pendeva dalle sue labbra.
Il rumore sommesso del diesel gli faceva compagnia insieme al dolce movimento della barca.
«Ο Θεός μας!!»*
L’urlo del pescatore al timone lo fece trasalire. Alzò lo sguardo al cielo, un globo rossastro si muoveva sopra l’acqua increspando le onde sotto si sé.
Anche Valerie si destò, sorpresa da quel trambusto.
«Cos’è quello?» disse, indicando la sfera con un dito.
«Quello potrebbe essere la soluzione dei nostri problemi, piccola» rispose Bannon sfiorandole i capelli intrisi del salmastro notturno.
L’oscurità del battello, rischiarata solo dalle deboli luci degli strumenti gli impediva di vedere l’espressione della ragazza
«…oppure il più grande dei problemi!»
Ma Valerie non udì l’ultima parte, si era già rimessa a dormire rannicchiata nella coperta.
- - -

21 ottobre 2013 ore 01:18
Korinthos – Sede Centrale della Hypotetical Inc.

Kedives si rilassò sulla poltrona di pelle nera. Aveva voglia di fumare un sigaro e di bere qualcosa di forte, finalmente dopo tanti problemi le cose iniziavano a girare per il verso giusto.
Ovvero quello che lui aveva previsto.
Loxias stava arrivando portando con sé lamericana. La notizia del Centro Ricerche distrutto dopo un'incursione non autorizzata di alcuni super era già stata battuta dalla principali agenzie. Tra qualche ora avrebbero aggiunto i dettagli, magari con un bel video di Lady Liberty che confessava.
Anche Bannon aveva chiamato, era con Valerie, probabilmente sarebbero rientrati tra poco.
Sfiorò un tasto sulla scrivania per attivare i monitor dell’ufficio, le pareti sino ad un momento prima nere come l’inchiostro si riempirono di schermate colorate, immagini video, canali tv sat.
Alzò il volume della CNN che trasmetteva in diretta da il Cairo, le periferie continuavano a bruciare in un immenso rogo che nessuno pareva in grado di spegnere.
Non si accorse del suo ingresso, i tacchi da 12 centimetri affondavano nella spessa moquette, nera come il resto dell’ufficio.
Il rumore della borsetta di coccodrillo sulla scrivania in cristallo fece voltare Kedives.
«Continui ad entrare senza bussare» disse ritornando al controller dei monitor.
«Tu continui ad agire completamente di testa tua » la voce della donna era poco più di un sussurro.
«Ricordati che c’è un Consiglio di Amminitrazione e anche un Governo, a cui devi rispondere» pronunciò la parola Governo con un fare di scherno e si accomodò sul divanetto a due posti.
Le sue mosse erano aggraziate, fluide, le gambe fasciate da impalpabili autoreggenti si disposero perfettamente accavallate.
Kedives parve non fare caso al bordo di pizzo che sporgeva di qualche millimetro dall’orlo della gonna della nuova arrivata.
«Di quella banda di pagliacci me sbatto altamente!» replicò alzando il tono della voce.
«Tra poco arriverà Loxias con Lady Liberty, Bannon è in viaggio con Valerie, arriveranno forse domani. Nulla ci potrà impedire di dare seguito al nostro piano.»
«Dicono che Lady Liberty sia la Super più bella» disse la donna levandosi un immaginario pelucco dalla camicetta sotto la quale faceva capolino un piccolo bordo in pizzo.
«Mai quanto te» rispose Kedives sfiorandole la mano con un perfetto baciamano.
«Gino, Gino, è inutile che fai il galante, sai cosa mi aspetto da te.» La sconosciuta proruppe in una risata cristallina rovesciando indietro la testa.
Nessuno lo chiamava Gino, per tutti era il Presidente o al massimo Mister Kedives. Ma quella donna era una delle poche persone a cui non poteva dire di no.


- - -

21 ottobre 2013 ore 02:50
Korinthos – Sede Centrale della della Hypotetical Inc.

Loxias si poggiò sulla terrazza del palazzo senza nessun rumore, la luminosità che emanava rendeva inutili le lampade predisposte per l’atterraggio degli elicotteri, allentò l'abbraccio e depose Libby a terra.
La Super mosse qualche passo sulla superficie antisdrucciolo della terrazza, ancora stordita per il volo.
Osservò con stupore la gamba.  Non aveva nulla ed anche la tuta era perfettamente integra come se non fosse stata toccata dalla folgore.
«Donna, ogni resistenza è inutile» le parole si stamparono nella mente di Libby mentre sulla piattaforma accorreva il personale di sicurezza della Hypotetical Inc.
Un soffio di aria calda spazzò la terrazza, ed accanto a lei si materializzò la bambina che aveva visto alcune ora prima.
«Hai fatto bene a chiedere aiuto alla tua amica dagli occhi di ghiaccio» disse con la sua vocina infantile mentre faceva volteggiare la macchinina come fosse un piccolo aeroplano.
La prese per mano e la condusse verso quello che poteva essere un ascensore, Libby la seguì docilmente.
I guardiani della Hypotetical abbassarono le armi.

- - -

21 ottobre 2013 ore 02:50
Canale di Korinthos – Peschereccio Луна

Il rumore del vecchio diesel accompagnava il movimento della nave, il motore ansimava ed ogni tanto pareva perdere qualche colpo.
Ma era tutto un trucco, la ruggine era in realtà solo una pasta sintetica ed il rumore del motore una registrazione trasmessa da altoparlanti disposti sulla finta sovrastruttura.
Sotto l’aspetto di una carretta dei mari si nascondeva uno dei vascelli più moderni della marina russa, la nave per operazioni speciali Luna.
«Compagna, è pronta?» Il comandante della squadra di spetznaz si affacciò nel quadrato Ufficiali dove Sibir stava indossando il suo costume nella versione modificata per le operazioni subacquee.
«Io sono pronta Colonello, i suoi uomini?» rispose la super sistemando una ciocca bionda all’ interno del cappuccio di latex.
«Tutti pronti, il minisub è già nel moon-pool.»
Sibir scese le scalette seguendo l’ufficiale, vista la sua altezza doveva stare attenta a non impigliarsi negli stretti passaggi della nave, sino ad arrivare nella parte più bassa direttamente a contatto con l’acqua.
Mentre sedeva sul bordo della piscina ripassò mentalmente le piante che aveva avuto da Clark solo due giorni prima, non c’era stato modo di verificare le informazioni, avrebbe dovuto fidarsi della sua parola.
Gli altri spetznaz avevano già indossato le mute e si preparavano ad entrare nel sommergibile.
«Compagna...» Il comandante si chinò per sussurrare a Sibir che stava per immergersi.
«Cosa c’è, Comandante?»
«Devo trasmetterle un messaggio da parte del compagno Generale Kisurin.»
«Dica!»
«La tua amica ti aspetta ed ha bisogno di aiuto».
Sibir rispose con un cenno del capo e strinse la maschera facciale prima di scomparire nelle acque del canale.

- - -

21 ottobre 2013 ore 03:07
Korinthos – Sede Centrale della della Hypotetical Inc.- Ufficio del Presidente

Kedives accolse con piacere il soffio di aria bollente che riempì il suo ufficio, conosceva il suo significato.
Loxias entrò senza toccare la porta, la sua aura segnò la moquette bruciandola.
Si alzò dalla poltrona, per andare a ricevere il suo ospite.
«Hai onorato i patti, per questo sarai ricompensato, anche se non dovevi cercare di colpire la donna con gli occhi di ghiaccio!» La voce della bambina aveva una calma raggelante.
«Quale donna?» urlò Kedives
L’ unica traccia del passaggio del Super era un leggero alone carbonizzato sulla moquette.
- - -
* Dal greco - "E' il nostro Dio".

Capitolo scritto da Cristiano Pugno (Il Blog di Beppe)


Scarica l'ebook in formato:

- Epub
- Mobi

Impaginazione a cura di eBookAndBook
Grafica a cura di Giordano Efrodini

mercoledì 1 maggio 2013

Capitolo 12 - Stagione 2 (di Germano M.)


20 Ottobre 2013
Santorini, Grecia

Bannon fissò a lungo il suo ospite. Era lo stesso sguardo che aveva rivolto a Tesla, quando il serbo aveva fatto, a lui e al gruppo, la grande rivelazione...
L'afa di Santorini gli si incollò addosso, il laccio della fondina gli pizzicava la pelle, il cuore perse un battito.
Aran s'accigliò, sbuffando. Flender, in fondo alla stanza, mugugnava a Valerie.
Osservò l'acquario incassato nel muro, accanto alla scrivania, Si piegò, sfiorando il vetro col naso. Due pesci blu spandevano le code, tra coralli rosa e bianchi. Il cuore accelerò.
«Non hai proprio niente da dire?» lo incalzò Aran.
Bannon sollevò l'angolo della bocca. Parlò rivolto ai pesci: «E così, Ammit s'è fatta una sveltina...» L'ospite mise da parte il sorriso di circostanza e indurì i muscoli del viso.
Lui continuò: «Zeus lo faceva di continuo, e nessuno s'è mai messo a fare il teatro che fai tu.» S'interruppe, mosse le dita assecondando la musica in sottofondo, «Metà dei Greci erano figli suoi: semidei!»
Sentì le braccia pesanti...
«Ma no! Non capisci! Tu non hai idea di cosa comporti...» protestò Aran.
«Mentre l'altra metà... Sono figli di puttana qualunque.» Allargò un sorriso, scosse la testa, mentre l'ambiente perdeva i contorni e si faceva grigio. «Solo schizzi di teleforce: niente di più...» aggiunse, quasi senza fiato.
Arrivò mentre si accasciava, la fitta al petto. Violentissima.

Il grigio sfumò, la camera riassunse la forma e i colori di Flender, che lo fissava roteando il capo, a un centimetro dal viso.
Allungò una mano per accarezzarlo. Il cane abbassò le orecchie, mostrò le zanne ed emise un ringhio basso. Figlio di puttana...
Flender arretrò, ebbe un sussulto. Bannon si alzò, vide se stesso pancia a terra, una mano al petto, il braccio allungato.
Aran in ginocchio lì accanto, lo chiamava, scuotendolo da una spalla.
«Non so, cosa sia successo, Valerie... credo abbia avuto un infarto.»
«Spostati» ordinò. Aran apparve, se possibile, ancora più sorpreso dal tono. Era stato troppo brusco.
Si piegò sul proprio corpo, guardò le rughe profonde che segnavano le guance, i capelli grigi e corti, la cima della cicatrice a stella che spuntava dal colletto della camicia. Si vide invecchiato, si sentì incazzato e stanco, il cervello incasinato dai pensieri chiassosi di Valerie.
Rovesciò il corpo, schiena a terra. Fece la recita: posò la mano all'altezza della giugulare. «Non c'è battito» affermò.
Aran scattò alla scrivania.
Bannon spostò sotto il risvolto della giacca. Sfiorò il cane della Beretta.
«D-Devo chiamare subito qualcuno! Non riesco a concentrarmi... Stanno tentando di entrare...»
Slacciò la linguetta, estrasse l'arma e tirò il carrello con pollice e indice. Puntò, schiacciò il grilletto. Non più di due secondi.
Il primo colpo spalancò gli occhi di Aran, lo fece accasciare sulla poltrona di pelle marrone. Sulla camicia si allargò una rosa.
La scarica che seguì, veloce e precisa, lo centrò ancora al petto.
Alzò il tiro, e sparò altre tre volte alla testa, che si sgonfiò come un pallone bucato, riducendosi a poltiglia color carne mista a capelli. Del liquido pastoso colò dal bordo del cuscino.
L'ultimo colpo a Flender, che correva verso di lui.
Sputò. Si rannicchiò in posizione fetale accanto al suo corpo.
Riaprì gli occhi, divorando l'aria. Poi vomitò. Si rimise in piedi a fatica.
Valerie si mosse appena, gemette. Il tagliacarte sulla scrivania vibrò.
«Sta' calma, ragazza...» disse, con tono calmo, ma deciso. «La spossatezza che senti passerà tra poco...»
«Tu... tu hai ammazzato... Perché!?»
«Aggiungili alla cinquantina di turisti che hai spappolato in piazzetta.»
«N-Non è stata colpa mia! T-Tu sei... un bastardo!»
«Forse. Ma ora che ci siamo conosciuti un po' di più, sai anche che non sono così bastardo, e che non sono qui per fotterti. In un senso, o nell'altro...»
«E-E adesso?»
«Tirati su, ce ne andiamo, ci troviamo un posto tranquillo e parliamo un po', solo noi due. Poi deciderai se vale la pena seguirmi, o sputtanare la Hypo. Le cose che hai scoperto, be'... non sono come sembrano.»
Bannon avvertì l'aria sul viso, poi la vide smuovere la pelliccia di Flender, per terra. Il minuscolo vortice si accentrò, misto a scintille, dal lato opposto della stanza.
Mise una mano in tasca e estrasse una moneta. La strofinò e la lanciò verso il vortice, mentre comparivano due figure.
La moneta deflagrò, il vortice si dissolse portandosi dietro un urlo. La metà inferiore di una gamba, mocassino di cuoio nero, si schiantò contro la parete insieme a una strisciata di sangue.

* * *

21 Ottobre 2013, ore 00:41
A largo di Santorini, Grecia

Il cabinato fendeva l'acqua scura come il petrolio. Valerie dormiva rannicchiata sul sedile a poppa, sotto una coperta. Bannon tirò una boccata dalla sigaretta regalatagli dal pescatore. Espirò, il fumo si dissolse nella notte.

* * *


20 Ottobre 2013
Centro Ricerche della Hypotetical Inc.
Agia Paraskevi - Atene

Le pareti del corridoio s'allungarono.
Libby svoltò, sul lato sinistro una lunga fila di finestre. Davano su un cortile interno, al centro un olivo maestoso illuminato da faretti.
Le gote avvamparono, il sudore colò all'interno del visore notturno. Rallentò. La tuta bruciava. No, era l'aria...
Si fermò del tutto, arrivata quasi al cartello in plexiglas che indicava il Centro Analisi. I suoni scorsero di nuovo naturali: passi attutiti.
La prima cosa che notò spuntare da dietro l'angolo fu un piede.
Era una ragazzina bionda, avvolta in una tunica rossa che le ricadeva sul capo. Stringeva, portandola al mento, un modellino di cadillac rossa col tettuccio bianco. Nell'altra mano un ramoscello d'ulivo.
Stakanov arrivò di corsa. «Che caldo che fa qui! Ehi, che diav...»
«Loxias vi ha conosciuto. È deluso» dichiarò la bambina. Una voce neutra, vuota.
Libby ne esaminò meglio i lineamenti, gli occhi grigi...
«Yobanji
Capì che anche Stakanov aveva notato la somiglianza...
«Loxias? Ti sbagli, a meno che non ti riferisci a Mister Scintille Viola. Tu chi sei?» chiese Libby, nel modo più amichevole possibile. Allo stesso tempo portò una mano dietro la schiena, sperando che l'ucraino notasse il suo cenno di fuggire. L'avrebbe coperto.
«Sì, il mio DNA si è già incontrato con entrambi» rispose. Quel tono distaccato le mise i brividi, oltre a comunicarle certezza.
«Dov'è Matt?!» urlò.
I vetri vibrarono.
La luce entrò dalle finestre, s'allungò in fasci sul corridoio, scivolò sulla parete.
Libby guardò il cortile illuminato a giorno, fu costretta a togliersi il visore e a ripararsi con le mani, quasi stesse guardando il sole.
Il globo di luce atterrò dolcemente sotto l'ulivo, sfumò facendosi arancione e poi rossastro lasciando, intorno alla figura imponente di un uomo, solo un baluginio di brace.
Si sentì prendere la mano. Era la ragazzina, che proseguì, quasi guidandola.
«Libby, io credo che dovremmo...»
Lo ignorò. Inspirò e lasciò accelerare il battito.

Ciò che rimase della velocista fu uno sbuffo d'aria che mosse il mantello rosso della ragazzina, che si volse a guardare Stakanov. «Ti sei abbassato, sei stato bravo.» Sorrise, aveva i denti grandi.
L'ucraino si affrettò, tentando invano di mettersi in contatto, attraverso i comunicatori del cappuccio, con il ponte mobile dello START.
Aveva quasi raggiunto l'ingresso al cortile, quando ripensò alle parole della bambina. Imprecò, e decise di gettarsi in avanti, compiendo una capriola. Rimase accucciato, ginocchio piantato a terra. E si sentì stupido.
Un raggio di luce tagliò l'aria sopra la sua testa, lasciando sulla parete opposta un foro bruciacchiato.
Stakanov slacciò il cappuccio della tuta e respirò. Fu un attimo, ricompose il teschio rosso e proseguì.
Li trovò che si fronteggiavano. L'uomo, cinto di tessuto rosso intorno al bacino, stava con l'indice fumante puntato verso di lui. Libby era immobile, al centro di un cerchio irregolare, che pareva bruciato.
La voce della bambina, alle spalle, lo fece trasalire: «Il Centro Ricerche della Hypotetical Inc. di Atene è stato distrutto. La cattura di Lady Liberty, membro dello START, da parte di Loxias è stata la prova di un attacco deliberato portato alla Sovranità Nazionale della Grecia.»
«Prima deve prendermi, ragazzina. Sono molto più veloce di così!» ringhiò Libby.
Stakanov allungò una mano per fermarla, e tutto ciò che vide, in quella sfumatura di grigio nero e oro che si mosse davanti a lui, fu un nuovo raggio scagliato dall'essere. Poi venne raggiunto dall'odore di carne bruciata.
Vide Libby a terra, si stringeva la coscia, la bocca una smorfia di dolore. Il cortile avvampò, inondato di luce.

Loxias la strinse al petto. Si sollevarono a una velocità che la stordì. Si fermarono dopo un istante.
Fluttuavano. Ora poteva vedere le luci della città.
L'essere mostrò l'indice. Sulla punta s'addensò una goccia di luce, che s'ingrossò fino a staccarsi e precipitare.
Dopo diversi secondi, dal basso provenne un fragore. L'onda d'urto sollevò polvere e schegge, allargandosi in una circonferenza di esplosioni e crolli di edifici: un fiore di energia e morte che abbatté l'intera struttura del Centro Ricerche e diversi isolati di tessuto urbano.
Loxias l'accarezzò. Poi partirono.

Qualcosa si mosse intorno a Stakanov. Colpi di tosse. Il buio era totale, il viso bruciava. Le orecchie fischiavano ancora per l'esplosione.
«Ti ho preso e ho aperto un varco appena in tempo.»
«Chi... chi c'è?» domandò l'ucraino, poi la riconobbe: «A-Angela, sei tu?»
«E chi altri? Il seminterrato ci è cascato addosso... Aspetta, faccio un po' di luce.»
Udì un click.
«Ecco fatto. Ora pensiamo alla direzione che conviene prendere.»
«Dove sei?»
«Come sarebbe, sono qui, davanti a te! Oddio...»
«Non ci vedo. Non ci vedo più...»
«...»
- - -

Capitolo scritto da Germano M. (Book and Negative blog)



Scarica l'ebook in formato:

- Epub
- Mobi

Impaginazione a cura di eBookAndBook
Grafica a cura di Giordano Efrodini