martedì 17 dicembre 2013

Due Minuti a Mezzanotte - Nativity: L'ebook completo e gratuito!



Visto che molti di voi lettori ci hanno chiesto una versione ebook della seconda stagione di Due Minuti a Mezzanotte (intitolata Nativity, o anche 2MM - Nativity), ve la regaliamo in occasione del Natale 2013. L'ebook è ora disponibile in duplice formato ePub/Mobi e in download gratuito.
Si tratta di un bella e corposa novel di 26 capitoli +1 (la mia introduzione, che equivale al capitolo zero), scritta da altrettanti autori.
2MM è e resta uno dei pochi progetti di scrittura collettiva a puntate realizzati in Italia, per di più di genere supereroistico, che qui da noi viene ritenuto un filone di nicchia, per soli intenditori.
E che noi abbiamo invece, almeno in parte, sdoganato.

Grazie all'impegno di Matteo Poropat e dei servizi offerti dal suo Ebook And Book, ora potete rileggere la storia comodamente, sui vostri eReader, senza spendere un centesimo.
L'unica cosa che vi chiediamo è di fare un po' di passaparola, in modo che chi ancora non conosce 2MM possa avvicinarsi a questo universo narrativo al 100% made in Italy e indipendente.

Torneranno mai gli eroi di 2MM? Chi può dirlo. Vi posso solo suggerire di fare qui, di tanto in tanto, e di tenere i radar accesi. Se ci sono novità le potrete leggere su questo blog e sul mio, Plutonia Experiment.
I supereroi non vanno mai in pensione: prima o poi c'è sempre un buon motivo per tornare a combattere.

Due Minuti a Mezzanotte - Nativity (ebook gratuito)




mercoledì 11 settembre 2013

Capitolo 26 - Stagione 2 (di Angelo Benuzzi)


23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:31

Voci. Soltanto voci, dentro e fuori la sua testa.  Gaia, Rebel Yell, Kedives, le poche sillabe incoerenti dell'agonia di Grant. Persino il respiro affettato di Libby ha una voce per lei. Attraverso una lente azzurra di Teleforce sente tutto quello che accade all'interno della montagna.  Solo una lacrima segna il trapasso sereno di Bannon, un guerriero fedele vissuto molto oltre il suo tempo.
Mentre attorno a lei tutti discutono della fine del mondo, lei ascolta. 
Le lente vibrazioni di esseri in animazione sospesa, che una volta erano uomini e donne prima di mutare per la Teleforce. Le loro forme-pensiero, lente come il movimento dei ghiacciai, che confluiscono verso il loro mentore. E la SUA voce. Un brontolio magmatico al limite della sua percezione. La vuole con sé. La vuole ora. 

* * *

23 Ottobre 2013
Profondità del Monte Olimpo
Ore 10.31

E' stato facile. Ogni volta diventa più facile per lui. Il lento sorriso, i gesti cesellati nei decenni precedenti come Blackjack e familiari a tutti i super “buoni” del mondo. Anche Sibir si era fidata, aveva accettato la sua mano tesa, dopo che gli aveva visto disperdere il nuovo American Dream come un pugno di polvere. Come Uranium. Come quel pazzo di Ross. 
Appoggia con cura i resti dell'esoscheletro del suo ex comandante, giusto sotto il massiccio contenitore al centro della sala.  Livellamento quantico. Qualsiasi cosa volesse dire, le immagini che aveva preso dalla mente di Ross erano più che sufficienti per toglierli i dubbi sulla sua efficacia.
L'essere conosciuto come Blackjack era talmente saturo di potere da essere ai limiti dell'esistenza fisica, gli era necessario uno sforzo continuo per non trasformarsi in luce e calore.

* * *

23 Ottobre 2013
Profondità del Monte Olimpo, dentro la capsula
Ore 10.31

La creatura dentro la capsula percepisce l'universo come manifestazione di energia. Concetti come tempo o spazio-tempo non hanno significato, esistono solo le manifestazioni e le distorsioni delle forze che tengono insieme questo universo. Attorno a sé sente le manifestazioni ultime di questo angolo di continuum, due strutture talmente sature di potere da piegare l'intero piano della realtà. Sta chiamando a sé la prima, il secondo stenta a mantenere la percezione della propria esistenza. Un semplice pensiero disabilita il congegno lasciato dalla cosa-Blackjack, un altro inizia l'apertura della  capsula. Questo pianeta ha esaurito il suo compito.

* * *

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:32

Rebel Yell ricarica con calma una delle sue pistole, uno dei tanti rituali che contribuiscono a mantenere la sua sanità mentale in momenti difficili. La follia di Gaia è tale da togliergli il respiro. Pur avendo visto il futuro, i possibili futuri, ha voluto fare tutto questo. Quanti morti? Migliaia? Milioni? Quanti ancora prima della fine di quella maledetta giornata? 
Lo stesso orrore è nell'espressione di Libby. Ha ascoltato ogni parola di Gaia e per la prima volta nella sua vita non sa più cosa fare. La sua stessa vita le pare inutile, vuota.  Che senso ha avuto battersi, soffrire, vivere come ha fatto?
Un rumore. Secco. Improvviso.
All'ingresso della sala è apparsa una figura dai contorni incerti, sembra irradiare potere ad ogni passo. A un livello profondo, totalmente istintivo, sia Rebel Yell che Lady Liberty percepiscono la minaccia. E reagiscono.
Quattro pallottole calibro .45” sono già in viaggio quando Libby scatta verso il nuovo venuto.
Poi tutto finisce.
Una solida parete ha preso il posto dell'ingresso.
Le quattro ogive sono sospese in aria, a pochi centimetri da essa.
Lady Liberty è svanita.

* * *

23 Ottobre 2013
Salonicco – Residenza privata
Ore 10:32

Gaia fissa il monitor del computer, la mente cristallizzata nei pensieri vissuti e rivissuti innumerevoli volte negli anni passati. Vorrebbe dire qualcosa, congedarsi dall'esistenza con un ultima battuta. Valerie la guarda attraverso la lente della telecamera.
La borsa di coccodrillo cade sul tappeto.

* * *

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:32

Rebel Yell è ancora in posizione di fuoco, lenti riccioli di fumo azzurrino che escono dai fori di volata. Per la prima volta in tutta la sua vita sente il vuoto allo stomaco che preannuncia il panico.
Lentamente abbassa le braccia e si gira. 
Nella stanza ci sono solo lui e Valerie. 
Tutto il resto è svanito.
«E ora che succede ragazzina? A chi tocca?»
Lei lo guarda, è talmente disperata da toccare il cuore di una statua.
«Reb, io ricordo cosa è successo a Kobe. Alla fine. Ricordo i suoi occhi.»
Un tremito attraversa l'intera montagna, l'essere che una volta si chiamava Blackjack sta cercando entrare.
Valerie si distrae per un momento, guarda nella direzione dov'era la porta. La vibrazione cessa di colpo.
«Ho paura Reb. Di quella cosa che c'è la sotto. Vuole portarmi con sé e portare via dalla Terra la Teleforce.»
Lui rinfodera le pistole e le si avvicina. Si toglie il cappello e si accovaccia davanti a lei, offrendole la vista dei suoi occhi e di un viso segnato da un'esistenza oltre i limiti umani.
«Ti ricordi di Kobe. Vuoi davvero che succeda di nuovo?»
Lei annuisce. Comincia a tremare.
«Bene. Allora andiamo ad Edimburgo. Puoi portarci lag...»
Non finisce la frase. La sala ora è vuota.

* * *

23 Ottobre 2013
Profondità del Monte Olimpo, dentro la capsula
Ore 10.32

La capsula è aperta ma la creatura non esce. Qualcosa non va. Ha percepito lo spostamento del suo obiettivo e la scomparsa dall'esistenza dell'altra struttura vivente. Il reflusso di Teleforce è stato tale da scuoterlo. Attorno a sé sente come l'intera fabbrica della realtà stia vibrando. Tende i suoi sensi sull'intera superficie del pianeta e ritrova il suo obiettivo. Che sta facendo?

* * * 

23 Ottobre 2013
Edimburgo, Royal Mile. Cafè Central.
Ore 08.32

Eyes without a face riesce a mantenere il tradizionale aplomb britannico in quasi tutte le situazioni, è una delle sue capacità distintive. Vedersi apparire Reb e Valerie sulle due sedie libere al suo tavolo  ne ferma solo per un istante l'azione. Sorride ad entrambi e continua a sorbire il succo d'arancia mattutino.
«Volete fare colazione?»
Nessuno dei due risponde. In sottofondo il televisore del locale continua a diffondere le notizie del mattino della BBC.
Reb fa un cenno e Valerie cerca di fissare i suoi occhi con grande insistenza. Non ci vuole molto a capire.
«Cosa devi dimenticare bambina? Se dovessi ripetere quello che ho fatto potrebbe essere davvero troppo da sopportare per te.»
Non c'è risposta. La supplica è così grande da passare le barriere dell'empatia.
Eyes la fissa. Di solito gli basta un secondo o due per fare un lavoro profondo. Questa volta continua. Come a Kobe. Come prima di Kobe.

* * *

23 Ottobre 2013
Edimburgo, Royal Mile. Cafè Central.
Ore 08.32

Valerie si tuffa negli occhi di Eyes. Di che colore sono? Grigi? Neri? Verdi? Non ricorda più, non sa neppure più dove si trova. Sente da un lato la tremenda pressione della cosa in Grecia, dall'altro quello che costituisce la sua identità che viene disperso nelle ombre del suo cervello.
Per l'ultima volta si tende,sfiora le pieghe dello spazio-tempo e le strattona. Uno strappo secco.

* * *

10 Settembre 2013
Edimburgo, Royal Mile. Cafè Central.
Ore 08.32

Reb fissa incredulo la tazza di tè che ha in mano. Leva gli occhi per incontrare quelli di Eyes, vi ritrova la stessa espressione stupita. Il locale attorno a loro è lo stesso che ricorda, persino il mormorio in sottofondo dello speaker del telegiornale. Nessun segno di Valerie.
Per abitudine si concentra sulla voce del giornalista.
«E ora il consueto spazio dedicato alle gesta dei super eroi. Questa mattina il presidente Obama ha incontrato alla Casa Bianca i responsabili del team START per il consueto briefing settimanale. L'argomento è sempre la difficile situazione siriana e la presenza accertata della russa Sibir a Damasco...»
Sullo schermo un viso. Quello di American Dream. Quel tizio proprio non voleva saperne di rimanere morto.


FINE


[un sentito ringraziamento ad Alessandro Girola per aver creato tutto questo, a chi mi ha preceduto in questa round robin e a chi ha seguito questa avventura collettiva.]
[n.b. Ringrazio per il fattivo supporto il Sig. Ibuprofene, il Sig. Sale di arginina, la Sig.ra Amoxicillina e il Sig. Acido clavulanico; senza di voi non ce l'avrei fatta.]

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Capitolo scritto da Angelo Benuzzi


mercoledì 4 settembre 2013

Capitolo 25 - Stagione 2 (di Angelo Sommobuta Cavallaro)


22 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:29

Il presidente Kedives non riusciva a smettere di ridere, e la sua risata convulsa riecheggiava tra le pareti della stanza. 
Solo adesso si rendeva conto del quadro generale. 
Solo adesso si rendeva conto di come sarebbero andate le cose. 
Solo adesso si rendeva conto di come tutti erano stati giocati.
Compreso lui.
«Non avete capito niente», sogghignò ai suoi ospiti. «Non avevo capito niente…»
I neon tornarono ad accendersi con un ronzio metallico, i generatori d’emergenza infusero nuova energia elettrica all’intero impianto.
«Che cosa significa?», gli domandò di nuovo Yell, la pistola sempre puntata alla sua testa. 
Kedives esplose in una nuova risata.
Yell esplose il colpo.
Kedives avvertì un dolore atroce all’altezza del ginocchio sinistro, un attimo dopo aver udito lo sparo. Gemette. Poi il rantolo di dolore si tramutò nell’ennesima sghignazzata nervosa.
«Per l’ultima volta», disse Yell, tornando a mirare all’altezza della fronte, il tono di voce glaciale, «Che cosa significa?»
Kedives non rispose. Indicò il grande schermo, che si era acceso da solo.
Dopo lo sfarfallio iniziale, l’immagine era divenne nitida.
Una donna bionda, sulla trentina, se ne stava seduta su di una poltrona in pelle nera. Le gambe accavallate erano coperte da autoreggenti a righe. Il tailleur rosso, ben abbinato con una borsa di coccodrillo appoggiata alla sua destra, disegnava i contorni di un corpo sensualissimo. 
Kedives chiuse un istante gli occhi. 
Era finita. 
«Bel lavoro, Gino», disse la donna, sfoggiando un sorriso ampio e luminoso. «Non potevo aspettarmi di meglio, da te.»
Yell sgranò gli occhi. Sembrava incredulo. «Tu?»
«Anche per me è un piacere rivederti, mio caro. Quanti anni sono passati dall’ultima volta?»

***

1 Gennaio 1975
Da qualche parte a San Juan – Porto Rico

Il Ribelle fu l’ultimo ad arrivare. 
Prese posto, e senza perdersi in saluti e convenevoli, tirò fuori un plico dalla bisaccia che portava a tracolla e lo sbatté sul tavolo. 
L’uomo che avevano cominciato a chiamare “Sogno Americano” inarcò un sopracciglio. «Che roba è?»
Il Buffone ghignò. «Già, che roba è?»
«Un vecchio giocattolino di Moore. Un satellite che, dalla fascia di Clarke, invia continuamente segnali a ripetitori localizzati qui sulla terra.»
«E quindi?», domandò American Dream.
«E quindi date un’occhiata ai ripetitori.»
American Dream aprì il plico. Si ritrovò tra le mani diversi fogli e numerose fotografie.
Il Jolly ridacchiò.
«Che scherzo è questo, Yell?», chiese American Dream. Indicò una delle foto che aveva davanti. «Che cosa dovremo farci con Clark Gable?»
Yell sospirò. «Quello non è Clark Gable. Quello è un androide. O meglio, uno dei ripetitori.»
American Dream corrugò la fronte. «Come, scusa?»
Una voce femminile risuonò dal nulla. «Io te l’avevo detto che non dovevamo fidarci di quel pazzo…»
Yell voltò la testa alla sua destra. «Incredibile. Ti sei degnata anche tu. Bentrovata.»
La donna bionda col tailleur rosso si fece avanti. «È sempre un piacere venire a questi piccoli randes vouz, mio caro. D’altronde il Protocollo non ha mai funzionato a dovere.»
«Ecco perché abbiamo formato la Cabala!», esclamò Jolly. «Matt è il Braccio, Yell la Mente, tu il Controllore, e io…»
«E tu sei il Buffone, lo sappiamo», sospirò la donna. «È stato un errore affidare a Moore il progetto Devanagari del dottor Gupta. E questo è stato il risultato. Abbiamo abbattuto il superuomo tedesco, abbiamo vinto la guerra. E abbiamo permesso a un mostro pazzoide di attentare alla nostra sicurezza nazionale. Il satellite di Moore è una sorta di supercomputer. Invia segnali continui ai suoi ripetitori, a queste specie di automi. E in cambio riceve e accumula informazioni.»
«Che genere di informazioni?», chiese American Dream.
«Di quelle che piacciono a Salazar», disse Yell. «Il nostro amico ha messo le mani sul satellite di Moore, ha decriptato le informazioni dei ripetitori e ha tracciato una mappa di alcune delle più importanti fonti di Teleforce del mondo. D’altronde Moore ha utilizzato nuclei di Teleforce per costruire i suoi ripetitori, quindi sapeva dove trovare l’energia che gli serviva. E gli esperimenti di due anni fa di Salazar sono figli di queste informazioni. Gli è bastato utilizzare solamente la formula di Tesla per maneggiare la Teleforce al meglio. E il risultato, purtroppo, lo conosciamo tutti.» 
«E c’è di più», disse la donna. «Gli esperimenti di Salazar con la Teleforce sono solo l’inizio. Io ho visto tutto, Yell. Ho visto i piani degli scienziati di Salazar e ho visto i progetti della divisione del dottor Grant. Se riuscissero a realizzare sul serio quello che hanno teorizzato…»
«Tu puoi vederlo, Gaia», fece Yell. «Puoi vedere di persona se ci riusciranno. Puoi vedere quello che sarà.»
«Te l’ho detto, mio caro», disse Gaia. «Io ho già visto tutto.»

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22 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:30

«Pensavo fossi morta nell'esplosione della centrale di Kobe dopo quell’ultimo incontro, Gaia», disse Yell. «Invece ti sei salvata. Hai infranto la tua regola e hai visto il tuo stesso futuro. È così che andata, non è vero?» 
Gaia annuì. «Già.»
«Non pensavo che ti avrei mai più rivista.»
«Nessuno conosce il proprio futuro, mio caro.»
«Nessuno tranne te», replicò il Ribelle. 
«Ed è una maledizione. Nel corso dei miei viaggi ho conosciuto solo una persona con un potere simile al mio. Anzi, un potere superiore, che lo consumava ad ogni utilizzo. Ma evidentemente è il prezzo che si paga per avere il controllo sul multiuniverso, oltre che sullo spazio-tempo.»  
«Tu invece sei sempre uguale», puntualizzò Yell.
«Come te, mio caro.»
«Non riesco a capire come tu abbia a che fare con tutto questo, Gaia.»
«Invece lo sai già, mio caro», disse lei sorridendo. «Te l’avevo detto. Io avevo già visto tutto. Avevo visto cosa sarebbe stato. E purtroppo avevo visto cosa avrei fatto, perché l’avevo già fatto. Avevo visto questo momento che stiamo vivendo ora. Avevo visto quello che sarà. In questi anni ho cercato di impedirlo con tutte le mie forze, ma come mi è stato detto, come mi è stato insegnato, non si può modificare una linea temporale. E la nostra era già segnata.»



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3 Febbraio 2013
Santorini, Grecia

Aran si rilassò sulla poltrona. «Sono contento di averti incontrata finalmente di persona, ma ho deciso di rifiutare la tua offerta. Quindi no, non sarò dei vostri.»
Gaia scrollò la testa. «Perché? Se tu ti unissi a noi eviteremmo la catastrofe. Tu stesso l’hai detto. Tu stesso l’hai visto in uno dei tuoi viaggi. Se tu sarai con me, il piano della Hypotethical andrà a buon fine, le divinità di Grant polverizzeranno gli eserciti di tutto il mondo. E a fronte di una giornata di sangue garantiremo al nostro mondo pace, stabilità e sicurezza. E un futuro. Un futuro che tu stai precludendo per un tuo capriccio.»
Aran socchiuse gli occhi. «Dimmi, Gaia: è così che andranno le cose? Questo piano divino andrà a buon fine? Oppure hai visto qualcosa di diverso?»
Gaia non rispose.
Aran sorrise. «Tu hai visto la fine del mondo, vero?»
Gaia annuì.
«Raccontamela», disse Aran.
E Gaia raccontò. 
Aran la ascoltò con interesse, e quando la donna ebbe finito, si strinse nelle spalle. «Lo vedi? Non c’è nulla che possiamo fare. Questo è l’universo dove io muoio. Perché ho deciso di non uccidere migliaia di persone. Non mi interessa se da qualche parte, in un altro universo, un altro me abbia appena deciso il contrario e si sia unito a te. Tu hai visto un futuro preciso. Ed è così che le cose devono andare qui. Io posso navigare tra le infinite pieghe create dalle variabili dello spazio e del tempo. Ma ognuna di quelle infinite variabili rappresenta un punto fisso di un universo ben preciso.»
«Allora creiamo una nuova variabile e cambiamo il futuro!», urlò Gaia.
Aran scrollò la testa. «Purtroppo non funziona così. Nel momento in cui tu hai visto quel futuro, nel momento esatto in cui hai visto come andranno le cose, hai già creato una variabile nella linea temporale del tuo mondo. Hai creato un punto fisso nella storia di questo universo, modellando un futuro incontrovertibile. Non c’è più nulla che tu possa fare. Puoi solo traghettare il mondo verso la fine.»  
  
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22 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10:31

«Non ci è voluto molto tempo ad accumulare ricchezze ingenti con le mie conoscenze», disse Gaia. «La Hypothetical, che io ho fondato e messo nella mani di Gino, aveva come scopo quello di creare un’ulteriore variabile, per tentare di modificare gli eventi futuri. E fino a prima che apparisse di nuovo quella ragazza, pensavo di esserci riuscita.» 
Yell lanciò un’occhiata a Valerie, che da qualche minuto si è seduta sul pavimento, le braccia penzoloni, gli occhi vacui.
«Dimmi, mio caro. Quando hai visto cos’era in grado di fare quella ragazza, non hai pensato che fosse troppo potente?  Non hai pensato che ci fosse in lei un qualcosa che non andava? Probabilmente quella ragazza vi avrà raccontato di essere una specie di aborto scientifico, un esperimento andato a male. Ma non è così. È tutto l’opposto. Lei è il più grande successo di Grant, il vero motivo della rottura tra lui e Salazar, poiché racchiude in sé tutti i codici genetici dei più potenti super mai creati a questo mondo. Lei è il motivo dell’incidente alla centrale di Kobe. Lei ha fatto saltare tutto in aria, e poi è scomparsa chissà dove per tutti questi anni. Fino a qualche giorno fa. La sua mente è un macello, i suoi pensieri, i suoi ricordi, sono sconvolti. Si è creata un mondo tutto suo, una vita che non le appartiene, una qualcosa che non esiste. Con un solo pensiero può alterare, modificare, distruggere e ricreare la realtà che ci circonda. Ed è quello che farà tra pochi minuti, Yell. Non se ne renderà nemmeno conto. Un battito di ciglia, e cancellerà l’esistenza stessa di questo universo.» 

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Capitolo scritto da Angelo Sommobuta Cavallaro (Il Viagra della Mente blog)


mercoledì 28 agosto 2013

Capitolo 24 - Stagione 2 (di Paolo Ungheri)



23 ottobre 2013

L’uomo è stanco. Viaggiare prosciuga la sua essenza, e ad ogni viaggio il costo è più alto del precedente.
Aveva perso il conto dei mondi visitati, delle realtà e le vite osservate accendersi e spegnersi in un solo battito di ciglia.
Risposte, ecco cosa cerca. Ma l’universo sembra negargli questa soddisfazione, come se le porte della conoscenza fossero a lui precluse.
Un solo luogo, un solo tempo, questo gli rimane. Un ultimo viaggio ai confini della vita stessa.

23 ottobre 2013
Ore 10.24
Monte Olimpo

Reb osserva il corpo della giovane.
Tanto potere racchiuso in così poche cellule, quello che si dice ottimizzare lo spazio.
Ma c’è qualcosa in tutta quell’equazione che non gli torna. Creare Dei mescolando il codice genetico di altri super, per poi infonderli nuovamente con la Teleforce… un aumento esponenziale di capacità che non può finire che in altro modo se non la saturazione. È come un incesto di superpoteri, un continuo generare energia dalla stessa energia, dandogli ogni volta una sferzata aggiuntiva grazie alla teleforce.
Esistono forse limiti?
Fissando Valerie, Reb si chiede se non sia arrivato il momento di scoprire tali limiti.

***

Valerie sente il proprio corpo farsi leggero. L’energia che ha trattenuto fino a quel momento preme per uscire, per allungarsi e raggiungere ogni centimetro quadrato di questo piccolo pianeta. Ma c’è dell’altro, una consapevolezza che non aveva mai provato prima.
Sente la forza, la paura che alberga nelle menti delle persone. Sente la teleforce scorrere nelle cellule di tutti i super esistenti e vede universi sovrapporsi l’uno all’altro in un continuo andirivieni di colori e immagini. Se solo volesse potrebbe spegnere tutto, dare il via ad un effetto a cascata che avrebbe come scopo il distruggere qualsiasi cosa, lei compresa, e fatica a tenere a bada quella sete.
Sente Ammit, sua madre, mescolata al resto.
Raccoglie le forze, concentra e si focalizza su quello che i suoi nuovi occhi possono vedere. Poi erutta, scagliando invisibili tentacoli di energia verso i bersagli predestinati.

23 ottobre 2013
Londra

Castore e Polluce vengono investiti da una silenziosa ondata di energia. I loro corpi si sfaldano, spazzati da un vento concentrato su i due, i lembi delle loro carni che volano e svaniscono nell’aria.
In pochi istanti dei Dioscuri non rimane che un ricordo polveroso.

22 Ottobre 2013
Nuova Delhi

Il super volteggia sui cieli di una città irriconoscibile. Le mani scaricano saette sulla città sottostante, esplodendo e abbattendo tutto quello che incontrano.
Sta per lanciare l’ennesimo fulmine, ma questo rimane ancorato alla mano. Aumenta d’intensità, cresce, brucia, fino a quando non avvolge l’intero corpo e implode con un boato.

23 Ottobre 2013
Zhongnanhai

Hermes scivola lungo le strade. Al suo passaggio il terreno brucia e le finestre esplodono.
Non sente le urla, ne vede la devastazione che sta portando. Nella sua attuale condizione il mondo circostante è solo una macchia distorta.
Ora una nuova forza lo pervade, lo spinge a correre ancora di più.
Aumenta la velocità. Una, due, dieci volte più rapido. Poi si accorge di non avere più il controllo. Corre sempre più veloce, fino a quando il suo corpo si ribella.
Una gamba si stacca di netto, finendo contro la facciata di un centro commerciale. L’esplosione che segue sovrasta ogni altro rumore. Dopodiché il resto del corpo si smembra in minuscoli frammenti di carne, pelle e ossa.

23 Ottobre 2013
Mosca

Il super è circondato da un vortice di acqua nebulizzata. Ad ogni gesto delle sue mani colonne granitiche di ghiaccio si alzano fino ad inglobare interi palazzi.
Il Cremlino trema, scosso da un terremoto violentissimo, poi si pacca in due. Dalla fenditura straripa una cascata di acqua e ghiaccio che inonda tutto, trasformando l’intera piazza in una distesa polare.
Il vortice si affievolisce, svanendo, e la figura al suo interno, nuda, ride godendosi il trionfo. Fa per muovere un passo ma il piede sembra incollato a terra.
Sbalordito fissa l’arto, parzialmente congelato, e prima che possa formulare un solo pensiero il corpo gela e va in frantumi.

23 ottobre 2013
Ore 10.25
Monte Olimpo

Valerie richiama l’energia appena trasmessa. È bastato un minuto per annichilire quegli impostori e rispedirli nella leggenda.
È esaltata, inebriata dal potere infinito che la pervade. Potrebbe fare quel che vuole, ora ne è conscia, e questo la spaventa.
«I tuoi Dei sono morti» dice atona rivolgendosi a Kedives, «erano potenti, ma non quanto me».
Kedives la fissa. Per un momento sembra non abbia più parole da spendere, nessuna brillante battuta. Poi un sorriso si affaccia sulle sue labbra.
«Non avete capito nulla…» sospira, «siete solo un branco di stupidi e ignoranti babbuini».
Reb vede i dubbi diventare più solidi. Alza la pistola puntandola contro la testa del presidente.
«Cosa significa?»
Kedives continua a ridere. «Oh, lo scoprirete presto… molto presto».
Reb e Valerie si guardano. Nei loro occhi solo inquietudine.



23 Ottobre 2013
Ore 10.25
Profondità del Monte Olimpo

Sibir si era presa cura di una ventina di guardie dell’Hypothetical, senza troppi problemi. Avrebbe voluto essere ai piani alti, per vedere cosa aveva in mente quello strano cowboy. Ma anche così, nel ruolo di ripulitrice, le cose non gli andavano affatto strette.
Niente domande. Nessuna risposta da dare. Solo pulizia. E cosa c’è di meglio del fuoco per sterilizzare tutto.
È scesa di parecchi livelli da quando ha disattivato la corrente. L’ambiente ora è meno formale, i corridoi puliti e asettici hanno lasciato il posto a cunicoli scavati nella nuda roccia. attorno decine di pannelli di controllo, ormai morti, dovevano servire a controllare chissà quale diavoleria.
Il fondo della galleria termina con un enorme porta metallica. Sibir concentra il plasma sulla punta delle dita e lo scaglia verso il metallo, che immediatamente inizia a sfrigolare. In pochi istanti l’apertura è sufficiente a farla passare.
Dall’altro lato c’è ancora luce. Sibir entra, trovandosi in una larga caverna, di forma semisferica. Un macchinario dalle dimensioni sproporzionate occupa quasi l’intera superficie e una colonna di tubi e cavi si alza per una ventina di metri fino a sfiorare la sommità della cupola.
Δωδεκα θεῶν
Le due parole sono incise nella pietra, proprio davanti al macchinario.
Dodici cilindri pieni di un liquido ambrato sono incastonati nella parete e collegati al macchinario principale. In ognuno di essi è contenuta una massa carne viva e pulsante.
Sibir legge la targhetta che si trova sotto al primo di essi: Κρόνος.
Mai saputo il greco, pensa la Super, e in fondo poco le importa. Il piano è chiaro, distruggere tutto, e ha intenzione di portarlo a termine.
Mentre si prepara a inondare l’intera sala col plasma, avverte uno spostamento d’aria. Si volta, trovandosi di fronte qualcuno che non dovrebbe essere lì.
«Dabrò pajalovith, ragazzone… non vuoi proprio morire, eh?».

Periodo Eoarcheano
Pianeta Terra

L’ennesima incarnazione di Aran aveva viaggiato fino al limitare dell’esistenza della vita stessa. Sapeva che stavolta non era compreso il viaggio di ritorno, non possedeva più le energie per farlo, ma quello a cui stava per assistere non aveva prezzo.
Il pianeta Terra era ancora agli albori della sua nascita. Le prime forme di vita cellulare si stavano formando in un mondo inospitale. Finalmente era dove doveva essere.
In quel momento la sua pazienza venne premiata.
Una sfera di fuoco, brillante come un sole. Fora l’atmosfera, veloce, con un rombo che pare il suono di mille tuoni.
L’astronave si ferma a una decina di metri dal suolo. Un cilindro, affusolato alle estremità, lucido, quasi etereo. Sulla parte destra capeggia una scritta: Προμηθεύς. Senza alcun rumore un fascio di luce si proietta sul terreno e quando si affievolisce al suo posto vi è una figura. Un uomo, quasi tre metri di altezza, nudo, capelli color del fuoco e il corpo che pare scolpito nella roccia. Muove qualche passo, incerto, e al suo passaggio la terra sotto i piedi sfrigola come colpita da acido.
L’essere si ferma, fissando un punto lontano, quindi rivolge lo sguardo al terreno e alza la mano destra, mostrando il palmo verso l’alto.
«τοΰτο έςτί των θέων τό πΰρ έυ χρήςθέ» pronuncia con voce roca e profonda.
Quindi volge la mano al terreno e qualcosa simile ad una goccia scivola dal palmo fino a staccarsi.
Teleforce, riconosce l’uomo assistendo senza parole alla scena. Può sentirne la forza, l’infinito potenziale che si nasconde al suo interno. E infine comprende.
La goccia sfiora il terreno, si accende di un bagliore accecante e comincia a spandersi ricoprendo ogni roccia, ogni granello di sabbia. Non c’è montagna che la fermi, nessun mare che ne diluisca l’effetto. In pochi minuti l’intero pianeta è avvolto da una luce azzurra, intensa e vitale, poi tutto termina.
L’energia della teleforce ha impregnato ogni fibra di quel pianeta appena nato. Il seme è stato piantato.
L’uomo, finalmente appagato, si abbandona al lento fluire delle sue energie. Ha vissuto tanto e tanto ha visto, ora può finalmente morire, per l’ennesima volta. Per l’ultima volta.
Prima che l’oblio lo raggiunga vede la nave riprendere il suo volo e tornare da dove è venuta.
Se solo avesse ancora tempo per capire dove sia questo luogo…


23 ottobre 2013
Ore 10.27
Olympus Mons – Marte

Il vulcano, vecchio di milioni di anni, trema, squassato da un’onda che sembra voler strappare via la superficie rossastra del pianeta.
Una scossa, un’altra, fino a quando arriva l’ultima, così violenta da spaccare in due la montagna. Un fiume di roccia fusa esplode verso il cielo, riversandosi per chilometri. La nube di polvere è tanto intensa da rendere tutto indistinto.
A quel punto qualcosa emerge, una luce. Dapprima esile, quasi il lume di una candela, poi erutta in un fascio che fora l’atmosfera e si perde nello spazio.
Per un solo istante il pianeta rosso cambia colore, inondato dalla luce azzurra.

23 ottobre 2013
Ore 10.29
Fascia di Clark

Il satellite percorre il suo lento e inesorabile cerchio attorno alla Terra. Da anni quel agglomerato di silicio, titanio e componenti elettronici invia segnali sul pianeta. Detriti spaziali, comunicazioni, bolidi, una sentinella pronta a captare la seppur minima minaccia.
Improvvisamente i sensori si attivano. Quello che registrano è fuori scala, di gran lunga sopra la media di qualsiasi cosa mai registrata prima.
Nello stesso istante, nelle profondità dell’Olimpo, il macchinario si attiva.



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Capitolo scritto da Paolo Ungheri Narratore (curatore del blog Midnight Corner)





mercoledì 31 luglio 2013

Sosta estiva per 2MM



La season 2 di Due Minuti a Mezzanotte si prende una sosta estiva di tre settimane.
Sarebbe un peccato sprecare i capitoli finali della Round Robin nel mese di agosto, con il Web deserto e il traffico dimezzato.
Quindi ci si rivede da queste parti mercoledì 21 agosto 28 agosto, coi supereroi, i supercattivi e tutto ciò che c'è in mezzo.
Buone vacanze a tutti i nostri lettori!

mercoledì 24 luglio 2013

Capitolo 23 - Stagione 2 (di Anonimo Mascherato)



23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 5.45

«Ma tu esattamente che poteri hai?»
Sibir osserva l'uomo in grigio, e inarca un sopracciglio.
Sono fermi sul ciglio del sentiero.
L'alba è solo un'impressione all'orizzonte.
Alle loro spalle, Bannon si concede una risata, breve.
«Non badargli» le dice. 
Si sfila lo zaino, fruga al suo interno.
Si avvicina, le allunga una bottiglia d'acqua.
«A Reb i russi non sono molto simpatici», le dice, mentre lei beve.
Sopra di loro, i picchi del monte Olimpo sono avvolti da una spessa coltre di nubi, e nell'aria c'è odore di pioggia.
«L'Olimpo non era scosso da venti né mai bagnato da pioggia, né la neve vi cadeva, ma l'aria vi si spandeva chiara e senza nubi, e su di esso fluttuava un biancore raggiante.»
Tutti si voltano a guardare Valerie, che fa spallucce. «È Omero,» dice.
«Uno che aveva letto solo le guide turistiche,» sentenzia Reb, riprendendo la marcia.
Sottile, la pioggia riprende a cadere.

* * * 

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 8.49

«E quella cos'è, la Batcaverna?»
Reb si volge verso Libby, ma è Bannon a risponderle.
«La Caverna di Ithakisiou,» le dice.
«La Porta degli Inferi,» sussurra Reb.
«L'ingresso del complesso del controllo del Progetto Pantheon della Hypothetical Inc.» conclude Valerie.
Libby li guarda uno per uno - il vecchio pistolero, la ragazzina pallida, l'uomo in nero dall'aria stanca.
Poi lei e Sibir si scambiano un'occhiata.
La russa annuisce.
«Qual'è il piano?» chiede.
Rebel Yell si volta verso di lei, e la super percepisce i suoi occhi senza vederli, neri nel nero dell'ombra della tesa del cappello grigio, li sente mentre la attraversano portandosi via qualcosa di lei.
Rabbrividisce.
«Il solito,» dice poi lui. «Entriamo, e uccidiamo tutti i cattivi.»
Lei allunga una mano e lo afferra per un braccio, obbligandolo a voltarsi.
«Tu sai come si uccide un dio?»

* * *


9 gennaio 1937
Ore 15.45
Washington DC
Casa Bianca - Ala Est
Sala Proiezione 3

«Come si uccide un dio,» aveva scandito con precisione il professor Andrew Bates, PhD, guardandoli uno per uno.
Il filmato arrivato da Berlino era ancora impresso nelle loro retine, l'uomo volante con la swastika sul petto che volteggiava nel cielo sopra allo stadio olimpionico, per poi scendere come una foglia nel vento, a stringere la mano dell'ometto così simile a Charlie Chaplin.
«Lo colpisci finché non ne può più.»
Risate.
Basso, calvo, con un improbabile paio di baffi, Bates aveva scrutato nel buio della sala, lo aveva trovato, aveva annuito e lo aveva chiamato per nome.
«Mi chiami Reb,» aveva risposto lui.
«Reb,» aveva ripetuto Bates, annuendo. «Lei crede davvero che sia così...» un gesto vago, con le mani. «Semplice?»
«Non ho mai detto che fosse semplice, Doc.»
Altre risate. «E se non fosse sufficiente?»
Reb aveva scrollato le spalle. «Lo si colpisce ancora un po'.»
L'espressione del piccoletto con la cravatta a farfalla si era fatta improvvisamente dura.
«No, signori,» aveva detto Bates, sovrastando il brusio e le risate. «Voi non avete capito nulla.»
Il suo tono era a tal punto glaciale che aveva imposto il silenzio.
«Voi non avete capito che il nazismo non è un sistema politico, è una religione,» aveva detto. «Voi non avete capito che il loro Ubermensch è un dio. E voi non avete capito che l'unico modo per uccidere un dio, è eliminare ogni forma di fede in lui.»
Si era concesso un breve, gelido sorriso sotto i baffi. «A quel punto, Mister Reb, lei potrà colpirlo fino a che non ne potrà più. Solo a quel punto.»


* ** 


23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.12

«La cosa che mi ha sorpreso, in tutta questa faccenda,» osserva Bannon, disarmando le guardie svenute e procedendo a legare loro i polsi coi lacci di nylon, "è che nessuno si sia domandato csa faccia esattamente la Hypothetical Inc."
Libby aggrotta le sopracciglia. «Cosa... faccia?»
«Sì, cosa produca,cosa commercializzi, quale sia il prodotto che viene venduto con sopra il marchio della Hypo.»
La velocista si passa una mano sul collo, «Stabilità economica... servizi amministrativi... «
«Idee,» una voce sussurra nel suo orecchio attraverso l'intercom.
«Eh?»
«La Hypothetical vende idee,» sussurra Valerie, perduta chissà dove nel complesso sotterraneo. 
«Esatto,» sorride Bannon, facendo cenno alla velocista di seguirlo.
«E qui l'idea era di solidificare l'economia attraverso la rinascita di una forte identità nazionale,» prosegue l'uomo, camminando rasente al muro lungo il corridoio.
In lontananza, passi pesanti di scarponi da combattimento.
Lui guarda Libby e annuisce.
«Un po' come fece la Thatcher,» dice Valerie.
«Solo che qui, invece di farela guerra agli argentini, si è pensato di riportare i fasti olimpici all'onore delle cronache.»
La voce di Rebel Yell è un crepitio negli auricolari. «La solita soluzione di sempre: quando i problemi paiono insormontabili, ci si crea un dio da adorare.»
Sibir è glaciale. «Non può funzionare.»
Bannon ride.
Gli uomini in nero bloccano il corridoio, ed una figura che li sovrasta di tutta la testa e le spalle si apre la strada fra di loro, avanzando verso Bannon e Libby.
«Può funzionare eccome,» dice. «Se il progetto non viene dirottato.» 
Bannon posa lo zaino, prende la bottiglia dell'acqua, la offre alla donna e quando lei rifiuta, senza staccare gli occhi di dosso dagli avversari, beve un lungo sorso.
«Che il vostro cuore sanguini, mortali,» intona il colosso, «alla presenza di Polemos di Sparta!»
Bannon sospira.
«Certo, come no.»


* * * 

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.13

Sul grande schermo, il colosso che avanza verso l'uomo in uniforme e la ragazza in tuta sembra sovrastarli di ben più dei quaranta centimetri effettivi.
«La ragazza è la velocista dello Start,» sta dicendo Kedives, aspro. «Ma quell'uomo chi è? Indossa una vostra uniforme, mi pare?»
Grant trattiene uno sbuffo.
Kedives è stato utile, finora, ma è troppo volatile per essere un serio assetto nel portfolio di opzioni del Progetto Pantheon.
Dal tablet evoca una cartella. «È un nostro uomo,» ammette. «Bannon. Era a capo di una sotto-sezione dell'unità che si occupava della crisi a Santorini.»
«Un traditore?»
«Un dipendente infedele,» ammette Grant.
«Polemos si prenderà cura di lui,» sorride kedives.
In quel preciso istante, sullo schermo, Bannon abbatte l'Olimpico.
Poi Libby diventa una scia colorata, e infine il monitor mostra solo più un fastidioso effetto neve.
Poi, la porta alle loro spalle esplode, e il pesante battente blindato si schianta sul pavimento di marmo candido con un tuono, sollevando una nube di schegge e polvere.

* * *

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.14

Sibir odia l'inattività.
L'americano strambo l'ha voluta marginalizzare, affidandole questo stupido incarico.
L'intercom le ha portato i suoni della devastazione che i suoi compagni hanno scatenato nella base segreta della Hypothetical.
E lei è qui a girarsi i pollici.
Davvero Bannon ha ucciso un Olimpico con una bottiglia di plastica?
È questo, il significato di quel "universalmente letale" annotato sulla sua scheda dell'Old Timer?
Poi L'intercom crepita.
«Sibir?»
È Reb.
Finalmente.
«Dà?»
«Fai il buio.»
Sorride, e poi, deliberatamente, estendei propri poteri ai generatori elettrici, e piomba l'intero sistema elettrico dell'Olimpo nel nulla.
«Benvenuti nel neolitico, stronzi,» sussurra.
E poi, come da istruzioni, si mette in cerca di bersagli d'opportunità.

* * *

23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.17

Reb lascia a Kedives e a Grant un minuto pieno per apprezzare le tenebre.
Per capire che i sistemi di aerazione forzata sono morti.
Che sono morti i monitor della sicurezza.
I computer.
L'uplink satellitare.
Persino gli accendisigari elettrici.
Li lascia lì, al buio, per sessanta secondi interminabili.
«I generatori d'emergenza,» comincia Grant, cercando di mascherare il tremore nella voce.
E Reb, senza bisogno di vedere, gli polverizza un ginocchio con una pistolettata.
Il lampo d'uscita illumina Valerie, che sobbalza.
Poi l'uomo in grigio accende una coppia di flare e li getta sul pavimento, illuminando la sala di marmo candido con una sinistra luce verde.
«Signor presidente,» dice, con un cenno del capo.
Kedives vede la propria vita scorrere davanti ai propri occhi come in un film.
Come dicono che succeda prima di morire.


* * *


23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.21

«L'hai ammazzato con una bottiglia di plastica!»
Libby è esterrefatta.
Bannon è seduto a terra, le spalle contro la parete.
Ha l'aria molto stanca.
Alla luce del flare, le rughe sul suo volto lo fanno sembrare scolpito nella pietra.
«Non era duro come credeva!»
Le sorride.
«Vai,» le dice.
Lei è indecisa.
Il corridoio è ingombro di corpi, ma ci sono certamente altri uomini armati, nel complesso.
«Ma...»
«Atteniamoci al piano.»
Lei ride. «Il piano,» dice.
Lui fa una smorfia. «Fin qui ha funzionato.»
Lei annuisce.
«Qui dentro, tu...»
Lui fa un cenno col capo.
«Tranquilla. Da qui dentro non uscirà nulla.»


* * *


23 Ottobre 2013
Monte Olimpo
Ore 10.23

Spencer Grant è occupato a morire dissanguato sul pavimento.
Rebel Yell lo disprezza.
Una pressione opportuna, esercitata con calma, potrebbe rallentare l'emorragia e permettere all'uomo di sopravvivere abbastanza a lungo da rivere soccorsi.
Grant lo sa, ma è troppo terrorizzato e accecato dal dolore per applicare quella semplice nozione.
Non sarà la ferita alla gamba ad ucciderlo, ma la sua mancanza di disciplina.
Kedives, dal canto suo, sembra una larva uscita dall'Ade.
Reb si volta verso Valerie, stranamente aliena nella luce verde.
«È ora, bambina,» le dice.
Lei lo guarda.
«Fai il tuo numero, e poi andiamo a casa,» le dice.
Lei fa un passo avanti, stende le braccia lungo i fianchi.
Kedives trova da qualche parte nella propria anima l'energia per parlare.
«Ma chi diavolo sei, ragazzina?»
Lei lo guarda, con una espressione di infinita compassione.
«Mirate!» sussurra, «O Alala, figlia di Polemos! Preludio alle lance! Alla quale soldati si immolano per il bene della città nel sacro rito della morte.»
Dietro di lei, Reb annuisce.
Può apprezzare la citazione.
«Benvenuto al crepuscolo degli dei, presidente.»

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Capitolo scritto da Anonimo Mascherato








mercoledì 17 luglio 2013

Capitolo 22 - Stagione 2 (di Nicola Corticelli)


22 ottobre 2013
Ore 7.30
Nei pressi di Vathy, Grecia

Uranium guardò gli indicatori della tuta con la coda dell'occhio, mentre continuava il suo volo; in condizioni ottimali le spie sarebbero state tutte di colore verde, adesso però la situazione era critica. Lo schermo del casco era un nugolo di aloni arancioni: giroscopi, servomeccanismi, scudo protettivo e contenitivo erano sul punto di collassare.
Sta giocando con noi come il gatto con il topo”.
La voce di Scanner risuonò nella sua testa.
«Già... ma sarà difficile che la tuta possa resistere a un altro colpo diretto così forte.»
Eric tremò dentro di sé, consapevole che anche lo stesso Scanner avrebbe percepito la medesima sensazione: era un dato di fatto che senza l'ausilio della tutta sarebbe stato difficile gestire il suo potere, specie in quest'ultimo periodo.
«Eric mi ricevi?»
«Ross sei ancora vivo!»
Anche attraverso le scariche statiche la voce di Uranium era piena di un sollievo sincero misto alla sorpresa.
«A stento, ma sì. Situazione?»
«Ho ancora Loxias alle calcagna e la mia tuta è quasi del tutto compromessa.»
La comunicazione rimase muta per qualche secondo.
«Eric riesce a individuare la mia posizione?»
«Sì, il radar tattico è una delle poche cose che funziona a dovere. Hai qualcosa in mente?»
«Vieni qui. Ho una sorpresina per il tuo fastidioso inseguitore.»

22 aprile 2013
Ore 7.30
Admiral City

134
Blackjack lasciò cadere l'ennesimo triario al suolo: il cadavere vestito di nero si accasciò sull'asfalto come un sacco della spazzatura, disarticolato e scomposto.
Questo era l'ultimo”.
La mappa fornitagli da Rushmore si era dimostrata accurata e efficace: i cloni depotenziati di American Dream rimasti, quasi un centinaio, avevano aggiunto il loro potenziale genetico a quello di Blackjack.
Forza, velocità e capacità fisiche (oltre ai ricordi) si erano sommate a quelle del Super.
Ora devo andare ad aiutare Libby”.
Il Super fece appena in tempo a voltarsi verso la Salazar Tower, che, quasi fosse tutto previsto da un oscuro regista, la costruzione fu scossa da un tremito evidente, mentre dalla struttura cresceva a vista d'occhio un albero dalle proporzioni colossali.
«Cosa diavolo?»
Blackjack non riuscì a trattenere l'imprecazione e nel contempo si mise a correre a tutta velocità verso il palazzo in lontananza.
La velocità del Super era pazzesca (probabilmente rivaleggiante con quella di Lady Liberty), ma i suoi sensi potenziati di 134 esseri umani gli permisero di percepire sulla sua sinistra una serie di esplosioni.
Era ormai giunto alla sua meta e Blackjack sentì una strana sensazione pervadergli il corpo costringendolo a fermarsi.
Il formicolio divenne un prurito e un nome comparve nella mente del Super come un marchio a fuoco.
Ammit”.

22 ottobre 2013
Ore 7.35
Nei pressi di Vathy, Grecia

Uranium atterrò al fianco del drone-armatura di Ross e si voltò di scatto pronto a ricevere il loro ospite.
«Spero che tu sappia quella che stai facendo.»
«In realtà la mia è l'ennesima mossa disperata di un disperato.»
La sincerità dell'esternazione di Ross strappò un sorriso a Uranium.
I due uomini attesero l'arrivo del Dio del Sole: Loxias toccò il suolo a pochi metri di distanza e subito comparve al suo fianco una bambina bionda.
«Alla fine hai smesso di correre uomo.»
Il corpo del neo incarnato Apollo era circondato da un alone lucente e con sorriso smagliante sul volto continuò: «Ora basta giocare. È tempo che veniate purificati dal sacro fuoco del divino Sole.»
«È mai possibile che tutti i Super più potenti siano sempre dei pazzi megalomani.»
Il riecheggiare di questa frase sembrò congelare l'azione per qualche istante, mentre con una lentezza irreale le quattro figure si voltarono su una quinta emergente dall'oscurità.
Il nuovo venuto era decisamente male in arnese; le vesti semi-carbonizzate lasciavano scoperte ampi spazi di pelle: il derma esposto era un dedalo di ustioni di vario grado che rigeneravano a vista d'occhio.
Ross sobbalzò. “Blackjack!”.
«E così sei ancora vivo. Ma è una cosa a cui si può porre rimedio con estrema facilità.»
Detto questo Loxias alzò un palmo con fare teatrale puntandolo in direzione di Blackjack.
Questi, per tutta risposta, si mosse a una velocità impressionante afferrando per il polso il Dio del Sole da una mano e la bambina per un braccio dall'altra.
Uranium e Ross osservarono la scena come ipnotizzati, mentre la voce di Scanner risuonava nelle loro menti: “Rimanete immobili! Blackjack sa quello che fa.
Intanto la bambina si divincolava nella morsa del Super, mentre Loxias guardava il nuovo venuto perdendo la maschera celestiale e mostrando per la prima volta una collera molto terrena.
«Come osi toccarmi con le tue mani blasfeme...»
L'alone di luce attorno a Loxias aumentò la sua intensità e la mano di Blackjack a contatto con il Dio del Sole iniziò a sfrigolare come della carne a cuocere su una griglia.
Quest'ultimo si mise a ridacchiare: «La tua arroganza non ha limiti... Ci conosci tutti. Spencer Grant ti ha informato bene sui nostri poteri e sai benissimo che il mio è quello di bere il codice genetico degli esseri umani comuni acquisendo le loro capacità...»
Blackjack si fermò un attimo fissando negli occhi prima la Pizia e poi Loxias.
Nessun tentennamento nonostante il dolore atroce.
«Ma da quando sono stato toccato da Ammit posso farlo anche con i soggetti dotati di Teleforce...»
Ciò detto gli altri due Super cominciarono a urlare come ossessi, mentre Blackjack dava libero sfogo alla sua nuova capacità assorbendo i loro poteri e la loro vita.
Alla fine, dopo quello che parve essere un'eternità, le grida cessarono e due corpi esamini caddero al suolo.
Blackjack si voltò sugli altri due membri dello START; lo stesso Ross non poté evitare di fare un passo indietro a quello vista.
Il Super parve non notare la cosa e rimase immobile.
«Perché non ci hai detto nulla del tuo nuovo potere?»
Uranium fu il primo a spezzare quell'imbarazzane silenzio.
«Gli anni mi hanno insegnato che è meglio mantenere un profilo basso.»
«E adesso?»

Blackjack si limitò a rispondere: «E adesso andiamo a fare il culo al redivivo American Dream.»
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Capitolo scritto da Nicola Corticelli 

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Impaginazione a cura di EbookAndBook
Grafica a cura di Giordano Efrodini